Per stare con il pastore, bisogna uscire dal recinto

Immagine: il buon pastore, basilica di Aquileia

In quel tempo, Gesù disse:
«In verità, in verità io vi dico: chi non entra nel recinto delle pecore dalla porta, ma vi sale da un’altra parte, è un ladro e un brigante. Chi invece entra dalla porta, è pastore delle pecore (vedi Vangelo di Giovanni 10,1-10).

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Il pastore e i ladri

Poco prima i capi ebrei hanno espulso dalla sinagoga il cieco nato. Ma il cieco, rigettato dai capi, viene accolto da Gesù. Il vangelo di oggi riprende quel paradosso. I capi sono come i pastori del gregge. Ma sono pastori che fanno male il loro mestiere e invece di amare e proteggere il loro gregge lo opprimono. Intanto però, dentro il recinto dell’ovile, è arrivato il pastore, quello vero, Gesù che è entratao dalla porta dell’ovile. Gli altri, invece, occupanti abusivi, sono penetrati da un’altra parte: sono ladri e briganti.

Il recinto era o una recinzione in pietre in aperta campagna o un cortile recintato vicino a casa. I pastori si occupavano del gregge durante il giorno. Con il sopraggiungere della notte, portavano le pecore in un grande ovile o recinto comune, ben protetto contro banditi e lupi. Tutti i pastori di una stessa regione portavano lì il loro gregge. C’era un guardiano che faceva la guardia tutta la notte. Al mattino giungeva il pastore, batteva il palmo delle mani sulla porta ed il guardiano apriva. Il pastore arrivava e chiamava le pecore per nome. Le pecore riconoscevano la voce del loro pastore, si alzavano e uscivano dietro di lui per andare ai pascoli. Gesù allude dunque al ruolo negativo che i responsabili del popolo esercitano: sono coloro che sottraggono qualcosa che è di tutti per servirsene personalmente.

Nei testi profetici si parla di Dio come del pastore del popolo. Gesù, qui, si definisce così. Quindi si mette “al posto di Dio”. Lui dunque è lui l’inviato definitivo, con lui Dio prende l’ultima, finale iniziativa.

L’ovile serve solo nei tempi morti

È interessante notare che l’ovile serve alle pecore solo nei tempi morti, la notte soprattutto. Quando sorge il giorno l’ovile non serve più perché arriva il pastore, il quale fa uscire le pecore e le conduce al pascolo. Dunque nell’ovile le pecore sono costrette a stare insieme a causa dell’emergenza e tenute insieme dal recinto dell’ovile. Quando arriva il pastore, invece, è lui che unisce le pecore con la sua voce. L’unità si fa attorno a lui e le pecore possono usufruirne dappertutto, fuori dal recinto, ovunque si trovi il pastore. Non solo Gesù riunisce il gregge con la sua voce ma è anche la porta dell’ovile: dunque punto di passaggio per arrivare a Dio,  per entrare, da chiamati e non da ladri, nella casa del Signore.

La Chiesa non è recinto che dà sicurezza

Sono immagini suggestive, queste. Oggi molti di noi vedono la Chiesa come l’istituzione che dà sicurezza, che protegge. E proprio perché deve proteggere e dare sicurezza la Chiesa non deve cambiare. Molti credenti e anche molti non credenti criticano la Chiesa non perché non cambia ma perché cambia troppo. Invece di dare certezze la Chiesa le toglie. Invece di chiudersi e di chiudere i suoi adepti in un recinto sicuro, li porta all’aperto, li “conduce fuori”. Papa Francesco è criticato precisamente per questo: invita ad uscire nel mondo invece di chiudersi per bene dietro le porte robuste della Chiesa.

Molta gente si affida alla Chiesa perché le educa i figli, perché porta voti, perché celebra funerali e matrimoni… Usano la Chiesa per sé, invece di viverla come proposta bella per tutti.

Il vangelo di oggi è in controtendenza: il pastore ci chiama fuori, se vogliamo stare con noi dobbiamo uscire, con coraggio, senza reticenze e senza esitazioni.