Emmaus. L’attesa, la Parola, il pane spezzato

Ed ecco, in quello stesso giorno [il primo della settimana] due dei [discepoli] erano in cammino per un villaggio di nome Èmmaus, distante circa undici chilometri da Gerusalemme, e conversavano tra loro di tutto quello che era accaduto. Mentre conversavano e discutevano insieme, Gesù in persona si avvicinò e camminava con loro. Ma i loro occhi erano impediti a riconoscerlo (Vedi Vangelo di Luca 34,13-35).

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Il fallimento e l’incontro

L’esperienza dei due discepoli di Emmaus nasce dallo smarrimento e, per usare una parola forte, dal fallimento della croce. Cleopa e il suo amico fuggono da Gerusalemme. Cosa strana perché tutto il vangelo di Luca è un andare verso Gerusalemme. La fuga dei due nasce dalla loro crisi. Gesù si accosta e cammina con loro. Ma non si fa riconoscere. Strano, ma questo è precisamente ciò che permette ai due di raccontare le loro delusioni e le loro sconfitte. In quel lungo cammino, infatti – undici chilometri, precisa l’evangelista – trionfa la parola: la parola dei due che raccontano e la Parola di Gesù che spiega di ciò che il racconto dei due ha rivelato. La parola dei due discepoli racconta l’insensatezza della morte di Gesù. La parola di Gesù invece ne rivela la straordinaria sensatezza: quella morte, infatti, rientra in un piano divino…

Arrivati a Emmaus, invitano Gesù, lo pregano di restare, vogliono la sua compagnia mentre “si fa sera”. E Gesù restituisce abbondantemente la compagnia, non solo fermandosi e mangiando, ma spezzando il pane che, in Luca allude sempre all’eucarestia. Hanno ascoltato la Parola, hanno goduto la compagnia, hanno avuto il pane spezzato. Davvero Gesù non li ha abbandonati: lo riconoscono, infatti. Il Risorto è in mezzo a loro.

Ma adesso che Gesù li lascia, dove lo ritroveranno? Nella comunità dove la compagnia, la parola, il pane spezzato continuano a essere scambiati. Lì i due tornano “senza indugio”.

Tempo dell’attesa e tempo della Parola

Tra le innumerevoli suggestioni del brano dei due di Emmaus ce ne sono alcune particolarmente affascinanti.

Una è comune ad altre apparizioni del Risorto. Esiste un lasso, un tempo di attesa fra l’apparizione e il riconoscimento. Gesù appare ma non viene riconosciuto subito. Anzi talvolta la sua apparizione fa problema. Quello spazio vuoto è occupato dalla parola, parola degli angeli, parola di Gesù stesso che annuncia e “prende per mano” gli amici per farli entrare nell’ineffabile mistero della Risurrezione.

Suggestione straordinaria per noi che stiamo stabilmente in quello spazio vuoto. Noi infatti non disponiamo del contatto diretto con il Risorto, ma solo della Parola che ce ne parla. Quella Parola è segno della straordinaria pazienza di Dio che si adatta alla nostra difficoltà di capire. Il tempo dell’attesa è il tempo della Parola del Signore catechista che fa strada con noi.

Un secondo particolare ci sembra esso pure suggestivo. I due invitano Gesù a restare con loro: “Resta con noi, perché si fa sera e il giorno è ormai al tramonto”. Dunque il motivo per cui Gesù dovrebbe fermarsi non viene da lui, ma da Cleopa e dal suo amico. E il motivo è l’avvicinarsi della notte. Dunque al cadere della notte, nel buio che sembra tagliare tutti i contatti, diventa indispensabile salvare l’unica compagnia rimasta, l’unica indispensabile.

Quante notti siamo riusciti ad attraversare grazie a quella Parola e a quel pane spezzato…