Devo fare il padrino a una cresima. Temo che, invece di un inizio, quel sacramento sia un addio, quasi definitivo

Ho un nipote che fa la cresima. Sono stato designato come padrino. Temo però che anche il mio nipote faccia quello che fa la maggioranza dei cresimati: prendono la cresima e poi tanti saluti e arrivederci, forse, al matrimonio, tra una quindicina di anni. Vorrei dirgli qualche parola buona. Ma non so quale. Tu hai qualche suggerimento da darmi? Grazie. Ruggero

Caro Ruggero, l’essere designato come padrino per la cresima di tuo nipote, è dono e grande responsabilità. Ti è chiesto di essere custode e garante della vita di fede di un ragazzo, accompagnando la sua crescita di credente. Ti viene donata la possibilità di vivere questo come chiamata, come “vocazione”.

“La buona parola sei tu”

Mi chiedi una buona parola, ma è estremamente difficile suggerirtene alcune che incidano nella vita degli adolescenti. Mi sembra invece che una parola significativa possa essere tu, con la tua maturità di uomo credente, la tua convinta partecipazione ai momenti celebrativi della tua comunità, dentro un crescente senso di appartenenza ad essa.

Il sacramento della Cresima è la pienezza dello Spirito Santo che abilita a una convinta testimonianza di vita cristiana, la quale deve essere visibile e performativa. Tuo nipote deve poter vedere in te la bellezza di una vita di fede che rende piena la tua esistenza. Questo è l’annuncio primo ed efficace che attrae a Cristo e rende credibile e possibile la sequela dietro a Lui. Purtroppo il ruolo del padrino rischia di essere relegato allo spazio di tempo della celebrazione o alla scelta di qualche regalo da rinnovare nelle ricorrenze importanti. Il compito del padrino, invece, deve essere rivalutato e valorizzato.

Una forma di paternità spirituale

I genitori sono certamente i primi educatori alla fede. Ma la tua presenza di padrino dà continuità alla loro azione. La tua è una una paternità spirituale fatta non solo di parole, ma soprattutto di una iniziazione alla vita cristiana, alla preghiera, al servizio, quali forme da assumere nell’ esistenza. Comprendo la tua fatica e forse il tuo smarrimento di fronte alla realtà dei ragazzi che arrivano un po’ costretti a questa tappa del cammino, per poi “togliersi un abito” ormai stretto e privo di significato. Le sollecitazioni della cultura attuale, il condizionamento degli amici e dei compagni di scuola, non favoriscono l’assunzione e l’approfondimento di quanto hanno ricevuto in dono. Ma occorre anche vigilare sulle incoerenze e le ambiguità che i ragazzi colgono all’interno del nucleo famigliare e parentale e che accentuano critiche e ribellioni.

Offrire modelli concreti

La tua presenza può essere quindi molto preziosa se ti poni accanto con discrezione, divenendo un riferimento credibile e affidabile, capace anche di rimanere nella sana tensione tra il tuo limite e il tuo desiderio di incarnare i valori cristiani. Non è solo necessario dare consigli, ma è urgente offrire modelli, testimonianze significative, invitare poi a fare anche esperienze concrete di appartenenza comunitaria, di servizio, di preghiera… La concretezza è una categoria dello Spirito che chiede di con-crescere, crescere insieme, fare insieme. Mostri così che è possibile essere cristiani e che il cristianesimo non è facile, ma rende felici. Il primo luogo in cui la fede si manifesta è semplicemente la realtà e il nostro modo di stare davanti ai suoi continui appelli, dentro lo scorrere degli eventi lieti e tristi della vita.

Accorciare la distanza fra la fede e la vita

Per questo è necessario accorciare la distanza tra la fede e la vita dentro una relazione di reciprocità che media tale processo e che diviene significativa. Tu puoi diventarer, per lui, e con lui compagno di viaggio, capace di ascoltare il suo vissuto, le domande tacite o espresse, le delusioni e i sogni, per abitare la vita e non sfuggirla e per rileggerla alla scuola dell’unico Maestro, Gesù. Sei chiamato ad assumere un impegno gravoso, ma anche entusiasmante, che prima di restituire qualcosa a tuo nipote, chiama in discussione la verità della tua vita di credente, la qualità delle tue relazioni e soprattutto le ragioni del tuo vivere per rendere la tua vita più autentica.

Sei chiamato a divenire tu parola buona, lieto annuncio dell’Evangelo. E questo intessendo una rete di relazioni che coinvolgono la famiglia, la comunità parrocchiale, l’oratorio: tutti chiamati a fare corpo, perché la fede dia senso alla vita delle nuove generazioni e formi uomini e donne portatori della speranza della Pasqua per il nostro mondo. Buon cammino!