Maggio, il mese di Maria: le tradizioni della devozione a Bergamo, dalle processioni al rosario nelle case

La devozione del mese di maggio è una delle più care al cuore dei cristiani. Fu scelto questo mese perché la natura esplode in tutta la sua bellezza, accostata alla bellezza interiore di Maria Santissima. Nella diocesi di Bergamo, questa devozione venne introdotta nel Settecento dall’ex gesuita Luigi Mozzi, arciprete della Cattedrale, nell’ambito delle congregazioni mariane per la gioventù. Avviate dai gesuiti nel loro collegio romano, si diffusero nell’intera Europa e in modo impressionante nella città di Bergamo, tanto da allarmare la municipalità, che nel 1807 ne decretò la soppressione. Fra le pie pratiche raccomandate c’era il mese di maggio, con Rosario quotidiano, meditazioni mariane, rinunce e penitenze. Nel corso dell’Ottocento, questa devozione si diffuse capillarmente nelle parrocchie e fra il popolo, soprattutto per impulso di don Giovanni Brignoli, parroco di Pignolo. Nel corso dell’intero mese, almeno fino a Novecento inoltrato, il popolo confluiva nelle chiese, con gli altri dedicati a Maria magnificamente addobbati, o all’aperto per la recita del Rosario, seguito da un panegirico sulla figura della Beata Vergine nella vita cristiana, modello di virtù per umiltà, abbandono in Dio, obbedienza e castità. Fanciulli e ragazzi d’ambo i sessi erano invitati a fare «fioretti», cioè mortificazioni e rinunce adatte alla loro età, simboleggiati in pezzettini di carta colorata, che alla fine del mese venivano bruciati in offerta alla Madonna. Nella prima domenica di maggio si tenevano anche speciali preghiere per invocare la protezione sulle campagne. Il mese si chiudeva con una funzione, con Rosario, panegirico, consacrazione a Maria e benedizione. Nel corso del mese, inoltre, venivano organizzati pellegrinaggi ai numerosi santuari mariani che costellano la diocesi bergamasca, effettuati a piedi, in bici, su carri agricoli e in seguito su pullman o mezzi propri. Le pie pratiche non restavano circoscritte nei muri delle chiese, ma proseguivano nelle case: recita serale del Rosario, giaculatorie e preghiere a Maria per i bisogni spirituali e materiali, lumi accesi davanti a un’immagine mariana come segno di protezione sulla casa e sui suoi abitanti. Nell’Ottocento, nello scontro in atto tra Chiesa e cultura dominante nata con la Rivoluzione francese, anche la devozione mariana divenne scudo e difesa dei cristiani contro un «secolo orgoglioso e delirante», come recitava l’omiletica coeva.
Questo tessuto compatto conosce le prime smagliature nella seconda metà del Novecento, con l’irruzione dei nuovi ritmi portati dal processo di industrializzazione e di abbandono delle campagne. Nell’immediato post Concilio la devozione mariana, insieme alla pietà popolare, da molti fu guardata con sufficienza e spesso accantonata come insignificante per il cristiano contemporaneo. Di fronte alla scristianizzazione e secolarizzazione, ben presto il cattolicesimo cominciò a interrogarsi sul mondo complesso della religiosità popolare, accorgendosi di aver reciso antichissimi legami con la gente, di aver annacquato un’eccezionale occasione pastorale per avvicinare ogni categoria di persone, soprattutto i lontani e i praticanti saltuari, e di aver buttato alle ortiche troppo sveltamente e superficialmente, e non senza colpe, un patrimonio religioso da purificare ma da salvaguardare. Negli ultimi decenni la devozione del mese di maggio sembra interessata da un risveglio generale un po’ ovunque e anche nelle parrocchie cittadine, dove si recita il Rosario in chiese o all’aperto, diventando anche un vero momento di socialità nella nostra epoca di anonimato, paure e insicurezze.

Foto Osservatore Romano / Sir