La Giornata Mondiale dei poveri: «Chiama tutti a un’esperienza di fraternità. Abbiamo bisogno dei più fragili»

“Un testo intenso che chiama tutti, cristiani ma anche uomini e donne di buona volontà, a vivere un’esperienza di fraternità con chi è più povero”. François Le Forestier dalla Francia commenta così il messaggio con cui papa Francesco annuncia che il 19 novembre prossimo la Chiesa celebrerà la prima Giornata mondiale dei poveri, offrendo un pranzo a 500 persone indigenti nell’Aula Paolo VI, dopo aver celebrato la messa nella Basilica vaticana ed invitando a fare altrettanto a tutte le parrocchie e comunità cristiane nel mondo. François Le Forestier è dell’associazione “Aux Captifs la libération”, un polo che lavora a fianco degli emarginati ed è stato portavoce di Fratello 2016 che lo scorso anno a conclusione del Giubileo della misericordia ha portato a Roma, da papa Francesco, 6mila persone senza fissa dimora, da 20 Paesi diversi.

“Non amiamo a parole ma con i fatti”, è il tema del messaggio di papa Francesco. Cosa significa?
«Vuol dire che spesso i cristiani amano e sono generosi ma solo a parole, parlano molto bene, ma il mondo ci sta giudicando molto più sulla base delle nostre azioni che non sulle nostre parole.Il papa ci sta quindi chiedendo di mettere in pratica la parole del Vangelo, e ci dice che lo dobbiamo fare non per dovere ma perché l’amore al fratello è una via che conduce alla gioia, alla pienezza. Ancora una volta in questo testo il Papa descrive una cultura nuova della vita cristiana che deve essere proposta perché contribuisce enormemente a una forma di nuova evangelizzazione.

Chi sono oggi i poveri?
«I poveri di oggi nel mondo sono molto diversi tra loro e al tempo stesso sono tutti uomini e donne che hanno avuto percorsi di vita dove hanno conosciuto e vissuto l’esclusione, l’abbandono, il tradimento, il rifiuto. Molti hanno quindi maturato una perdita di fiducia nella possibilità di poter di nuovo avere una vita degna. Spesso la povertà è sinonimo di assenza di relazione, solitudine. La povertà è vivere nella precarietà: precarietà alimentare, precarietà di alloggio, precarietà a causa della guerra, oggi anche a causa dei cambiamenti climatici. La povertà conduce le persone a vivere ai margini della società, della vita. Alimenta la cultura dello scarto».

E invece che cosa hanno da dire i poveri all’umanità di oggi?
«Alla scuola dei poveri dobbiamo tutti convertirci perché ci indicano una povertà evangelica. Ci dicono con la loro vita che cosa significa vivere una povertà che ci può aiutare a non cadere nella illusione dei soldi, del potere, dell’onnipotenza, degli egoismi. Alla scuola dei poveri possiamo conoscere dove si trova la sorgente vera della gioia e la pienezza della vita».

Il Papa invita le comunità a tendere la mano ai poveri, a incontrarli, guardarli negli occhi, abbracciarli e chiede di creare tanti momenti di incontro e di amicizia, di solidarietà e di aiuto concreto. Secondo la sua esperienza come diventa una comunità quando apre le porte ai poveri?
«Faccio un esempio personale, partendo da quanto stiamo vivendo della mia parrocchia. Ci siamo accorti che c’era un certo numero di persone sole, senza famiglia, povere, che venivano alla messa e poi se ne andavano. Abbiamo sentito per loro una grande tristezza e abbiamo proposto al nostro parroco di organizzare un pranzo alla fine della messa domenicale aperta a tutti. Progressivamente a questo pranzo hanno cominciato ad arrivare non solo le persone sole e povere ma anche le famiglie con bambini, i giovani, la comunità. Un pranzo semplice, preso dopo la mensa eucaristica, che piano piano ci ha permesso di riconoscerci fratelli e sorelle in maniera concreta. Abbiamo sentito che c’era una complementarietà tra l’Eucarestia celebrata alla messa e il pasto condiviso dopo».

Lei è stato tra gli organizzatori di Fratello 2016, il Giubileo della misericordia dei senza fissa dimora. Che impressione le ha dato in quella occasione papa Francesco, che cosa l’ha colpita di più del suo atteggiamento verso i poveri?
«In tutta la sua vita, il Papa ha visto nei più poveri le persone più vicino al Signore. E credo che sia proprio per questo il motivo che lo ha spinto a scegliere come nome Francesco. Di Francesco di Assisi parla nel messaggio. Il santo, che era uomo ricco, ha fatto questo stessa scelta di povertà. Al pellegrinaggio di Fratello, papa Francesco ha ritrovato accanto a sé persone che hanno vissuto grandi sofferenze nella loro vita ed hanno trovato nella chiesa una comunità dove hanno di nuovo sperimentato una fraternità incarnata. E questo fa parte proprio della visione che papa Francesco ha della Chiesa. I poveri rappresentano per lui un segno dello Spirito Santo».

In che senso?
«Tra i tanti gesti compiuti in quella occasione da papa Francesco, il momento più toccante fu quando il papa fu circondato dalle persone povere. Hanno posto la loro mano su di lui ed hanno pregato insieme. Credo che papa Francesco con questo gesto ci abbia voluto dire: lasciatevi raggiungere dal Signore attraverso i più poveri, perché voi avete bisogno di loro. I poveri non sono persone che danno fastidio, che pesano sulla società, che frenano il suo sviluppo. No, sono persone di cui oggi abbiamo bisogno. Perché sono loro oggi che indicano il vero senso della vita, libero da ogni possesso e da ogni schiavitù. Sono loro oggi che possono annunciare la Parola di Dio».