La montagna scuola di vita. Paolo Grisa: non affrontare una salita se non sai come tornare indietro

La montagna può essere una grande scuola di vita. Partendo da qui Alessandro Ghisalberti, coach & counsellor, ha avviato un progetto in collaborazione con il Club Alpino Italiano Sezione di Bergamo: dodici interviste ad altrettanti alpinisti in cui il racconto di grandi salite si affianca a spunti e consigli utili ad altri appassionati di montagna e in generale a tutti, come percorso di formazione e riflessione su di sé. Le interviste saranno raccolte in un volume. Qui di seguito vi offriamo in anteprima un assaggio con l’intervista al giovane alpinista bergamasco Paolo Grisa.

Dodici grandi alpinisti del Cai di Bergamo raccontano le loro esperienze di arrampicata e soprattutto le loro strategie mentali per affrontare la montagna. Parlando di montagna, per alcuni lettori sarà inevitabile trovare similitudini con ciò che sono costretti ad affrontare ogni giorno. Parlare di scalate è in fondo una metafora della vita, si presta ottimamente come punto di partenza per lavorare su diversi temi, come lo sviluppo della fiducia in se stessi e negli altri; gli strumenti per affrontare e superare problemi e difficoltà; l’atteggiamento mentale e la motivazione.

In cima a una roccia si è da soli con se stessi. Non sempre si può richiamare la fisiologia per cambiare modulo e interrompere i flussi di pensiero negativo. È qui che il focus mentale e il dialogo interno entrano in scena e la fanno da padroni. Se siamo mentalmente allenati, centrati, e consapevoli come i professionisti, allora la mente riprenderà il controllo e porterà l’atleta a superare la difficoltà.

C’è molto da imparare dagli alpinisti perché chi fa sport sa benissimo che le componenti che determinano il risultato in una attività sportiva sono fondamentalmente tre: fisica, tecnico tattica e mentale.

Nella vita come in montagna se non si è in grado di gestirsi emotivamente durante una prestazione, se si va sotto stress, se non si sa gestire la pressione della gara allora probabilmente non sarà possibile raggiungere il risultato sperato. Alla preparazione mentale però di solito viene dedicata poca attenzione e pochissimo se non nessun allenamento specifico. Anche in questo si può imparare dagli alpinisti, come raccontiamo in queste interviste.

Paolo Grisa è un giovane e promettente alpinista bergamasco: “In montagna – racconta – mi piace fare un po’ di tutto. Ogni stagione è adatta a discipline diverse: dall’escursionismo, allo sci alpinismo, all’arrampicare.
Ognuna ha caratteristiche piacevoli e particolari, e praticarle tutte permette quindi di seguire la montagna osservandone i cambiamenti durante l’anno e durante ogni stagione”. Risa dedica alla montagna ogni weekend, e in settimana si allena correndo oppure esercitandosi nella palestra del Palamonti, in città.

“La montagna – continua – mi ha dato l’occasione di fare molte esperienze diverse e di vedere posti nuovi che probabilmente non avrei mai visitato se non avessi questa passione. La scalata che mi ha colpito di più l’ho vissuta sulle nostre montagne bergamasche ed è stata così speciale perché ho scelto di farla da solo qui sulla nostra Presolana. La preparazione mentale è qualcosa che si acquisisce con il tempo. Al di là delle nozioni tecniche ci deve essere un’approccio generale che ti permette di muoverti e sapere che devi fare le cose in una certa maniera per mantenerti sempre in un ambito di sicurezza”.
La strategia più importante consigliata da Paolo Grisa è quindi quella della consapevolezza dei propri mezzi: “Fa molto la differenza in alpinismo sapere quando scegli un obiettivo di salita se puoi o meno tornare indietro: ci sono vie e itinerari che per diversi motivi arrivano in una sorta di punto di non ritorno delle situazioni in cui la tua via di uscita è solo verso l’alto e non puoi ritornare lungo il percorso che hai fatto. Per esempio itinerari in cui superi degli strapiombi da cui con la corda non riusciresti poi a rientrare da dove sei salito”.
Impegnarsi in una prova particolarmente impegnativa nello sport come nella vita porta a confrontarsi con il limite e con la soglia delle nostre capacità, possiamo chiamarla anche “la mappa del mondo” che ci ritroviamo cucita addosso. Possiamo scegliere di accettare o cercare di ignorare la chiamata. Se accettiamo la sfida dobbiamo essere in grado di affrontarla nel modo migliore.
Varcare la soglia ci proietta in un nuovo territorio sconosciuto fuori dalla zona di comfort, che ci costringe a crescere ed evolvere e ci impone di trovare supporto e orientamento. Secondo Joseph Campbell, psicologo statunitense, questa soglia è un punto di non ritorno ovvero varcata non possiamo tornare indietro al nostro mondo abituale. Dobbiamo andare avanti verso l’ignoto, centrati ed aperti al campo. Varcare la soglia richiede sostegno, sia per il potenziale nell’essere “eroi” sia per le paure e le esitazioni che sorgono mentre si affronta la soglia.