L’ombra di Pietro e quella di Francesco

L’ombra di Pietro e l’ombra di Francesco

Dagli Atti degli Apostoli (5,15s) veniamo a sapere che quelli che credevano nel Signore arrivavano fino al punto che portavano gli ammalati nelle piazze, ponendoli su lettucci e giacigli, perché, quando Pietro passava, anche solo la sua ombra coprisse qualcuno di loro. E accorrevano anche dalle città vicine, portando malati e persone tormentate da spiriti immondi e tutti venivano guariti.

Oggi le cose sembrano andare in tutt’altra direzione. Francesco, l’attuale successore di Pietro, fa ombra a molti, compresi cattolici doc anche di alto rango. Parecchi di questi però, anziché rallegrarsene e cercare di farsi coprire da questa ombra, ne sono infastiditi e non piangerebbero se venisse tolto loro il disturbo.

Dai discorsi ex cathedra ai discorsi ex fenestra

Si dice, ad esempio, che egli abdica al suo compito magisteriale, con la conseguenza che, secondo alcuni, a noi verrebbero a mancare orientamenti chiari, precisi e sicuri. E in buona parte è vero. Egli infatti, come scrivevo recentemente, ai discorsi “ex cathedra” preferisce i discorsi “ex fenestra” che iniziano con un semplice “buongiorno” e terminano con un altrettanto semplice e perfino banale “buon pranzo”.

Il culmine di questa “lacuna” del Papa è dato dal documento post-sinodale “Amoris lætitia” dove Francesco (n. 3) afferma chiaramente che

non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero. Naturalmente, nella Chiesa è necessaria una unità di dottrina e di prassi, ma ciò non impedisce che esistano diversi modi di interpretare alcuni aspetti della dottrina o alcune conseguenze che da essa derivano.

Francesco non è il Papa delle ricette definitive

In parole povere, egli sa che ogni definizione papale chiude in partenza anziché aprire un discorso, per cui, proprio a riguardo della “Amoris lætitia, egli ritiene “comprensibile che non ci si dovesse aspettare dal Sinodo o da questa Esortazione una nuova normativa generale di tipo canonico, applicabile a tutti i casi” (300).

Egli, perciò, informa che con l’ “Amoris lætitia” ha “ritenuto opportuno redigere una Esortazione Apostolica postsinodale che raccolga contributi dei due recenti Sinodi sulla famiglia, unendo altre considerazioni che possano orientare la riflessione, il dialogo e la prassi pastorale, e al tempo stesso arrechino coraggio, stimolo e aiuto alle famiglie nel loro impegno e nelle loro difficoltà” (3).

Il suo obbiettivo evidentemente non era e non è quello di dare ricette definitorie, ma di incoraggiare e orientare la riflessione, il dialogo e il discernimento nella prassi pastorale di coloro (pastori e laici) che sono “dentro” nel vivo del problema. Lo stesso discorso vale per tutte le volte che il Papa nei suoi interventi smentisce spesso e volentieri ciò che è dato per scontato, il “si è sempre fatto così”.

Un’ombra che guarisce, come quella di Pietro

Ma coloro a cui Francesco fa ombra sbagliano se gli si oppongono, perché l’ombra di Francesco, per quanto scomoda, è tutt’altro che un’ombra negativa.

Quelli che, al di là di tutto, rimangono convinti che egli è il “dolce Cristo in terra” che il Signore ci ha dato per il nostro tempo, si rendono facilmente conto che ciò che di lui “disturba” è proprio quello di cui la Chiesa di oggi ha bisogno e l’ombra che egli fa non va sfuggita, ma cercata, perché è capace di guarire, come quella di S.Pietro.

 

Don Giacomo Panfilo lascia la rubrica “Diario di un prete”

Con questo articolo cessa il mio impegno per il Diario di un prete. Ho fatto circa  200 “pezzi” in poco meno di quattro anni e assicuro che fare un articolo alla settimana per più anni è più facile dirlo che farlo. E quindi si comprenderà che possa sentirmi col fiato corto. E poi, secondo un proverbio dei nostri nonni, che erano realisti e saggi, “quando la suonata è lunga, si stancano quelli che suonano, ma anche quelli che ballano”. Stacco perciò la mano dalla tastiera, augurando buon lavoro a Don Alberto Varinelli che mi succederà e buon successo al nostro settimanale on line, che lo merita, perché è una bella realtà.

don Giacomo Panfilo

Grazie, don Giacomo. Benvenuto don Alberto

Avevamo rimandato più volte con le più svariate scuse. Alla fine abbiamo dovuto rassegnarci. Grazie infinite, anche a nome dei molti lettori ai quali, ne siamo sicuri, don Giacomo mancherà, con la sua acuta, penetrante saggezza. Non tiene la rubrica “Diario di un prete”, ma vogliamo sperare che resti collaboratore. Prendiamo atto che non vuole continuare la suonata. Ma continuerà a suonare perché quel tipo di musica ci piace. 

Gli succede, come lui stesso ha annunciato, don ALBERTO VARINELLI, curato di Telgate e Grumello. Ha 32 anni: prete giovane, dunque, e sulla breccia, perché deve trottare tra due oratori, tutti e due molto impegnativi. Vive in comunità con altri sacerdoti nella casa della comunità di Grumello, è laureato in scienze dell’educazione. 

Sabrina  Penteriani, direttrice