In cammino sulla via Francigena: ogni anno ci passano oltre 50 mila pellegrini

«Il pellegrinaggio è un’esperienza di misericordia, di condivisione e di solidarietà con chi fa la stessa strada, come pure di accoglienza e di generosità da parte di chi ospita e assiste i pellegrini», ha dichiarato tempo fa Papa Francesco. La frase di Bergoglio sintetizza l’impegno quotidiano che accompagna da più di vent’anni l’hospitaliere/pellegrino/camminatore Giovanni Favari, 69 anni portati con simpatica e accattivante fierezza. Giovanni è il Presidente della Compagnia di Sigerico Laudense e Hospitaliero all’ostello Transitum Padi di Senna Lodigiana, il tratto lombardo della Via Francigena.
Via Francigena, Franchigena, Francisca o Romea («nel Medioevo erano chiamate “vie romee” le strade che i pellegrini percorrevano verso Roma»), l’antica Via che nel medioevo univa Canterbury a Roma e poi a Gerusalemme, in Terra Santa, toccando i luoghi più importanti del cristianesimo. Quindi un cammino millenario da alcuni anni riscoperto dai moderni pellegrini che Favari nel tratto lombardo accoglie nel Transitum Padi di Senna Lodigiana.
«Nel 1996 quello che da tre anni è l’odierno ostello e che può ospitare fino a 25 persone, era ancora la vecchia canonica, i primi pellegrini dormivano lì. A quel tempo ero assessore al comune di Senna Lodigiana – ci confida Favari – ed entusiasta mi diedi da fare immediatamente per accogliere le prime persone che provenivano da Canterbury, anzi alcune le ospitavo nella mia abitazione, accudite da mia moglie. Ora la Diocesi di Lodi mi ha dato ufficialmente l’incarico di organizzare l’accoglienza, l’ospitalità, per non parlare del dare svariate informazioni ai tanti pellegrini che arrivano da tutte le parti del mondo, Australia e Nuova Zelanda compresa. Diciamo che ci diamo da fare!».
Il tratto lombardo è molto transitato, le stime delle presenze per il 2017 parlano di 50 mila pellegrini che si metteranno in cammino, ricordiamo inoltre che l’itinerario parte da Palestro, primo centro lombardo per chi proviene da ovest, e termina proprio a Corte Sant’Andrea, frazione del comune di Senna Lodigiana, «ultimo baluardo della Regione Lombardia». Favari spiega che la maggior parte dei pellegrini che decidono di percorrere la Via Francigena hanno già fatto il Cammino di Santiago. «La Via Francigena è tanto affascinante e variegata quanto lunga, sono 1800 miglia da Canterbury a Roma. La strada non termina a Roma, prosegue in Puglia, nel Salento, dove incontra l’imponente mole del castello federiciano a Castel del Monte, poi l’antica via si sposta verso il Gargano. In fondo la Palestina, dove la Via Francigena termina il suo corso, non è tanto lontana», spiega Favari che conosce bene sia la fatica sia la gioia che può dare l’esperienza di cammino lungo la Va Francigena. «Ho percorso alcuni tratti della via, in Svizzera, in Toscana e a Viterbo. Resto sempre più convinto che il pellegrinaggio nel Medioevo così come nel Terzo Millennio sia sempre un modo di viaggiare, comunicare e diffondere la conoscenza. Un’esperienza di cammino spirituale che dà modo di conoscere tante persone in viaggio da ogni parte del Pianeta e che nello stesso tempo ci fa percorrere un cammino interiore, non meno importante».
Giovanni consegna a ogni camminatore il Passaporto del Pellegrino, con tanto di timbro e il Diario di Sigerico, Arcivescovo di Canterbury, il quale intorno all’anno Mille camminò da Canterbury a Roma in tre anni. «Sono sempre più numerose le persone che si mettono in cammino sulle orme di Sigerico che passano per il tratto lombardo della Via Francigena (Transitum Padi), passaggio sul fiume Po che i pellegrini della Via Francigena dovevano compiere per continuare il loro percorso da Canterbury fino alla Città Eterna. Sigerico nel suo diario in latino, oggi conservato al British Museum, nel quale il religioso descrisse le tappe del suo itinerario, racconta della presenza di enormi zatteroni presso il fiume nel guado di Corte Sant’Andrea (Transitum Padi). Se nel Medioevo gli zatteroni trasbordavano fiumane di pellegrini e capi di bestiame, a testimonianza della centralità di questo passaggio sul Po, ora è possibile attraversare lo stesso fiume con un battello messo a disposizione dei pellegrini in località Soprarivo in provincia di Piacenza».
Gli hospitalieri che accolgono i pellegrini in transito sono sei: Giovanni che parla il tedesco, sua moglie Caterina il francese, il farmacista si occupa dei pellegrini anglosassoni, mentre una dottoressa si occupa della salute dei camminatori curando semmai i piedi doloranti. Tutti loro sono affiancati da altri due volontari. «Umiltà ed eleganza, è questo il nostro motto», dichiara Giovanni, «la nostra è diventata nel corso degli anni una vera e propria missione. All’inizio non ci credeva nessuno e invece… posso dire con orgoglio che sono stati questi i vent’anni più belli della mia vita! Cerco di far comprendere ai pellegrini quanto sia emozionante camminare con il cuore».
Se è vero che ciascun pellegrino si saluta con la frase “Buon cammino”, non resta altro da augurare all’hospitaliere Favari: “Buon cammino, Giovanni!”.