Amare Dio e amare il prossimo. Tutto molto semplice e molto impegnativo

In quel tempo, i farisei, avendo udito che Gesù aveva chiuso la bocca ai sadducèi, si riunirono insieme e uno di loro, un dottore della Legge, lo interrogò per metterlo alla prova: “Maestro, nella Legge, qual è il grande comandamento?” (Vedi vangelo di Matteo 22, 34-40).

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613 precetti

Il vangelo riferisce di molte discussioni, spesso accese, tra Gesù e i suoi interlocutori. Anche il vangelo di questa domenica parte da una discussione. Gli studiosi della bibbia, i rabbini, discutevano quale fosse il precetto più importante del testo sacro. Ne elencavano 613, 365 dei quali negativi e 248 positivi. Gesù accetta di essere coinvolto nella discussione e risponde, anche questa volta, magistralmente: il precetto più importante di tutta la bibbia è il comandamento dell’amore. Ma introduce, qui e altrove, alcune precisazioni.

Due, soprattutto. La prima riguarda l’identità del prossimo. Il prossimo comprende chiunque, anche e soprattutto i lontani. Non si deve amare solo l’ebreo, ma anche il pubblicano, il samaritano, il nemico. La seconda è lo stretto legame che esiste tra i due amori. Non si può amare Dio se non si ama il prossimo. L’amore di Dio “prende volto” nell’amore verso i fratelli.

La bibbia addomesticata

Interessante il fatto che anche Gesù accetti di discutere con i rabbini. Vista con gli occhi nostri, quella discussione sembra rispondere all’esigenza di “fare ordine” nella bibbia, quasi a ridurre a poco il molto che vi si trova: le storie, i detti, le preghiere, le leggi… e tanto altro, distribuito, oltretutto, su un arco di tempo che comprende secoli. Un testo così effervescente va, in qualche modo, addomesticato. E la riduzione del testo sacro a 613 precetti è una forma esemplare di addomesticamento.

Gesù accetta quel gioco ma, puntando sull’amore, amore senza confini e senza limiti, semplifica la Parola ma la amplifica a dismisura. Si può ridurre tutto a una sola cosa. Ma quella sola cosa è per tutti e per sempre. Non si devono tracciare i confini rassicuranti dell’amore, dunque, come fanno i farisei, ma allargarli.

La tentazione moderna di tracciare confini

È una provocazione forte, questa, anche e soprattutto per noi. Una certa cultura dominante di oggi è, infatti, più vicina a quella dei farisei che a quella evangelica. Si tende di più a tracciare confini che ad abolirli. In un mondo dove il diverso è sempre più diverso, il lontano sempre più provocante perché si è fatto vicino, si addomestica anche il precetto dell’amore. O lo si riduce a una banale esortazione a non odiare, ad amare nei limiti del possibile. Dove, di solito, il possibile lo abbiamo stabilito noi e sempre noi abbiamo stabilito anche i limiti.

Il messaggio evangelico guadagna in ragionevolezza ma perde di forza. Alla fine rischia, seriamente, di non essere neppure più evangelico.