Le paure della “generazione-boh”. Quando gli adolescenti non sono capaci di sognare

Chiamiamo gli adolescenti di oggi generazione boh perché spesso non sono capaci di proiettarsi sul futuro. Il “mental coach”, più noto come “motivatore”: ecco una figura molto gettonata negli ultimi anni, sia a scuola che in famiglia. Bussiamo alla sua porta quando i ragazzi presentano un calo significativo nel rendimento scolastico, o in quello sportivo, senza apparente ragione.
Eppure la ragione c’è: si chiama appunto “motivazione”.
In realtà, camminiamo sulla punta di un iceberg, perché il deficit motivazionale non riguarda soltanto alcuni giovani, ma connota come tratto distintivo queste ultime generazioni.
Non un fenomeno passeggero, quindi, ma una fase di stallo collettiva. Non un disagio psicologico individuale, ma un disagio che può essere definitivo “sociale”. La motivazione, infatti, è strettamente legata alla capacità progettuale dei giovani e alla loro visione del futuro. E qui tocchiamo una nota dolente. Gli adolescenti di oggi appartengono alla “generazione boh”, o altrimenti detta “generazione no-future”, stando alle definizioni-slogan più recenti di psicologi e socioantropologi.
In effetti, l’orizzonte delle opportunità che il futuro pare concretamente offrire ai nostri giovani non è affatto rassicurante. Anche un giovane determinato a concludere gli studi e a specializzarsi, è destinato ad attraversare impavido le tempeste del dubbio e dell’incertezza; ad attenderlo alla meta egli troverà la disillusione storica che marca la nostra epoca, un anticipato ’“apparir del vero”.
“Dio è morto”, ebbe a dire Nieztsche. Ecco il sigillo di un’epoca che ha creduto e crede ancora di poter rinunciare all’utopia (e inevitabilmente alla progettualità), a qualsiasi sorta di codice etico o teleologico e che cova in seno un ospite inquietante: il nihilismo. La pioggia acida del nihilismo sta erodendo le strutture della fiducia dell’uomo in se stesso, e quindi anche della sua progenie.
La prospettiva del nihilismo, di certo, impregna e condiziona l’educazione dei ragazzi fin dai primissimi anni di vita. Trova la sua deriva nello scetticismo e si manifesta spesso in quella sindrome, che viene definita dai neuropsichiatri hopelessness depression (HD), letteralmente “sindrome da mancanza di speranza”, in forte aumento proprio tra gli adolescenti e i giovani. Contamina cioè quelle persone che stanno costruendo la propria vita futura, studiando, cercando un lavoro, facendo amicizie, trovando un amore e mettendo su famiglia.
Un morbo spietato e silenzioso che riduce in brandelli anche la capacità di desiderare dei giovanissimi, esponendo le nuove generazioni al cinismo e al disincanto precoce.
Dio non è morto, dunque, ma è stato rimpiazzato da un oscuro demone. Una pars destruens che, assieme a tutti i suoi “idola”, tiene in ostaggio la nostra capacità di immaginare il futuro e soprattutto quella di chi del futuro dovrebbe essere protagonista.
E’ il demone della tecnica, dell’utilitarismo e del guadagno rapido. Ha svuotato di senso le alte speculazioni della mente e tarpato le ali alla creatività, che si genera non nel “vedere” bensì nella “visione”.
Gli adolescenti non hanno bisogno di “motivatori”, necessitano di una rivoluzione.
Quella rivoluzione che porta il nome di futuro.