Ildegarda di Bingen: mistica, maestra di medicina e fitoterapia nel suo tempo e “ispiratrice per la chiesa di oggi”

 

Nel saggio “Ildegarda di Bingen. Maestra di sapienza nel suo tempo e oggi” (Gabrielli Editori 2017, Collana “Le vie della Sapienza”, pp. 175, 15 euro) di Michela Pereira, docente Ordinaria di Storia della filosofia medievale all’Università di Siena tra le massime esperte a livello internazionale sulla figura di Ildegarda di Bingen (Bermersheim vor der Höhe, 1098 – Bingen am Rhein, 17 settembre 1179), riversa quarant’anni di frequentazione delle opere della mistica renana. Michela Pereira in queste pagine presenta il pensiero e le opere di Ildegarda, scrittrice, drammaturga, poetessa, musicista e compositrice, filosofa, linguista, cosmologa, guaritrice, naturalista, consigliera politica e profetessa. L’autrice descrive la chiamata, la missione, la cultura sapienziale, la visione cosmica e la cura del corpo umano e l’eredità di questa figura emblematica della forza femminile, «badessa del mondo».

«Ildegarda è stata magistra nel suo tempo e lo è anche per noi: maestra di un sapere sapienziale e integrato, dove tutti gli ordini della gerarchia umana e angelica riempiono l’universo, salvaguardando la trascendenza ma anche permettendo il contatto con essa attraverso una scala di mediazioni necessarie».

Un altro aspetto che fa del presente testo una vera e propria novità è la traduzione, per la prima volta in italiano, di alcune delle lettere più significative inviate da Ildegarda a suoi grandi contemporanei, come Bernardo da Chiaravalle, o a monache e monaci che a lei si rivolgevano come guida spirituale. Documenti che ancor più mettono in risalto l’autorità riconosciuta a Ildegarda, santa ieri come oggi. «La magistra delle novizie di Disibodenberg, la fondatrice e badessa di Rupertsberg e di Eibingen, ha saputo riconoscere la trascendenza nell’esperienza femminile, rintracciando qualcosa di fondamentale che le culture patriarcali hanno soffocato e finito con l’ignorare che cioè esiste un aspetto femminile del principio divino, il quale si esprime nel creato, manifestandosi nella bellezza luminosa della materia vivificata dallo spirito, che in essa si cela e attraverso essa si lascia intravedere» chiarisce Michela Pereira, nata a Pistoia e impegnata nel movimento delle donne fin dagli anni Settanta, da noi intervistata.

Da un po’ di tempo Hildegarde von Bingen è diventata una sorta d’icona spirituale e commerciale dei nostri tempi, «quasi un’icona pop». Infatti, intorno alla sua persona sono spuntati manuali di naturopatia, saggi, traduzioni di lettere inedite, ricettari, addirittura un libro giallo. Per quale motivo piace tanto questa “Maestra di sapienza” medievale, agli uomini e alle donne del Terzo Millennio?

«Penso che gli individui vengano attratti principalmente dall’aspetto integrato della personalità di Ildegarda, la quale è stata una grande pensatrice del Medioevo di ordine spirituale. A partire dalle visioni cioè da una conoscenza intuitiva nutrita dai saperi biblici, sapienziali e medici del suo tempo, la religiosa sviluppa una visione del mondo, della sua epoca, che riesce a tenere insieme gli aspetti più tradizionali del cristianesimo, del monachesimo benedettino di cui fa parte. Parallelamente Ildegarda ha un’apertura ai saperi “nuovi”, filosofici e scientifici del tempo, che riesce a integrare in questa sua visione sapienziale. Possiede un altro elemento che affascina gli individui di oggi che è la valorizzazione dell’integrità dell’essere umano. La badessa di Bingen scrive anche musiche bellissime che hanno un nuovo fascino rispetto alle musiche gregoriane perché sono musiche più libere nelle melodie e interessanti alle orecchie musicali di oggi. Ildegarda piace a chi fa musica».

La nobile Ildegarda, nata da una famiglia della piccola aristocrazia, ultima di dieci fratelli, nell’Assia-Renana vicino ad Alzey nel 2012 è stata dichiarata dottore della Chiesa da Papa Benedetto XVI. Ratzinger ha intuito l’attualità della figura della badessa di Bingen?

«Benedetto XVI ha portato a compimento un processo che in Germania vi era da tempo in parallelo con una risorgenza di Ildegarda a partire dalla cultura delle donne. Del resto negli anni Settanta il primo gruppo cattolico tedesco che aveva sollevato la questione di portare a compimento la canonizzazione di Ildegarda era una lega di teologhe. Negli stessi anni negli Stati Uniti Ildegarda diventa oggetto di una serie di dissertazioni accademiche da parte di intellettuali donne. Da lì la badessa di Bingen ha guadagnato rapidamente fama, diventando come l’esempio di una grande figura di donna che non era stata mortificata dal suo tempo. Un esemplare positivo della forza femminile. La proclamazione a dottore della Chiesa è un riconoscimento che la pone all’attenzione come un’ispiratrice. Dottore della Chiesa significa che Ildegarda ha “degli insegnamenti da insegnare” alla Chiesa di oggi. Nell’apertura di Papa Francesco alle istanze di una teologia della creazione leggo dietro un’ispirazione di cui Ildegarda fa parte, il cui “pensiero ildegardiano” converge. Vedo Ildegarda anche come un’ispiratrice di un ulteriore sviluppo di temi teologici della contemporaneità a partire dalle sue istanze più attuali, senza tempo. C’è molto di più nel pensiero di Ildegarda, che va oltre il pensiero medievale. Vedere valorizzato questo pensiero anticipatore di Ildegarda nel cattolicesimo contemporaneo mi sembra fondamentale».

È vero che le visioni di Ildegarda, iniziate in tenera età, hanno contrassegnato tutta la sua esistenza?

«Ildegarda parla della “visione”, che è un modo di conoscenza, che le si manifesta attraverso l’intuizione di immagini, di colori, di forme in movimento e di musiche. La “visione” è uno stimolo a guardare con gli occhi interiori quello che la sua intuizione le presenta. Ildegarda scrive nel Prologo del “Liber Vitae Meritorum” (Libro dei meriti della vita) che ottiene anche la sua musica, anche le sue conoscenze mediche nella visione, perché lei applica questo modo di guardare attraverso la vista interiore a tutte le realtà che si trova di fronte. Nei libri profetici e nell’epistolario Ildegarda descrive queste visioni con grandi dettagli e grande dovizia di immagini. Negli scritti naturalistici, esegetici e nelle omelie non c’è il ricorso alla “visione”. La “visione” è ciò che nutre tutti i contenuti del pensiero, del sapere sapienziale di origine trascendente e della scrittura di Ildegarda».

Nel 2002, ha curato con Marta Cristiani, la prima traduzione italiana integrale del “Liber Divinorum Operum” (Libro delle opere divine) di Ildegarda per i Meridiani Classici della Spiritualità di Mondadori. L’opera è rivelatrice della personalità di Ildegarda?

«Sì, perché il testo è la “summa” di tutto il pensiero della badessa di Bingen. Il “Liber divinorum operum” è l’ultima delle opere visionarie di Ildegarda, scritto quando la mistica renana ha circa ottant’anni. In queste pagine Ildegarda riprende i temi analizzati nello “Sci vias” (Conosci le vie), integrandoli con i temi naturalistici e con tutto quello che era stato lo sviluppo del suo pensiero e della sua esperienza.  A motivo di ciò ritengo il “Liber Divinorum Operum” il capolavoro a livello di scrittura e la summa a livello di temi dottrinali di Ildegarda di Bingen».

Ultimamente Ildegarda è assurta al ruolo di “dottoressa” ante litteram, nutrizionista esperta in medicina allopatica, fitoterapia e psicosomatica. Va di moda il “digiuno ildegardiano”, dolce e detox. Ce ne vuole parlare?

«I suggerimenti naturalistici e medici di Ildegarda interessano a chi va cercando nelle tradizioni del passato modalità alternative di cura. Forse questa è la cosa che ha più allargato la fama di Ildegarda, ma la più difficile da gestire, perché non è che si possa riprendere la medicina medievale “tout court”. Però l’ispirazione di Ildegarda, quella di considerare l’armonia fra anima e corpo e la possibilità di trovare nel mondo creato rimedi che aiutino a ricostituire la salute per mantenere quell’armonia e dare agli esseri umani una forma di stato di ritorno allo stato originario, era ed è un’ispirazione interessante. Soprattutto in un tempo come quello che stiamo vivendo che ha perso tutti i punti fermi».