La visita del presidente Usa Donald Trump in Vaticano. Philip Pullella, Reuters: «Un incontro scomodo»

«Io ricevo ogni capo di Stato che chiede udienza». Papa Francesco e Donald Trump faccia a faccia in Vaticano. Il Pontefice e il 45° Presidente degli Stati Uniti d’America si incontreranno domani 24 maggio alle 8,30 nel Palazzo apostolico vaticano. In vista del G7 di Taormina i due leader discuteranno di cooperazione multilaterale e relazioni bilaterali, ma il Presidente statunitense dovrà ricucire una relazione con Bergoglio che era iniziata sotto i peggiori auspici quando Trump era candidato alla presidenza USA. Francesco lo criticò per le sue prese di posizione contro gli immigrati e sul Muro con il Messico. «Chi pensa solo a fare muri e non ponti, non è cristiano» aveva risposto il Pontefice a una domanda specifica rivoltagli da Philip Pullella, giornalista presso la “Reuters”.
Ricorda Pullella, che svolge la sua attività giornalistica presso la “Reuters” da oltre trent’anni ed è l’attuale caposervizio per l’Italia e per il Vaticano, da noi intervistato: «Mi trovavo sull’aereo papale durante il volo di ritorno dal Messico nel febbraio 2016. Avevo posto a Bergoglio questa domanda, “Lei ha parlato molto dei problemi degli immigrati, dall’altra parte della frontiera, negli Usa c’è una campagna abbastanza dura su questo. Il candidato repubblicano Donald Trump ha detto in un’intervista che lei è un uomo politico e una pedina del governo messicano per le politiche migratorie. Trump ha detto di voler costruire 2.500 chilometri di muro e di voler deportare 11 milioni d’immigrati illegali. Che cosa pensa? Un cattolico americano può votarlo?”. Ecco la risposta eloquente di Papa Francesco: “Grazie a Dio ha detto che io sono politico, perché Aristotele definisce la persona umana come animale politico, e questo significa che almeno io sono una persona umana. Io una pedina? Mah, lo lascio al vostro giudizio e al giudizio della gente. Una persona che pensa solo a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Votarlo o non votarlo? Non mi immischio, soltanto dico che quest’uomo non è cristiano, se veramente ha parlato così e ha detto quelle cose”».
Prosegue Pullella, «Credo che sarà “un incontro scomodo”, perché c’è questa storia dietro, dove il Papa vede in Trump una persona che pensa solo a costruire muri e non ponti. D’altra parte, il giorno dopo le dichiarazioni papali delle quali ho parlato prima, l’allora miliardario in corsa tra i repubblicani per la nomination alla Casa Bianca, disse che “Per un leader religioso mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso”. Se l’incontro avrà successo o no, dipenderà interamente da Trump. Il Papa vuole mantenere buoni rapporti con gli Stati Uniti, perché il Paese è una grande potenza mondiale. I due leader avranno poco tempo per parlarsi, forse poco più di mezz’ora. Trump non parla spagnolo, Bergoglio non parla inglese, ci sarà naturalmente un interprete. Il Papa vuole parlare chiaramente sulla difesa degli immigrati e anche sulla pace nel mondo. Fondamentale per Bergoglio è la difesa dei diritti umani, in special modo quella degli immigrati. Alla fine dello scorso gennaio il Presidente USA ha firmato due decreti esecutivi per tenere fuori dall’America i terroristi, come ha sostenuto lo stesso Trump, bloccando il programma di accoglienza per i profughi e decidendo di sospendere per tre mesi l’ingresso negli Stati Uniti ai cittadini di sette paesi musulmani: Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan, Yemen. Ebbene, la Chiesa americana ha criticato queste prime mosse del nuovo presidente. Francesco e Trump parleranno anche della crisi USA e Corea del Nord, ricordiamo che Bergoglio è completamente a favore del disarmo nucleare totale. Francesco vuole che le armi nucleari vengano bandite, quindi che siano rese illegali in tutto il Pianeta. Trump, e non solo lui, ovvio, non è d’accordo su questo. Il Papa però è ancora più specifico: vuole misure severe contro il traffico e il commercio d’armi. Il messaggio del Santo Padre è semplice: se non ci sono armi, non ci sono guerre» chiarisce Pullella, nato a Soriano Calabro in provincia di Vibo Valentia, trasferitosi da piccolo negli Stati Uniti, a New York, e che risiede a Roma.
Arabia Saudita, Israele, Vaticano, Bruxelles (il 25 maggio per partecipare al Summit Nato) e infine in Italia (a Taormina il 26/27 maggio per il G7), questo è il viaggio a tappe del Presidente USA che «non è un animale politico» ma piuttosto «una persona impulsiva». Un incontro che era in forse fino a poche settimane fa, la Casa Bianca avrebbe desiderato procrastinarlo, (secondo le “fonti” di Pullella), “non c’è tempo, ecc…”. Grazie anche a due articoli, uno di Pullella e un altro del “Financial Times, pubblicati lo stesso giorno, i quali sottolineavano che per Trump giungere in Europa e non vedere il Papa avrebbe rappresentato un fatto insolito, se non negativo, il presidente e i suoi consiglieri hanno compreso che una tappa a Roma, in Vaticano, era fondamentale. C’è da dire che il Vaticano si è fatto in quattro per far sì che l’udienza si potesse fare, sottolinea Pullella, in un orario insolito, alle 8,30, per questo incontro che non è una visita di Stato. Il 24 maggio viene di mercoledì, dopo ci sarà la consueta udienza papale, Piazza San Pietro sarà piena di fedeli. Da dove entrerà il mega corteo di automobili blindate del Presidente Trump, si chiede il giornalista, al quale domandiamo per quale motivo Trump ha interesse a incontrare Papa Francesco, un uomo agli antipodi rispetto a lui. «Il Papa è un leader religioso a capo di un miliardo e duecento milioni di cattolici, riconosciuto leader morale, qualsiasi capo di Stato desidera incontrarlo, perché è un simbolo di pace, di tolleranza, soprattutto Francesco in particolare che ha una popolarità enorme anche tra i non cattolici».
«Con Trump gli americani hanno voluto un cambiamento. Lo trovo più vicino ai valori cattolici che la Clinton» ha sostenuto il cardinale americano Raymond Leo Burke, pochi giorni dopo l’elezione di Trump alla Casa Bianca, dichiarandosi certo che gli elettori cattolici avessero votato per il tycoon. «Secondo i sondaggi più del 50% degli elettori cattolici ha votato per Trump» ricorda Pullella. «Partendo dalla riflessione che gli Stati Uniti non sono un Paese cattolico, non dimentichiamo che cattolici o meno, gli elettori hanno votato per Trump per motivi economici. I democratici hanno dimenticato i veri problemi della classe media americana specialmente nelle zone della “Rust belt”, “la cinta di ruggine” (Pittsburgh, Pennsylvania, Cleveland e Columbus, in Ohio), dove una volta c’erano tante fabbriche e ora al posto degli operai ci sono i robot, le macchine. I posti di lavoro sono spariti non per colpa degli immigrati, come ha sostenuto Trump in campagna elettorale, ma per colpa della tecnologia. Non torneranno né con un presidente repubblicano, né con un presidente democratico». Il bilancio dei primi cento giorni della presidenza Trump è «confusione totale. Cento giorni di crisi perpetua: il Presidente ha ricevuto una serie di grandi e piccole sconfitte, l’ultima il licenziamento del direttore del FBI, James Comey. Anche i sondaggi sulla popolarità di Trump dicono che il presidente è intorno al 38%, dato anomalo per gli USA, dove di solito al nuovo inquilino della White House nei primi giorni del mandato presidenziale viene concessa la “luna di miele”. Infatti, i sondaggi sono quasi sempre sopra il 50% per il nuovo presidente. L’America sta vivendo un momento particolare, dove la politica estera si vede più tramite i tweet del Presidente inviati durante la notte e non dalla voce del Segretario di Stato», è la riflessione conclusiva di Philip Pullella.