Abusi sui minori. Joanna Schields: vi spiego perché i vostri figli hanno paura di parlare di web

Abusi sui minori. Joanna Schields: vi spiego perché i vostri figli hanno paura di parlare di web. Il vero problema è che il mondo degli adulti non è sufficientemente consapevole di quanto tempo i ragazzi passano navigando nel mondo digitale, di cosa fanno una volta varcata la soglia del digital world e soprattutto quali contenuti, immagini, proposte trovano. Un gap di conoscenze, esperienze e utilizzo dei mezzi che si sta sviluppando nel momento sbagliato perché mai come adesso i ragazzi hanno bisogno dell’aiuto e del supporto degli adulti. La baronessa Joanna Schields ha dedicato la sua vita ad esplorare questo mondo e a prendersene cura sia come ministro del governo britannico per la sicurezza su Internet sia fondando nel 2014 WePROTECT che nel tempo è diventata una delle maggiori piattaforme di azione per combattere ogni forma di abuso e sfruttamento on line. È stata co-promotrice insieme al Centre for Child Protection della Pontificia Università Gregoriana del primo congresso globale su “La protezione dei minori nel mondo digitale” che, dal 3 al 6 ottobre, ha riunito a Roma i maggiori esperti del settore, medici, psicologi, studiosi delle nuove tecnologie ma anche rappresentanti di governo e di religioni.

Cosa vi preoccupa di più?
«La cosa importante che è emersa da questo congresso è l’impatto che il mondo digitale ha sulla vita e la crescita dei bambini. Prendiamo però la pornografia e la pornografia estrema. Abbiamo visto come l’esposizione sul web ad immagini estreme abbiano un impatto grave sull’idea che i giovani si stanno costruendo della sessualità. Alcuni esperti ci hanno mostrato come il cervello dei teenager non è ancora del tutto sviluppato, si sta evolvendo verso il pensiero complesso, sono ancora nella fase di crescita, forse la più importante e decisiva per il loro futuro. Esporli ad immagini di violenza estrema, alla pornografia come pure a idee radicali, sebbene le reazioni possono essere diverse, significa comunque stimolarli a realtà che avranno un impatto definitivo dal punto di vista sia emozionale sia fisiologico».

Il mondo degli adulti ne è consapevole?
«Ogni nuova innovazione porta con sé novità, evoluzioni e conseguenze sulla vita delle persone che solo con il tempo verranno studiati e analizzati. È certo che i bambini presentano oggi una capacità di interagire con i nuovi mezzi tecnologici che è molto più sviluppata rispetto sia ai loro genitori sia ai loro insegnanti. E questo gap tra il mondo degli adulti e il mondo dei nostri ragazzi si sta evolvendo proprio nel momento meno opportuno. Perché è proprio adesso che i nostri bambini hanno bisogno del nostro supporto e la maggior parte di noi non ha né la conoscenza né la preparazione né i mezzi necessari per supportarli. Noi non abbiamo nemmeno l’idea a cosa i ragazzi possono essere esposti una volta varcata la soglia del web e a causa di questa ignoranza, loro hanno paura di parlarne con i genitori. Hanno paura di parlarne anche con gli insegnanti, perché si vergognano, magari non vogliono essere giudicati, sanno che quello che hanno visto o fatto è sbagliato e per questo non si confidano con nessuno».

Soluzioni?
«Faccio parte del governo britannico come ministro per la Sicurezza in Internet. La gente spesso ci chiede: che cosa intendente fare? Le nuove tecnologie informatiche aprono ad un mondo che non conosce frontiere tra i Paesi. Questo fa sì che nessun governo può pensare di legiferare e, quindi, controllare ciò che succede nel cyber spazio. Abbiamo pertanto bisogno di un approccio coordinato per un’azione globale di protezione dei minori sul web, che prenda dentro governi, compagnie, organizzazioni non governative, società civile. Ed è proprio quello che questo congresso ha cercato di fare, mettere insieme tutti i soggetti coinvolti, far emergere le sfide, cercare soluzioni».

Lei ha partecipato al congresso anche come rappresentante del governo britannico. Che impressione le fa collaborare e partecipare ad una iniziativa che è stata promossa e ospitata dalla Chiesa cattolica?
«Penso che sia una cosa meravigliosa. La Chiesa sta cercando di dire: “Abbiamo anche noi un ruolo da svolgere e vogliamo essere parte di questo progetto, vogliamo essere parte della soluzione”».

La Chiesa, come lei sa benissimo, ha conosciuto purtroppo al suo interno fatti gravissimi di abusi sessuali.
«Sì, certo. Credo però che il fatto di essersi impegnata su questo fronte, il fatto di sentirsi così fortemente coinvolta sia parte del suo processo di guarigione. È importante che oggi la Chiesa senta e viva questo lavoro di protezione e sicurezza dei minori, come un impegno e una responsabilità per il futuro. È segno di una Chiesa non ripiegata sul suo passato, ma aperta a costruire un futuro nuovo».

E cosa pensa del ruolo di papa Francesco.
«Il Papa è molto impegnato nel mondo digitale. Ne fa anche un suo intelligente, per esempio utilizzando twitter per diffondere il suo messaggio ma è anche consapevole di ciò di cui hanno bisogno i bambini nel mondo digitale. Ha parlato spesso delle nuove tecnologie, sottolineandone sempre le potenzialità e chiedendo che siano sempre più inclusive perché alle opportunità che offrono, possono accedere tutti. Ma se, da una parte, le nuove tecnologie aprono possibilità straordinarie; dall’altra, devono garantire protezione per tutti. Ed è per questo che siamo qui. Mettere insieme questi due aspetti, promozione delle nuove tecnologie e protezione dei giovani perché al centro della rivoluzione digitale ci siano benessere e sicurezza».