La teologia narrativa di Papa Francesco. Forte nella pastorale e debole nella dottrina? E’ solo un equivoco

“L’idea diffusa che papa Francesco sia ‘forte’ nella pastorale ma ‘debole’ nella dottrina è un equivoco”: lo afferma con decisione Gian Enrico Rusconi, storico, politologo e germanista nel suo ultimo libro “La teologia narrativa di Papa Francesco” (Laterza, pp.153, euro 16), appena presentato al Festivalletteratura di Mantova con Alberto Melloni. Era accaduto anche a Papa Giovanni XXIII di essere scambiato per “un parroco di campagna”, per lo stile di predicazione semplice, affabile, vicino alla gente. Come è già emerso per il pontefice bergamasco, però, l’apparenza inganna: nella grande espressività di Papa Francesco si nasconde, infatti una originale “teologia narrativa”, che attinge alla tradizione ma è attenta alla contemporaneità e al futuro, ruba immagini e metafore alla vita quotidiana, si rivolge davvero a tutti, anche ai non credenti.
Secondo Melloni papa Bergoglio “ha coniato una nuova ermeneutica fondata sulla misericordia. Il suo linguaggio ricco di metafore è congruente con le parabole evangeliche”. Nelle sue parole ritroviamo frequentemente appelli alla solidarietà, attenzione ai più deboli e alle periferie, i temi della gioia, dell’amore e della misericordia. Proprio la centralità della misericordia, sottolinea Rusconi, “lascia da parte alcuni fondamenti religiosi tradizionali come il castigo, la punizione e l’espiazione del peccato. “Molti – sottolinea Melloni – tendono a fraintendere Papa Francesco perché i suoi discorsi vengono regolarmente censurati dai giornali: lui parla di Gesù, loro riportano soltanto la parte civile, quella più notiziabile, così il risultato che appare è che abbia fatto affermazioni civili e politiche senza un supporto teologico. Ma non è così, non è vero”. Bergoglio, è vero, mette in atto una ridefinizione del concetto di peccato: «siamo tutti peccatori» ma perdonati. Dietro al nuovo sforzo ermeneutico e semantico del pontefice si intravede un abbozzo di riforma, e di una nuova e teologia. Ma ancora non si vede dove porta, e molti, come spesso accade davanti ai grandi cambiamenti, sono un po’ smarriti e talvolta perplessi e dubbiosi. Nel suo libro Rusconi prova a “esplorare le conseguenze della teologia narrativa di Francesco sulla Chiesa, sui laici e sulla società in generale”.
Se non dovesse andargli bene, sorride Melloni “Papa Francesco sarebbe forse ricordato come il John Lennon del cristianesimo. Ma se riesce ad arrivare in fondo al suo progetto possiamo essere certi che si tratterà di una grande riforma”.
«Con Bergoglio – sottolinea Rusconi – la teologia è diventata conversazione, reinvenzione semantica, espressività emotiva, flessibilità concettuale».
Secondo Melloni, però “La tradizione non è unica e univoca, non è una grande piramide che ti sta davanti e ti blocca lo sguardo, ma un paesaggio che si snoda in una lunga striscia in cui diversi elementi si intersecano. Le omelie di Santa Marta prese in esame nel libro forse non sono proprio l’esempio ideale per ricostruire la teologia del Papa, perché sono soprattutto il segno di un ministero episcopale che spezza la parola offrendola a molti, distribuisce la scrittura a manate larghe, senza una logica accademica. Ma nonostante questo ha punti di riferimento di carattere teologico molto seri. I riferimenti di Bergoglio nascono da una lettura eclettica ma tutt’altro che ingenua e sprovveduta. E’ uno che ama nascondere le citazioni”.
Un esempio che ancora lo accomuna a Giovanni XXIII: “Quando parla del prete come del pastore con l’odore delle pecore – continua Melloni -, non usa soltanto una colorita metafora rubata alla vita contadina. Mi è capitato sotto gli occhi proprio questo esempio perché ho curato l’edizione critica del Giornale dell’anima di Papa Giovanni, e ho visto che anche nei suoi scritti tornava la stessa citazione. Entrambi l’hanno attinta a un antico inno”.
Anche nell’introduzione del “discernimento” nella Amoris Laetitia per valutare l’atteggiamento da tenere verso separati e divorziati che intraprendono un cammino di fede Papa Francesco – chiarisce Melloni – si è rifatto ad antiche tradizioni cristiane, in qualche modo conservate dai cristiani ortodossi. Attenzione al populismo religioso che butta via grosse fette di tradizione”.