Il mondo alla rovescia. Sogni di grandezza e inviti alla piccolezza

Foto: Betlemme, basilica, la “porta dell’umiltà” 

Così va il mondo

Nelle cliniche psichiatriche non è raro imbattersi in… Cesare, in Napoleone, nella Callas, nel Papa, o in Gesù Cristo stesso. Manie di grandezza diventate patologiche. A carnevale è pure assi frequente incontrare per strada re e regine, dame e paggi, prelati, generali, sceicchi e via dicendo.

Qui le ragioni possono essere di due ordini: o è gente che almeno per un giorno vuol vedersi e mostrarsi in abiti e fattezze invidiate nei lunghi giorni di un’esistenza grigia (e qui siamo già sulla via della clinica). O invece è gente che, rivestendo buffonescamente abiti e fattezze importanti, fa lo sberleffo a chi quegli abiti e quegli atteggiamenti assume con assoluta e spesso micidiale serietà. Il manicomio e il carnevale sono i due sbocchi estremi della libidine di grandezza e della smania di apparire.
Dunque si può arrivare a stare in clinica “le braccia al sen conserte” come Napoleone a Sant’Elena. Oppure si può  rompere i timpani degli infermieri con degli strilli fatti passare per acuti di Pavarotti. Ma i primi passi son quelli degli adolescenti che s’immedesimano nel tale o nel talaltro campione o cantante e li scimmiottano ridicolmente. Oppure sono quelli degli adulti che scimmiottano ancora più ridicolmente il tal o tal altro VIP dell’attualità. Sulla stessa strada del ridicolo sono anche quelle autorità effettive, che però si ammalano di narcisismo e mancano nel modo più assoluto di autoironia.

Napoleone mette in guardia

La molla di tutto questo dinamismo scatta quando, appena svezzata la creatura, le viene fatta scoccare la domanda fatale: “Che cosa farai da grande?“.
Nessuno di coloro che pongono questa domanda decisiva tiene conto della precisazione di Napoleone al suo attendente spilungone. Un giorno l’imperatore, che invece era bassottello, faceva fatica a mettere un libro in uno scaffale. Il soldatone accorse e gli disse: “Lasciate fare a me, maestà, che sono grande”. “No! Tu non sei grande, tu sei solo alto”.
La domanda giusta da fare ai bambini da parte dei genitori dovrebbe quindi essere questa: “Che cosa vorrai fare quando sarai cresciuto?”. Così il necessario dinamismo del progresso sarebbe innescato senza il virus della “grandeur”. La quale, come s’è visto, finisce per portare al manicomio o alla goffaggine del carnevale.

Gesù paradossale. Come sempre

Gesù Cristo, invece, da parte sua, andrebbe come sempre al paradosso e chiederebbe addirittura: “Che cosa farai da piccolo?”. Per lui, si sa, è grande chi si fa piccolo. Tant’è che nel suo regno deve aver fatto solo porte basse per costringere i suoi seguaci a non montarsi la testa e ad abbassarsi.

Egli è un giudice di arrivo che, al termine dalla corsa, prima di dare la coppa, capovolge la classifica, così che i primi diventano ultimi e viceversa. Stando a lui, il vero signore è chi serve, cioè chi si mette con amore e fedeltà al servizio della vita e della riuscita degli altri.