Vasco Rossi, il concerto di Modena, la grande liturgia collettiva

Il concerto di Vasco Rossi lo si può vedere da tanti punti di vista. I giornali hanno parlato del pericolo di incidenti e delle misure prese per prevenirli. Hanno parlato anche, ovviamente, della musica del grande rocker e del carattere “riassuntivo” e “evocativo” del concerto di Modena. Ma il concerto con l’enorme impatto che ha avuto sulla pubblica opinione, è anche molto altro.

Intanto, impressiona la massa dei duecento venticinquemila spettatori. Una massa enorme. Predominavano i giovani, come è ovvio che sia. Ma c’erano anche molti adulti. D’altra parte, lo stesso Vasco Rossi non è un giovincello di primo pelo. Il cantante ha confermato il suo magnetismo di grande “rassembleur d’hommes”. A quel punto si è innescato un circolo virtuoso: il rocker ha ammaliato il pubblico e il pubblico ha esaltato il rocker.

È andata così in onda la grandiosa liturgia collettiva: la massa ribadiva la musica di Vasco con la voce e la commentava con i gesti. Il corpo, ancora una volta, è diventato protagonista. E il corpo dei singoli partecipanti ha fatto corpo con gli altri, a formare un grandioso corpo collettivo.

Ognuno, ovviamente, può commentare come vuole l’evento e può vedere in positivo o in negativo tutto questo. È certo però che la società non vive di solo pane, ma anche di grandi simboli, di grandi eventi simbolici collettivi. Che possono essere talvolta buoni e talvolta cattivi, ma che sono sempre necessari.

Anzi, è probabile che, proprio perché la nostra società è mediamente povera di simbolismi e di liturgie laiche, succede che questi eventi si caricano di significati spropositati. La povertà di simboli che segna tutta la società porta a sovraccaricare di simbolismi un concerto o una partita di calcio. Questa esuberanza finisce per essere una segreta denuncia di quella povertà.