CL e il “passo di lato” della politica

Julian Carron, responsabile di Comunione e Liberazione

Ha ragione Robi Ronza, già sottosegretario agli esteri nella Giunta regionale di Formigoni, quando su la NBQ (La Nuova Bussola Quotidana) contesta Dario Di Vico, che sul Corriere della Sera tira un bilancio positivo e compiaciuto del Meeting di Rimini 2017, solo perchè, di qui in avanti, Don Carron lascerebbe i ciellini liberi di fare le scelte politico-elettorali che preferiscono?

Dalla politica alla a-politica o alla post-politica

Ad essere cronologicamente precisi, la scoperta è tardiva. La nuova tendenza è in atto da qualche anno ed è stata innescata dalle vicende giudiziarie di Formigoni e della Compagnia delle Opere. Già il Meeting del 2016 aveva dato la sensazione di un disincanto, di un cambio di atmosfera e di stile. Pare proprio che CL, sotto la guida di Julian Carron, sia passata dalla politica alla “a-politica” o alla “post-politica”. Insomma, torna la “scelta religiosa” che il suo predecessore, Don Luigi Giussani, aveva energicamente contestato alle organizzazioni cattoliche tradizionali, fin dagli anni ’60, in nome di una “presenza” cristiana visibile ed efficace?

Per parte sua, Ronza sostiene che questa posizione politica agnostica rischi di approdare a quella versione opportunistica dell’agire politico, che consiste nel tenersi le mani libere e nello schierarsi in base a convenienze contingenti. Una specie di neo-doroteismo o di machiavellismo cattolico. Peggio ancora, si proclama neutrale, ma poi si muove “in modo subacqueo” su una linea di navigazione ben precisa: le scelte non sono più “ufficiali”, ma “ufficiose”. Un recente esempio sarebbe quello del referendum del 4 dicembre 2016: ufficiale il NÌ, ufficioso il SÌ.

Questo “ritiro dalla politica” impedirebbe la costituzione di uno spazio pubblico di discussione all’interno del Movimento, così che le scelte verrebbero fatte senza discussione aperta, con ciò tornando a quel centralismo carismatico una volta vigente in CL, che decideva per tutti e molto dall’alto le scelte politico-elettorali su tutti gli oggetti, negoziabili/opinabili e non. Comunque, e in fine, ciò che viene rimproverata è una pratica opaca delle scelte.

A chi può interessare una simile discussione, tutta interna all’universo ciellino? Non solo ai ciellini, credo, e non solo ai cattolici. Perchè ciò che si elabora e si fa nel pluriverso cattolico incide sulla formazione dello spirito pubblico non solo dei cattolici, ma della società italiana.

Julian Carron riafferma la “irrevocabile distanza” dalla politica

La Fraternità di Comunione e Liberazione, riconosciuta come tale dal Papa nel 1983, è un Movimento ecclesiale, che ha generato un Movimento socio-economico (la Compagnia delle Opere) e un Movimento politico (Movimento popolare, prima corrente della Dc, poi di Forza Italia, poi Ncd, poi Area popolare – in Lombardia è “Lombardia popolare” -). Il rapporto tra queste tre dimensioni è mutato negli anni. La “irrevocabile distanza critica” dalle avventure di esponenti ciellini nella politica – che don Giussani aveva già dichiarato in un’intervista concessa allo stesso Robi Ronza nel 1976 e che aveva ribadito nel 1987 ad un convegno della Dc ad Assago – si era trasformata nel corso degli anni ’90 e nel primo decennio del 2000 in una relazione molto stretta con la politica, così che il carattere ecclesiale del movimento ne veniva oscurato e quello delle “opere” ne risultava distorto e condizionato.

L’esigenza che la fede non si riducesse ad una presenza incolore nel mondo e che avvolgesse tutti gli ambiti della vita privata e pubblica aveva portato a praticare “la presenza” come esercizio di egemonia e di potere. L’illusione era quella di contrastare il pervasivo e sbracato processo di secolarizzazione, creando un involucro di difese politiche, istituzionali e legislative della presenza cristiana. Era stata l’antica tentazione, nella quale erano largamente caduti Pio XI e Pio XII.

Le vicende giudiziarie e gli scandali, reali o spesso mediaticamente gonfiati, di Roberto Formigoni hanno obbligato Juliàn Carron, designato da don Giussani quale successore, a rinnovare la distanza critica e a sviluppare del complesso lascito teologico e educativo di don Giussani il lato della libertà personale, dell’assunzione di responsabilità totale nel mondo, della testimonianza attiva, ma pacificamente e consapevolmente minoritaria nel mondo cattolico e nella società.

Papa Francesco e i vecchi ciellini scontenti

Il tramonto della candidatura di Scola alla successione di Papa Ratzinger e del governo formigoniano in Regione Lombardia hanno sancito la fine di un’illusione. Perciò, presenza come testimonianza, non come egemonia. Linea che va a coincidere con quella che Papa Francesco ha fatto propria: “la testimonianza si fa con la parola, il cuore, le mani”. La parola: cioè la battaglia culturale. Con ciò la politica non è affatto scomparsa dall’orizzonte di Cl e dal Meeting di Rimini, ma la relazione si è fatta più laica e più disincantata: molto ascolto, pochi applausi, ricchi stimoli culturali gettati sul tavolo dei politici e dei ministri di passaggio.

CL ha fatto “un passo di lato” rispetto alla politica, impegnandosi tuttavia in un vigile accompagnamento culturale. Si tratta di ricostruire le retrovie di una battaglia culturale per la formazione dello spirito pubblico in Italia, oggi percorso dall’odio, da ideologie reazionarie, da fake news. A queste retrovie appartiene di diritto e di fatto l’esperienza cristiana.

Tutti contenti i ciellini? No. Una parte della vecchia generazione sessantottina – quella che si è formata e ha resistito in memorabili scontri con i sessantottini laici, comunisti, extraparlamentari nelle Università e nelle scuole negli anni ’70 – fa fatica a digerire la svolta. Teme il tradimento del nucleo teologico ed esperienziale originario di CL. È solo una coincidenza che un timore analogo, benché di altro segno, tocchi anche le vecchie generazioni politiche avversarie circa l’identità e il destino della sinistra? Forse è accaduto a tutte quelle generazioni che “la verità” di un tempo si è progressivamente trasformata in “ideologia”, cioè in rovesciamento/occultamento della verità sull’uomo, la società, il mondo. Sono state le ultime generazioni ideologiche di un secolo ideologico.

Nei tempi difficili e disincantati delle nuove generazioni, ci resta un unico metodo da adottare con forza: è quello della “parresia”. Da Socrate a Giovanni Crisostomo, essa è il coraggio e l’etica della verità. A volte urticante, scorbutica e scomoda. “Parresia”: si anche tradurla come “introduzione alla realtà totale”. Ma non abbiamo altro da perdere che le nostre catene, avrebbe detto un profeta comunista e barbuto dell’800. Essa non si preoccupa delle compatibilità interne delle associazioni o dei partiti. Ha la pretesa di dire ciò che vede o crede di vedere nel mondo. E questa pretesa, quando conquista la realtà/verità, “rende (più) liberi”.