Il vecchio prete “si ritira”. Bravo, Franco, bravo bravo

Don Franco Cassina con suor Annamaria (a sinistra), superiora dell’Istituto Palazzolo di Grumello, e due consorelle

Per anni mi ha salutato sempre così: “Bravo Alberto, bravo bravo”. E così fa con tutti, accompagnando le parole con un sorriso disarmante e gli occhi vispi di un bambino di quasi ottantanove anni.

Una presa d’atto: la vecchiaia

Questo è don Franco, per più di vent’anni fedele custode della Chiesa di  San Pantaleone, sul monte di Grumello, e della sua gente. Lo abbiamo salutato domenica scorsa insieme a don Luca, perché don Franco, causa gli acciacchi dell’età, ha preso la decisione di stabilirsi a Scanzorosciate presso la fondazione Piccinelli, dove già risiedono altri preti.

Tenerezza, simpatia

Che dire di don Franco? Lo definirei così: l’uomo della tenerezza, della simpatia e della fede. Tenerezza, innanzitutto. Tutti lo conoscono così a Grumello, come un uomo buono, capace di vicinanza, come dimostrato dalle parole con cui concludeva ogni suo dialogo in questi anni: “avanti con l’aiuto del Signore”.

Poi, simpatia: i miei compagni di ordinazione ricordano un episodio che suscitò una risata colossale. In sesta teologia, facemmo visita alla chiesa di San Pantaleone con don Alberto Carrara, che teneva un percorso di pastorale liturgica a noi diaconi. Un mio compagno mise un euro nella cassettina delle offerte alla Madonna e partì… la fanfara! Il volto di don Alberto fu uno spasso, soprattutto quando, voltandosi, incrociò il sorriso compiaciuto di quell’omino con la talare nera consumata, che non esitò a dire: “l’ho facc me! Bel né?”.

Fede. E musica, quella di Mia Martini

E in ultimo, ma prima per importanza, la fede. Don Franco è un prete capace di stare in ginocchio: lo fa un quarto d’ora prima della Messa e un quarto d’ora dopo averla celebrata. Come dice il mio parroco don Angelo, una lezione. Mi mancherà Franco, il suo incoraggiamento, la sua dolcezza, il suo impegno faticoso nel cercare di capire la mentalità di oggi a suon di libri.

Mi mancherà perfino la musica a tutto volume nella sua stanza confinante con la mia, come quando ho vissuto tre belle ore di revival Mia Martini mentre cercavo di preparare l’ultimo esame di università, di storia della musica, e al mattino dopo, avevo in testa più “almeno tu nell’universo” che le sinfonie di Bach, Mozart e Haendel.

Che farà ora don Franco? Semplice: il prete. Lo ha fatto con passione quasi tutta la vita: ora continuerà a pregare e a testimoniare il Dio della tenerezza. Bravo Franco, bravo bravo. E grazie!