Incontrarsi e conoscersi, rompendo i muri di diffidenza e facendo della propria diversità un punto di forza: il messaggio ieri, durante la giornata dedicata al dialogo interreligioso del ciclo di incontri di “Molte fedi sotto lo stesso cielo”, è stato univoco da parte di tutte le comunità presenti. L’iniziativa dal titolo “Chiudi, apri! Spiragli di pace” è frutto di un percorso condiviso con le Acli, l’Ufficio per il dialogo ecumenico e interreligioso, quello dei migranti e dell’età evolutiva della diocesi di Bergamo, la Comunità cristiana evangelica, il Patronato San Vincenzo e la cooperativa Ruah. “Un percorso che rientra nel nostro costruire terre di mezzo, dove incontrarsi e camminare insieme. Siamo diversi, ma in nome dell’umano ciascuna esperienza religiosa può e deve dare il meglio di sé” ha esordito Daniele Rocchetti, presidente delle Acli di Bergamo. Ieri mattina centinaia di studenti hanno effettuato delle visite guidate nei luoghi di culto delle comunità religiose presenti sul territorio bergamasco. Alle 18, invece, vi è stato l’incontro collettivo delle varie comunità religiose con il prorettore vicario dell’Università di Bergamo, Giancarlo Maccarini, seguito da un momento di preghiera interreligiosa, alla sala Viterbi della Provincia di Bergamo. Le diverse comunità religiose si sono presentate al numeroso pubblico presente in sala: dietro di loro, un muro simbolico di scatole di cartone. Isabella Testi, presidente del centro di studi buddhisti Jang Chub, a Paladina, ha spiegato come il centro promuova la cultura tibetana: “il nostro maestro, Ghesce Lobsang Sherab promuove la pace, la solidarietà, l’apertura del cuore per le persone meno fortunate.
Incontri di questo tipo ci avvicinano: quando non ci si conosce nasce diffidenza, conoscendosi cadono quei muri che vengono eretti tra religioni e culture diverse”. “Noi prepariamo cinque pasti al giorno per le divinità che adoriamo – ha spiegato la professoressa Maria Pia Ruta, del villaggio Hare Krishna, presente a Chignolo d’Isola -, pasti che poi vengono consumati dai devoti: ci nutriamo solo del cibo offerto a Dio. Siamo persone comuni, per la maggior parte italiane. La domenica apriamo la nostra comunità con una festa aperta a tutti” e ha aggiunto: “Quello che sta facendo la città di Bergamo è qualcosa di incommensurabile, in un clima sfavorevole, dove di fronte alla diversità è più facile chiudersi e rifiutarla: spero che possa essere presa come modello da tutte le città d’Italia”. Youssef Zahir, imam del centro culturale islamico di Vertova e Hamid Boumchita, del Centro culturale islamico di via Cenisio, hanno ricordato il legame tra l’Islam e la pace: “La stessa parola Islam, in arabo, ha la stessa radice della parola salam, che significa pace: pace del cuore, della mente, che si ottiene quando ci si sottomette alla volontà di Dio. Il nostro stesso saluto, ‘salam aleykoum’, ‘che la pace sia con voi’, contiene questo messaggio. Dobbiamo conoscerci per costruire la pace: la nostra diversità non deve essere una debolezza, ma una ricchezza per costruire insieme la società”. Winfrid Pfannkuche, a capo della storica comunità valdese di Bergamo, ha ricordato l’importanza del “tener vivo il dialogo ecumenico, perla del cristianesimo”, importanza sottolineata anche da padre Gheorghe Velescu della comunità ortodossa di Bergamo. “Ogni domenica ci riuniamo per una preghiera e un pranzo comune – ha detto Ram Kulwinder della comunità Ravidasi, con sede a Cividino di Castelli Calepio -. Preghiamo per un mondo basato sulla fratellanza universale, libera da qualsiasi discriminazione”. Presente anche don Patrizio Rota Scalabrini. Giancarlo Maccarini, prorettore dell’Università di Bergamo, ha portato i saluti del Rettore: “Il 10% dei nostri studenti viene dall’estero: questa comunità che vive assieme nell’università sia di buon auspicio per il futuro. Purtroppo spesso i muri vengono fatti per dividere con la scusa di proteggere. La sensazione dopo questa giornata è che tutte le comunità religiose presenti siano ben radicate sul territorio, e la loro conoscenza è da diffondere affinché ci sia davvero un mondo di pace”. Ogni comunità ha poi effettuato una preghiera davanti alla platea, togliendo di volta in volta una scatola dal muro, creando in questo modo uno spiraglio.
L’evento si è concluso con la consegna ai partecipanti di una chiave: una chiave simbolica, per chiudere alcune porte e poterne aprire altre.
Foto di Clara Mammana