Don Dario Acquaroli: «Per coinvolgere i giovani ci vogliono proposte forti e radicali, che richiamino ai valori»

«La città offre più esperienze e momenti di svago ai giovani, però accentua la loro solitudine. Come ovunque, anche i giovani del borgo tendono a vivere isolati, rinchiusi nella propria stanza davanti al computer, dimenticando di abitare in un condominio con altre persone e famiglie, senza conoscerle o con un dialogo muto». Dopo quattro anni come direttore dell’oratorio, don Dario Acquaroli, 29 anni, ha salutato la parrocchia cittadina di Santa Caterina per incamminarsi su una nuova strada, quella del Patronato San Vincenzo. «Dopo il boom dei decenni scorsi — racconta don Acquaroli — nel borgo aumentano le famiglie composte da anziani, mentre continua a calare il numero di adolescenti e giovani. Quelli che frequentano regolarmente l’oratorio sono molto impegnati e rispondono alle diverse iniziative. È però necessario spingerli per farli uscire dal loro guscio. Hanno tanti amici, ma nella realtà l’amicizia rimane in superficie, perché non si conoscono veramente. Al riguardo, penso alle parole del vescovo Beschi al termine della processione dell’Apparizione dello scorso anno: “Il grembo dell’Addolorata parla di generare e accogliere. Una comunità viva deve essere capace di generare speranza, voglia di futuro e accoglienza. Invece ci stiamo disabituando ad accogliere persino i vicini di casa e le persone che camminano nelle nostre strade”. Per stimolare i nostri giovani bisogna fare proposte forti e radicali, per esempio il percorso, che ha raccolto vasto successo, sulla preziosità della vita umana, che si è concluso con la visita di un lager in Germania».

Nel suo cammino in Santa Caterina un ruolo centrale hanno avuto due parroci: monsignor Andrea Paiocchi e da un anno monsignor Pasquale Pezzoli. «Don Andrea è stato come un padre e un nonno. Mi ha voluto sempre molto bene. Se c’erano difformità di pareri ci confrontavamo con rispetto e l’ho sempre coinvolto nella vita oratoriana. Con don Pasquale, già mio rettore in Seminario, ho avuto un rapporto fraterno di ascolto e di fiducia». Su sua richiesta già quando era seminarista, don Acquaroli entra ora nel Patronato: il superiore don Davide Rota lo manda nella casa di Sorisole come responsabile delle aree minori non accompagnati e minori con penale. «So bene che è un compito molto delicato, ma mi sento chiamato a testimoniare il volto di Dio che si prende cura di ogni uomo, anche del fratello più rifiutato e abbandonato. Ho incontrato queste realtà già in Seminario frequentando il carcere e le iniziative di don Fausto Resmini. E il mio proposito è ancora più significativo, perché la famiglia del Patronato è espressione della Chiesa di Bergamo verso la gioventù e i poveri».