La nuova evangelizzazione e i “vecchi” cristiani: i ricomincianti trasformano anche le comunità che li ospitano

L’esperienza dei “ricomincianti”, gruppi di persone che si riavvicinano alla fede cristiana dopo essersene allontanati per un lungo periodo non è nuova e negli ultimi anni si sta diffondendo a macchia d’olio. I primi ad avviare questo tipo di cammini in modo organizzato però pare che siano stati i francesi, alla fine degli anni Novanta, e in particolare il gruppo Pascal Thomas di Lione, guidato, fra gli altri, dal teologo Henri Bourgeois, che ha individuato alcune caratteristiche comuni a queste persone: sentono il bisogno di essere ascoltati e di poter esprimere ciò che di inespresso gli è rimasto dentro rispetto al loro vissuto umano e di fede. Pongono molte domande, hanno bisogno di conoscere, di sapere, di spiegare. Hanno generalmente un passato da ricomporre, qualche ferita da sanare, perché la loro fede si è per qualche motivo “interrotta”, non ha retto alle prove della vita.
Nella vita quotidiana delle parrocchie si presentano spesso dei “ricomincianti”, come raccontiamo in una testimonianza nel dossier di questa settimana, soprattutto in alcune occasioni particolari: la preparazione ai sacramenti dei figli, il corso per i fidanzati, le cresime degli adulti (necessarie, per esempio, a chi si deve sposare). Spinti da queste occasioni, manifestano il desiderio di potersi riavvicinare alla sostanza della fede cristiana. Hanno bisogno di persone che li accolgano e che li accompagnino, come sottolinea un documento sul tema di Azione Cattolica di qualche tempo fa. Il richiamo a impegnarsi in questa missione di “evangelizzazione” vicina, in una società laica, secolarizzata e fluida, è arrivato nei giorni scorsi anche dall’incontro di Papa Francesco proprio con Ac, ed è ripreso anche in molti passi della Evangelii Gaudium.
Quello avviato a Stezzano non è l’unico cammino “specifico” dedicato ai ricomincianti: negli ultimi anni ne sono nati molti, in numerose diocesi italiane, da Genova a Gorizia, da Vigevano a Bologna e Salerno. Hanno in comune una caratteristica interessante: si basano, sì, sui contenuti, sulle letture, sulla preghiera, ma anche e soprattutto sull’esperienza viva della comunità, compiuta in forme semplici e, almeno in una fase iniziale, non troppo impegnative. Questi percorsi non agiscono soltanto sulle persone “accompagnate”, ma anche su quelle che accompagnano e sulle comunità dove vivono: un circolo virtuoso di rinnovamento della fede.