Costruire l’Europa. Il discorso di Macron per un progetto 2019-2024

Il presidente francese Emmanuel Macron

Il 26 settembre scorso Emmanuel Macron ha tenuto alla Sorbona il suo discorso sulla nuova Europa. È pieno di audacia e di senso della storia, attraversato da speranze, sfide, proposte. I cinici di turno hanno già storto il naso, riducendolo a tattica contingente, da giocare all’interno e verso gli altri partner europei, quasi che Macron voglia rilanciare un’egemonia politico-intellettuale francese sul processo europeo, proprio mentre la Merkel si trova in momentanea difficoltà. Insomma, il nazionalismo gallico di sempre, in versione raffinata e furbesca.

Le passioni tristi dell’Europa

Eppure… La constatazione da cui muove Macron è che, rispetto all’epoca del primo progetto comunitario – “trasformare un confronto secolare per l’egemonia in Europa in cooperazione fraterna o in rivalità pacifica” – la novità storica oggi è la “burrasca della mondializzazione”. La sicurezza europea non è più assicurata dall’America, la sua economia non è più garantita dal legame con quella americana. Di qui l’insorgenza di paure e di insicurezze, cui il nazionalismo, l’identitarismo, il protezionismo, il sovranismo di ripiego danno risposte semplici e illusorie.

Macron, citando Spinoza, le chiama ”les passions tristes de l’Europe”. Se in questi anni hanno preso piede, lo si deve non tanto alla credulità dei popoli, quanto alla pigrizia politica e intellettuale delle classi dirigenti. Per non volersi assumere responsabilità, hanno lasciato credere che la nostra impotenza e insicurezza derivassero dall’Europa burocratica di Bruxelles, dimenticando che “Bruxelles siamo noi, ad ogni istante”. Se solo la sovranità può garantire sicurezza, allora tante nazionalità sovrane in conflitto non portano la sicurezza, ma la guerra. Macron cita Schumann a Parigi il 9 maggio del 1950: “L’Europa non è stata fatta e abbiamo avuto la guerra”. Se “sovranità” di un Paese significa la capacità di controllare le variabili fondamentali interne ed esterne che ne condizionano l’esistenza, la globalizzazione l’ha erosa drammaticamente, in pochi anni. È soltanto un’illusione tentare di ricostruire le sovranità di piccole patrie. Solo la patria di un’Europa unita, sovrana e democratica può difendere l’essenza della nostra civilizzazione: libertà, stato di diritto, diritti umani, democrazia, conquistati lungo una storia sanguinosa e tragica.

Le “sei chiavi” per la nuova Europa

Macron propone sei chiavi per dischiudere le porte della sovranità europea: la prima è quella della sicurezza. Perciò si propone di costruire un’Europa della Difesa, autonoma e complementare rispetto alla Nato. La Force commune d’intervention dovrà, dall’inizio del prossimo decennio, mettere in comune non solo le armi, ma soprattutto la cultura strategica. E poiché alla sicurezza appartiene anche la lotta al terrorismo, Macron propone un Ufficio europeo contro la criminalità organizzata e il terrorismo e un’Accademia europea di informazione, che metta in comune informazioni, procedure, allarmi.

La seconda chiave è quella del controllo della frontiera europea. Perciò è indispensabile creare un Ufficio europeo dell’asilo e una Polizia di frontiera europea.

La terza chiave è quella della politica estera comune. Solo una politica di sviluppo in Africa e la stabilizzazione politica del Medioriente e del Mediterraneo – che è il cuore della nostra civilizzazione – potrà tagliare alla radice le migrazioni bibliche che si annunciano. Senza dimenticare l’apertura verso i Balcani, che rischiano di essere ri-attratti nell’orbita della Russia o della Turchia.

La quarta chiave è la transizione ecologica efficace e equa. Macron propone la formazione di un mercato europeo dell’energia e di disincentivare l’uso del carbone per sostenere altre forme di produzione di energia, proprio mentre Trump punta sul carbone. A questo capitolo il progetto di una politica agricola e alimentare europea: si propone l’istituzione di una Forza europea d’inchiesta e di controllo per lottare contro le frodi alimentari.

La quinta chiave è il Digitale. Qui si propone un’Agenzia europea per l’innovazione di rottura.

La sesta chiave è quella della costruzione della potenza economica industriale e monetaria dell’Europa. Che non si potrà realizzare senza una politica monetaria e finanziaria comune. Serve dunque un Ministro europeo delle Finanze, che incominci a costruire un’effettiva convergenza fiscale e sociale, armonizzando l’imposta sulle società.

Gli obbiettivi generali della costruzione europea: il mercato unico – donde l’idea di un Procuratore commerciale europeo – un modello sociale omogeneo – il salario minimo –  investimenti sul sapere delle nuove generazioni – almeno due lingue europee per ogni ragazzo, almeno sei mesi di studio in un altro Paese europeo – all’ombra del Trittico indissociabile di sovranità, unità, democrazia, sui pilastri della democrazia e dello Stato di diritto.

Le prossime tappe

Come camminare in questa direzione? Macron propone di utilizzare le differenze intraducibili – “l’Intraduisible” – che sussistono tra i vari Paesi europei, quale lascito della loro storia millenaria, per procedere a velocità diverse verso gli obbiettivi. I Paesi più volenterosi non potranno essere bloccati da chi vuole andare piano: sarebbe un’eresia, dice Macron, citando Mario Monti e Sylvie Goulard.  Si ricorra, semmai, a forme diverse di collaborazione bilaterale, a cooperazione rafforzata, ad accordi ad hoc. In questo spazio forse potrà ritrovare un posto anche la Gran Bretagna.

Un Gruppo di rifondazione europea dovrà mettere a punto un nuovo disegno istituzionale, volto a superare l’Europa intergovernativa per andare verso istituzioni europee vere e proprie.

Per l’immediato orizzonte, quello delle elezioni del Parlamento europeo nel 2019, il Presidente francese propone di utilizzare i 73 posti, lasciati liberi dai deputati europei della Gran Bretagna, per fare liste transnazionali, in modo che almeno metà dei deputati al Parlamento europeo sia eletta su base transnazionale. Ma, soprattutto, propone l’avvio di grandi dibattiti nei Paesi europei e l’organizzazione di Convenzioni democratiche. Perché l’Europa non avanzerà senza o malgrado i popoli. Nessun giacobinismo burocratico, dunque, e perciò un appello alla battaglia politica e culturale contro le passioni tristi d’Europa.