Don Milani: l’inquietudine del convertito, profeta innamorato del Vangelo ed “esploratore del futuro”

C’è una parola che può identificare in modo molto efficace e puntuale l’itinerario umano e spirituale di don Lorenzo Milani, e che giustamente Papa Francesco ha messo, in un certo senso, al centro, del suo videomessaggio in occasione della pubblicazione delle Opere del priore di Barbiana edite da Mondadori. È la parola inquietudine. “La sua – ha affermato il Papa – era un’inquietudine spirituale, alimentata dall’amore per Cristo, per il Vangelo, per la Chiesa, per la società e per la scuola che sognava sempre più come ‘un ospedale da campo’ per soccorrere i feriti, per recuperare gli emarginati e gli scartati”.

Amore e tenerezza. Una parola inscritta, senza dubbio, nella singolarità del suo percorso di convertito, proveniente da un mondo profondamente lontano dall’orizzonte cristiano. Chissà che non sia stata l’inquietudine di chi ha toccato con mano quanto si possa rimanere lontani e perfino odiare quella persona di Gesù di Nazaret – e anche la Chiesa da lui fondata – che è, invece, la sola via di salvezza per l’umanità.

L’inquietudine di chi ha misurato tutta la profondità dell’inganno culturale, sociale e spirituale che segnava la società del suo tempo – e che ancora domina nella nostra – il quale ha la sua più evidente manifestazione nell’ingiustizia sociale che divide i ricchi dai poveri; ingiustizia che denota, in realtà, uno spessore e una consistenza molto più grandi e drammatici, tanto da spiegare la veemenza con la quale don Lorenzo ha portato avanti il suo programma pastorale ed educativo, le cui motivazioni di fondo rimangono, a dire il vero, ancora da indagare al di là di una certa soglia. È quello che Papa Francesco sembra suggerire quando afferma, ancora nel citato videomessaggio, che l’inquietudine di don Milani “non era frutto di ribellione ma di amore e di tenerezza per i suoi ragazzi, per quello che era il suo gregge, per il quale soffriva e combatteva, per donargli la dignità che, talvolta, veniva negata”.

Resa incondizionata. Inquieto, dunque, perché innamorato dei volti e delle storie vere, quella realtà umile, povera e nascosta che aveva imparato a vedere negli anni del suo apprendistato artistico sotto la guida di Hans Joachim Staude e che trova infine pienamente dispiegata nel Vangelo.

Inquieto perché credente, e credente ben al di là dei limiti e delle forme consuete. Un uomo di Dio per il quale l’icona perfetta non può che essere quella – non causalmente segnalata da Michele Gesualdi nel suo ultimo libro sul suo maestro e babbo, ma a suo tempo già evocata da Carmelo Mezzasalma in un saggio tutto da riscoprire – di Giacobbe che lotta con l’angelo al guado dello Jabbok: che chiede a Dio insistentemente il suo nome, che sfida Dio essendone sfidato. Due cuori a confronto nella loro infinita passione per gli uomini, ma dove non c’è alcun antagonismo tra Dio e l’uomo, solo il mistero di una resa incondizionata che don Milani intuirà nell’espressione del testamento spirituale, giustamente a più riprese citata, del suo amore per i suoi ragazzi “superiore a quello per Dio”.

“Uomo del futuro”. Inquietudine è la parola di cui abbiamo particolarmente bisogno in questo tempo che non è semplicemente – sono ancora parole di Papa Francesco nel suo magistrale discorso alle Chiese italiane pronunciato proprio a Firenze – “un’epoca di cambiamento quanto un cambiamento d’epoca”. È solo degli inquieti, infatti – di coloro che percepiscono che le cose stanno franando, che non c’è alcun terreno solido sotto i piedi, che non si illudono delle apparenze, di quello che sembra tenere, delle vecchie formule riadattate –, lo slancio per iniziare un’esplorazione che li porta lontano, spesso oltre i confini dell’ortodossia e della comunione, non di rado procurandosi ferite profonde e anche ferendo chi non è in grado di sintonizzarsi con la loro ricerca inquieta.

Sono “i grandi esploratori” di cui proprio Papa Francesco ha parlato ancora nel suo discorso di Firenze e tra i quali, con la sua storica visita a Barbiana, il 20 giugno, egli inserisce a pieno titolo anche don Lorenzo Milani.

(*) L’autore è giornalista di “Toscana Oggi”, Foto Sir