Il sex appeal della moka. La bevanda profana e il “sacramento” dello stile

Se una volta era la Chiesa ad “appropriarsi” delle feste, delle tradizioni, dei simboli pagani e a rivestirli di nuovi significati e valori, oggi, all’opposto, è la cultura pop a rubare la simbologia e i gesti del sacro, svuotandoli di significato. Una situazione curiosa, che vale la pena di indagare. Né da conto, regalando una prospettiva particolare e qualche rapido spunto di riflessione la nuova rubrica del Santalessandro “Pensieri collaterali” a cura di don Giuliano Zanchi, segretario generale della Fondazione Bernareggi di Bergamo.

La prima cosa che prende gli occhi è questa serie di confezioni colorate stipate con ordine, in perfetta sequenza cromatica, nella cornice metallica di certe teche invetriate che dà all’insieme l’aspetto di qualcosa a metà fra l’installazione di arte contemporanea e un fornito reliquiario d’altri tempi. Intorno ogni cosa è illuminata dallo spirito di un concept onnipresente. Si avvicina uno vestito completamente di nero, scarpe lucide, pantaloni alla caviglia, una barba periclea da sapiente greco di epoca classica, camicia abbottonata sotto la gola, passo di felpata compostezza, quasi da cerimonia, voce bassa, espressione contenuta, il tono condiscendente di chi ha coscienza di essere in ascolto di una preghiera e di avere il potere di esaudirla. Gli dico al volo di cosa ho bisogno, con la sommarietà e l’approssimazione del non iniziato, abituato alla profanità di una normale forma di acquisto. Lui mi inonda di un sorriso indulgente e comprensivo e mi chiede se sono registrato nella lista clienti. Gli dico di no. “Non importa” mi dice, come se mi stesse concedendo un perdono straordinario. Riepiloga la mia richiesta e scompare per qualche minuto dietro una soglia oltre la quale altri vanno e vengono come da uno spazio riservato e inaccessibile. Torna con quello che gli ho chiesto. Mi sembra di avere davanti una specie di sacerdote che mi fa parte di una grazia particolare. Ma è solo un commesso che mi vende del caffè. Questa elementare profana bevanda che un noto marchio internazionale ha trasformato in una specie di sacramento dello stile, moltiplicata in una gamma aromatica dai nomi intrisi di forza evocativa, concentrata in piccole capsule monodose, da consumare nel rispetto dei riti previsti e da procurare nell’esclusivo tempio dello Store Locator. Mentre esco col mio pacchetto in mano comincia a risuonare in me il famigliare gorgoglìo del caffè che sale fumando mentre sparge ovunque un profumo che è come una promessa di felicità. E mi afferra il prepotente richiamo per il sex appeal della Moka.