Dall’oratorio di Brembate a Munaypata, Bolivia: “Ho imparato dai più poveri cosa vuol dire accogliere”

«Un piccolo grande sogno custodito in un cassetto fin da quando ero bambina e che finalmente è diventato realtà». Sara Troccolo, ragazza ventunenne di Brembate Sotto, definisce così l’esperienza in missione della scorsa estate che l’ha portata a incontrare il popolo della Bolivia; una terra capace di affascinarla e incuriosirla, scoperta attraverso i racconti degli amici che l’hanno visitata prima di lei, mettendole nel cuore il desiderio di vedere con i propri occhi e toccare con le proprie mani. Così, legandosi al Centro Missionario Diocesano, accompagnata da altri tre giovani avventurosi e dal curato don Daniele Carminati, il primo agosto Sara è partita per La Paz, dove per tre settimane ha potuto capire il significato della parola “missione”.

Sara ha respirato i primi sentimenti di altruismo e generosità tra le mura di casa sua, grazia alla famiglia molto vicina al mondo della missione. I suoi genitori, infatti, sono tra i fondatori di WebSolidale Onlus, l’associazione no profit che si pone come obiettivo l’utilizzo della tecnologia e della rete per sostenere la solidarietà nel mondo.

Una volta giunta a La Paz, Sara si è fermata nella piccola comunità di Munaypata, una tra le più povere della Bolivia; proprio qui WebSolidale ha finanziato la costruzione di una mensa in grado di accogliere tutti i bambini del quartiere.  Mentre gli altri compagni hanno visitato altre missioni in Bolivia, Sara ha scelto di restare nella piccola comunità per tutto il resto del viaggio, vivendo appieno la vita del piccolo quartiere e ritrovando anche l’ex curato, don Fabio Calvi, ora lì in missione. «Durante la mattina servivo e lavoravo in mensa -spiega Sara-; al pomeriggio invece aiutavo in parrocchia, svolgendo piccoli compiti come attività di dopo scuola con i bambini, oppure accudendo gli animali. Ero a disposizione dei missionari e tutti i giorni c’era sempre qualcosa da fare».

Un’esperienza fuori dal comune, bellissima e intensa, che ha lasciato a Sara tanta energia e la voglia di tornare in futuro magari per un periodo più lungo.

«Ogni volta che ripenso alla Bolivia ciò che mi emoziona più di tutto è il ricordo dell’accoglienza ricevuta-racconta Sara-. Io ero straniera in mezzo a loro eppure mi sono sentita subito accolta e accettata. Le persone che incrociavo per strada mi salutavano sempre e nonostante la loro povertà sembrava volessero darmi tutto ciò che avevano pur di farmi sentire bene e parte della comunità. Durante la preparazione al Centro Missionario ci hanno detto di andare in missione con occhi, mani e orecchie aperte, pronti a ricevere e accogliere tutto. Alla fine è stato un scambio reciproco, un’accoglienza doppia.»

L’esperienza in missione ha permesso a Sara di capire anche molte cose di sé stessa, di ritrovare la fede, grazie a quella che i Boliviani le hanno dimostrato di possedere, e anche incominciare a costruire piano piano il suo futuro. «A fine missione ho capito una cosa: che sono partita per tornare. Sono andata a 10.000 km di distanza per cercare la povertà, eppure, rientrata, mi sono accorta che anche qua c’è tanta povertà, materiale e soprattutto spirituale. C’è così tanto bisogno di missione anche in Italia. Per esempio, mi piacerebbe lavorare con i richiedenti asilo: ho provato cosa significa essere straniera e vorrei restituire la mia esperienza accogliendo chi, qui in Italia, ha bisogno di me».

Venerdì sera alle 20:45, presso l’oratorio di Brembate, Sara e gli altri ragazzi partiti per la missione racconteranno la loro breve esperienza. «Quando descrivo il mio viaggio -conclude Sara-, dico a tutti che almeno una volta nella vita bisogna partire. Prima di andare molti mi chiedevano se ero sicura di ciò che stavo per fare e che dimostravo molto coraggio. In realtà, io penso che non è necessario essere coraggiosi: volevo partire, una voce dentro di me diceva che avrei dovuto farlo. E semplicemente ho ascoltato questa voce.»