Non è vero che tutti i ragazzi hanno le stesse possibilità di accesso all’istruzione: un diritto per cui vale la pena di combattere

Tra i molti dati pubblicati nei giorni scorsi in occasione della Giornata dei diritti dei bambini ce n’è uno che ci colpisce in modo particolare: è quello sulla “povertà culturale” pubblicato nell’Atlante dell’Infanzia a rischio di Save The Children, edito da Treccani. La pubblicazione compie un viaggio nel sistema educativo italiano e si intitola “Lettera alla scuola”, riecheggiando la “Lettera a una professoressa” di don Lorenzo Milani. I dati presentati mettono in luce che esistono molte disparità tra i ragazzi, non tutti hanno le stesse possibilità di accesso alla cultura e all’istruzione e perfino la scuola pubblica, che ha il ruolo di ridurre eliminare queste disparità, talvolta finisce invece per alimentarle. In un luogo in cui dovrebbero essere invece poste le fondamenta del futuro di ogni ragazzo, sviluppando i suoi talenti, facendo crescere le relazioni.

C’è ancora molta strada da fare perché “sia riconosciuto il diritto di tutti i bambini a un’eguale istruzione, a prescindere dal contesto sociale ed economico in cui vivono”.

Lo scenario delineato dall’Atlante non è infatti dei più rassicuranti: in Italia vivono 669mila famiglie con minori in condizione di povertà assoluta che, una volta sostenuti i costi per la casa e per la spesa alimentare, possono spendere solo 40 euro per la cultura e 7,60 per l’istruzione al mese. È un fenomeno che investe tutto il Paese: i bambini in questa situazione – 1.292.000, il 14% in più in un anno – rappresentano il 12,5% del totale dei minori (il 12% al Nord, l’11,6% al Centro, il 13,7% al Sud).

In questa cornice, la correlazione tra condizione socio-economica e successo (o insuccesso) scolastico è più forte che in altri Paesi europei: nelle scuole caratterizzate da un indice socio-economico basso l’incidenza di bocciature e di classi ripetute rispetto alle scuole con un indice elevato è 23 punti percentuali maggiore, mentre la differenza media nei paesi Ocse è del 14,3%. Negli ultimi decenni sono stati compiuti importanti passi in avanti nel contrasto alla dispersione scolastica, con una tendenza positiva che ha visto il tasso di abbandono abbassarsi progressivamente. Tuttavia, se il dato nazionale è oggi pari al 13,8%, la Sicilia detiene il primato negativo del 23,5%, seguita dalla Sardegna (18,1%). Secondo l’associazione, il fenomeno continua a rappresentare una delle principali sfide con cui la scuola italiana deve fare i conti perché ogni anno oltre 130mila ragazzi sono a rischio dispersione scolastica.

In un contesto come questo, non è facile trovare delle soluzioni. A livello nazionale e locale c’è fortunatamente un proliferare creativo di nuove iniziative. Save the children, per esempio, ha avviato Fuoriclasse in movimento, in collaborazione con i docenti delle scuole di primo e secondo grado, che mette in rete 150 istituti in tutta Italia, raggiungendo in modo diretto 20mila minori e coinvolgendo attivamente circa 2mila insegnanti e 1.000 genitori. Obiettivo, cambiare le politiche scolastiche, partendo dal dialogo tra docenti, studenti e famiglie: strumento centrale in questo percorso sono i Consigli fuoriclasse, tavoli di confronto per definire insieme soluzioni e azioni di cambiamento. Grazie al programma ci sono già stati risultati concreti: in questi primi due anni nelle scuole secondarie aderenti il numero di assenze medio è stato dimezzato, i ritardatari cronici sono stati ridotti dell’8,6%; il 5% degli studenti ha migliorato il rendimento.Risultati positivi anche nelle primarie. Per Massimo Bray, direttore generale di Treccani, di fronte alle “rivoluzioni culturali e antropologiche della storia dell’umanità” la società italiana deve “adeguare rapidamente il proprio sistema formativo”, mentre Raffaela Milano, direttrice Programmi Italia-Europa di Save the children, avverte: “La scuola italiana è stata spesso lasciata sola. In un Paese segnato da grandi squilibri territoriali” occorre “un dispositivo nazionale per sostenere le scuole nei contesti più svantaggiati”.