La vita di coppia come un ring di pugilato: al Teatro Sociale arriva “Play Strindberg”

Un rapporto di coppia è a volte, in senso metaforico, vicino a un incontro di pugilato. Ha le sue regole, le sue pause, è fatto anche di tattica, strategia, schermaglie, affondi. Si appoggia a questo particolare aspetto di una relazione e la mette in scena “Play Strindberg”, lo spettacolo in scena a Bergamo al Teatro sociale nell’ambito della Stagione di Prosa da lunedì 18 a mercoledì 20 dicembre (ore 21). Il testo è di Friedrich Durrenmatt ed è una riscrittura di “Danza di morte” di Strindberg. La regia è di Franco Però, in scena ci sono attori di spessore: Maria Paiato, Franco Castellano e il bergamasco Maurizio Donadoni. Proprio a lui abbiamo chiesto di illustrarci i punti di forza di questa “pièce”. “Durrenmatt – racconta – ha scritto questo copione nel 1969, e lo ha asciugato moltissimo, l’ha reso più teso, più secco. La sua è davvero una bella operazione di riscrittura dell’originale. Lascia molta libertà di interpretazione e una grande possibilità di giocare agli attori, come dice il titolo “Play Strindberg””.
Il titolo dell’originale di Strindberg “Danza di morte” evoca atmosfere drammatiche e tragiche, ma non è questo il tono della rappresentazione: “Al contrario – aggiunge Donadoni – è uno spettacolo molto divertente e moderno, e da quando Durrenmatt l’ha scritto sono trascorsi cinquant’anni: una distanza che ci ha dato ancora più agio nel mettere un’impronta personale, nostra, adeguata alla sensibilità contemporanea, nella regia e nell’interpretazione”.
La storia è ambientata in un vero e proprio ring di pugilato, riprodotto sul palcoscenico: “Sullo sfondo c’è, naturalmente, il salotto borghese con il divano, le sedie, la poltrona, il pianoforte, il tavolo da gioco, l’attaccapanni, ma tutt’intorno, con un effetto straniante, ci sono le corde del ring e il gong che scandisce le dodici riprese in cui l’incontro è articolato”. Il personaggio che Donadoni interpreta, Kurt, è l’arbitro tra i due contendenti: “E’ come se marito e moglie fossero i pesi massimi, mentre Kurt fa da moderatore. È il cugino della moglie, torna dall’America per il venticinquesimo anniversario della coppia e si trova ad assistere a questi dodici round”. Tutto quello che i coniugi hanno dovuto sopportare l’uno dell’altro viene fuori: “C’è sicuramente in questo anche un aspetto aspro, difficile, ma sempre espresso in modo comico e divertente. Un tempo Strindberg non avrebbe potuto farlo, sul matrimonio ai suoi tempi non si poteva scherzare, era il cardine della società borghese. Durrenmatt invece può permetterselo, e così trasforma una tragicommedia amara in una specie di spettacolo circense, quasi una sequenza di sketch molto raffinati e godibile, come un vaudeville, ci saranno 85, 90 risate all’interno dello spettacolo”. Non è difficile seguire lo sviluppo della storia: “Non serve il programma di sala per poter seguire e la gente dopo ogni replica se ne va contenta: è un modo per sorridere delle proprie frustrazioni quotidiane, delle proprie prigioni. E’ uno spettacolo brechtiano corretto all’italiana e il segreto del suo successo è che non ci prendiamo mai troppo sul serio”.