A Loreto “L’arte che salva”. La pittura e la predicazione da Crivelli a Guercino e Lorenzo Lotto

L’arte che salva. Immagini della predicazione tra Quattrocento e Settecento. Crivelli, Lotto, Guercino, la mostra che si sta svolgendo presso il Museo-Antico Tesoro della Santa Casa di Loreto, fino al giorno 8 aprile 2018, si propone di approfondire la conoscenza della produzione artistica collegata al fenomeno della predicazione, che ha caratterizzato la cultura non solo europea.

Tre suggestivi dipinti a tema religioso presenti lungo il percorso espositivo della mostra: l’olio su tela “San Nicola da Tolentino” (1637) di Giovan Francesco Barbieri detto il Guercino (Cento, 1591-Bologna, 1666), il “Battesimo di Cristo” (1545 ca.) e “Cristo e l’Adultera” (1548) di Lorenzo Lotto (Venezia 1480-Loreto 1556).

L’esposizione a cura di Francesca Coltrinari e Giuseppe Capriotti dell’Università di Macerata, è finalizzata alla valorizzazione e alla tutela del patrimonio artistico e culturale dei luoghi colpiti dal sisma e al rilancio dal punto di vista turistico ed economico degli stessi. La rassegna, promossa dalla Regione Marche, Assessorato alla Cultura e Turismo, dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, Segretariato Regionale per le Marche, dalla Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio delle Marche e dall’Anci Marche in accordo con la Conferenza Episcopale Marchigiana, è realizzata in collaborazione con la Prelatura della Santa Casa di Loreto e del Comune di Loreto. L’iniziativa si avvale del contributo della Fondazione Cassa di Risparmio di Loreto e della Fondazione Opere Laiche Lauretane e Casa Hermes, con il patrocinio dell’Università di Macerata e la partecipazione della Fondazione Giovanni Paolo II per la Gioventù e l’organizzazione di Artifex International.

La mostra apre il ciclo di eventi “Mostrare le Marche”, progetto Biennale della Regione Marche che prende il via con Loreto e vede entro fine anno altre mostre a Macerata e Ascoli Piceno e, nel 2018, tre rassegne espositive a Fermo, Fabriano e Matelica. I sei eventi d’arte nascono con l’intento di valorizzare nel biennio 2017-2018 il patrimonio culturale delle aree colpite dal sisma, attraverso la promozione di attività espositive realizzate utilizzando le opere d’arte provenienti dai musei e dalle collezioni pubbliche ed ecclesiastiche interessate dall’ultimo terremoto, e messe in sicurezza presso i depositi attrezzati del MIBACT.

Sono esposti 41 oggetti fra dipinti, sculture, incisioni, manoscritti e volumi provenienti dalla Regione Marche, con un nucleo significativo di opere salvate dal terremoto dell’Italia centrale. Suddiviso in otto sezioni, il percorso si snoda attraverso l’esposizione di dipinti di artisti in parte noti, insieme a preziosi manoscritti, libri e altri oggetti artistici, per raccontare l’origine e gli sviluppi della pratica predicatoria, l’uso e il significato delle immagini collegate alla predicazione, l’effetto che le prediche producevano sugli ascoltatori. Abbiamo intervistato Francesca Coltrinari nata a Fermo, ricercatore di Storia dell’Arte presso l’Università di Macerata.

A distanza di un anno dal grave terremoto che ha colpito le Marche, sono ancora molte le ferite ancora aperte e parecchio c’è ancora da fare per tutelare e valorizzare il grande patrimonio che ha subito gravi danni e perdite? 

«Certamente, perché le dimensioni di questo terremoto sono state enormi quindi c’è tutta la macchina del salvataggio delle opere e della tutela statale e regionale che si è attivata. In fondo queste mostre sono un primo passo per il recupero di queste opere».

L’esposizione non mostra solo i tesori salvati dal sisma, ma è anche risultato di una lunga ricerca sull’attività degli ordini religiosi e sul valore identitario della loro predicazione nelle Marche. Ce ne vuole parlare? 

«Questa prima mostra della serie “Mostrare le Marche”, progetto Biennale della Regione Marche nato allo scopo di valorizzare le aree colpite dal terremoto, ha scelto un tema particolare che è quello della predicazione. Quindi l’arte utilizzata per convincere, convertire o anche far essere migliori le persone, che è stato uno dei grandi temi dell’arte religiosa nei secoli. Le Marche sono state un terreno fecondo, dove sono nati grandi predicatori come San Giacomo della Marca, al secolo Domenico Gangala, appartenente all’Ordine dei Frati Minori Osservanti, vissuto nel Quattrocento, il quale predicò in tutta Europa. Non dimentichiamo che il Santuario di Loreto è stato un grande polo della devozione e quindi anche della predicazione a livello europeo. Per questo si è voluto puntare su questo tema».

Il tema della predicazione è illustrato nei suoi molteplici aspetti. Emblematico in tal senso l’esempio di suor Battista da Varano i cui oggetti esposti si trovano nella terza sezione della mostra dedicata all’effetto delle prediche sull’animo umano. Chi era Santa Camilla Battista da Varano? 

«Camilla Battista da Varano (Camerino, 9 aprile 1458-31 maggio 1524) è stata una religiosa, mistica, fondatrice del monastero delle Clarisse a Fermo nel 1522. Suo padre, Giulio Cesare da Varano, tipico signore rinascimentale, fu duca di Camerino. Molte delle opere che riguardano suor Battista da Varano presenti in mostra provengono dal monastero di Santa Chiara, che Giulio Cesare Varano ampliò per ospitarvi la figlia prediletta, Camilla Battista, entrata nel monastero, insieme con otto consorelle provenienti da Urbino, il 4 gennaio 1484, che è stato danneggiato dal terremoto ed è tuttora inagibile. Preciso che tutte le opere del Monastero sono state ricoverate nel deposito della Soprintendenza delle Marche presso la Mole Vanvitelliana di Ancona e poi portate in mostra. Donna colta, guida spirituale, canonizzata da Benedetto XVI nel 2010, decise di farsi suora anche per seguire il suo amore per la cultura. Suor Battista, fu una grande ascoltatrice di prediche, in mostra si cerca di rovesciare la posizione e far vedere l’effetto che le prediche avevano sull’animo umano tramite il suo esempio. Un anonimo pittore del XVII secolo, dipinge l’olio su tela “Ritratto di Santa Camilla Battista da Varano”, Olio su tela, realizzato nel 1600 con anno preciso non noto, recuperato dal Monastero di Santa Chiara. Qui la Santa viene presentata come una protettrice del suo stesso monastero, perché appoggia una mano su un piccolo modello di chiesa riconoscibile nel monastero di Santa Chiara. Nella mano ha dei gigli che sono legati al ricordo della predica che Camilla Battista ha ascoltato il giorno dell’Annunciazione, dove immagina che questi fiori le siano stati dati dalla Vergine Annunciata. Un segno mistico della sua vocazione».

Particolarmente interessante l’ottava e ultima sezione dell’esposizione “I predicatori, Loreto e il mondo”. Come si manifestò la devozione dell’ordine della Compagnia di Gesù? 

«Fu questa una grande devozione. Loreto era definito “il secondo occhio della Sede Apostolica dopo Roma”, a sottolineare la sua importanza. I pellegrini che si recavano a Loreto appartenevano a qualsiasi rango sociale e provenivano da tutta Europa. Loreto divenne anche un ponte con l’Oriente, perché qui passarono tutti i grandi evangelizzatori della Cina e del Giappone come San Francesco Saverio, gesuita spagnolo considerato il più grande missionario dell’epoca moderna e Padre Matteo Ricci anch’egli gesuita, matematico, cartografo e sinologo nativo di Macerata, primo uomo a stabilire un solido ponte culturale fra l’Occidente e la Cina. In mostra c’è un suo ritratto attribuito a Francesco Boniforti da Macerata, pittore del XVII, dove il gesuita sembra un mandarino, cioè un funzionario della Cina imperiale».

Desidera descriverci il dipinto “Cristo e l’adultera” di Lorenzo Lotto?

«Lotto dipinge il quadro tra il 1548 e il 1550. L’opera è inserita nel percorso museale, perché rappresenta un caso di perdono, di conversione operata attraverso la parola e l’esempio di Cristo che perdona l’adultera, che invece sarebbe stata lapidata secondo la legge ebraica. È dunque la nuova legge cristiana della Misericordia che è manifestata in questo capolavoro assoluto della pittura del Cinquecento. Il restauro del quadro fatto nel 2015, non solo ha fatto riemergere la firma autografa del Lotto ma ha permesso il recupero dei colori brillanti dell’opera che è la perfetta visualizzazione del testo evangelico. La donna colta in flagrante adulterio appare seminuda, portata davanti a Cristo da un soldato e da un gruppo di scribi e farisei. Tutti loro incalzano Cristo perché, come ho detto prima, la legge ebraica prevedeva la lapidazione in caso di adulterio. Cristo con la mano li ferma prima di pronunciare la celebre frase: “Chi di voi è senza peccato scagli la prima pietra”. Questa frase farà indietreggiare tutti quanti. In seguito Cristo dirà all’adultera: “Vai e non peccare più”. C’è una condizione in questo perdono, ma sicuramente è una legge più misericordiosa. Probabilmente nel dipinto c’è anche un autoritratto di Lotto, parliamo di quel signore anziano con gli occhiali seminascosto a destra del quadro che guarda in alto. C’è un bambino vestito di azzurro che si rivolge verso di lui indicando Cristo e una mano con l’indice verso il suo viso coperto da una mascherina bianca. Sappiamo che Lotto indossava gli occhiali, all’epoca del dipinto era già molto vecchio. Seguendo lo sguardo dell’anziano con gli occhiali troveremo la firma dell’artista, che è in alto ed è probabile che questo sia la “spia” ulteriore che lo sconosciuto con gli occhiali sia proprio Lorenzo Lotto».

Per informazioni e prenotazioni: 071. 9747198 – 06. 68193064/

museoanticotesoro@gmail.com; segr.artifex@gmail.com