Il Natale. Troppa poesia e poca profezia

Pieter Brueghel, il censimento di Betlemme

Il Battista che incontriamo in queste domeniche di avvento non è un tipo facile. Anzi. Mi fa nascere una domanda. Non hai l’impressione che il nostro modo di parlare del Vangelo sia un po’ troppo mieloso? Anche a Natale: si parla del Bambino e della poesia di quel Bambino… Ma scorre sangue attorno alla grotta: Erode ammazza i neonati di Betlemme. Non ti sembra che sarebbe opportuno fare un po’ meno carezze e lasciar partire, quando necessario, qualche sberlone? Beppe

Non credo proprio che gli sberloni siano il linguaggio più appropriato per esprimere la “serietà” del messaggio cristiano, caro Beppe, anche se condivido quanto affermi a proposito del Natale. Le tue domande, però, diventano “provocazione” per tutti noi.

Le molte differenze fra il Battista e Gesù

Innanzitutto non meravigliamoci delle marcate e contrastanti differenze tra il Precursore e il Messia! Dinanzi alla persona di Gesù e al suo ministero così diverso da ciò che aveva annunciato, anche Giovanni Battista attraversa un tempo di crisi. Perciò, dal carcere, invia a Gesù alcuni suoi discepoli per chiedere: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?”. La risposta del Maestro è un invito a guardare le opere da Lui compiute per riconoscervi la presenza di Dio: “Andate e riferite a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi riacquistano la vista, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono purificati, i sordi odono, i morti risuscitano, ai poveri è annunciato il Vangelo” (cfr. Mt 11,2-5). Attraversato il dubbio, il precursore scompare quasi in punta di piedi, affrontando il martirio, certo che ormai la Luce è entrata nel mondo, la Parola nella storia, lo Sposo nella stanza nuziale e la buona notizia, che è Gesù, inizia a risuonare ovunque, quale rivelazione piena di Dio, attesa dai patriarchi e annunciata dai profeti, anno di grazia e di misericordia offerto a tutti, mano tesa ai peccatori, ai poveri, agli emarginati. I cieli, finalmente, sono riaperti e l’umanità può ricominciare a sognare e a sperare.

La sconvolgente novità del Natale

Dopo duemila anni dall’evento, paradossalmente, il rischio di rimanere ostinatamente ancorati al Battista è reale per tutti noi! Il nostro cuore trova resistenza ad accogliere la novità del Natale, anche se la desidera profondamente. Ci infastidisce, infatti, l’idea che Dio sia forte nella debolezza, non gridi, né alzi il tono della voce per far valere i propri diritti, non faccia udire in piazza la sua voce, né tanto meno spezzi una canna incrinata e spenga uno stoppino dalla fiamma smorta (Isaia 42,2-3). Forse il grido del Battista «Razza di vipere! Chi vi ha suggerito di sottrarvi all’ira imminente?” (Mt. 3,7) verso coloro che non sanno stare al nostro passo, non digiunano, non osservano i precetti della Chiesa e cose del genere o non vivono il Natale come “Dio comanda”, ci entusiasma maggiormente.

Il Natale e la Croce

Ci commuoviamo davanti al presepe, al suono delle pastorali natalizie, ma, comprendiamo poco la profondità di questo evento che, forse, nella sua essenza, non ha niente a che vedere con questa atmosfera surreale. Il mistero dell’Incarnazione non ha nulla di “poetico”, sebbene la poesia e l’arte siano il linguaggio più consono per esprimerne il contenuto e la sua risonanza nella nostra vita. Il Bambino deposto nella mangiatoia, è segno “scandaloso” al pari della croce: esso rovescia le nostre aspettative, ribaltando le logiche del mondo.

Con l’Incarnazione, infatti, Dio compie il primo passo verso il totale svuotamento:

Cristo Gesù, pur essendo in forma di Dio, non considerò l’essere uguale a Dio qualcosa a cui aggrapparsi gelosamente, ma svuotò se stesso, prendendo forma di servo, divenendo simile agli uomini; trovato esteriormente come un uomo, umiliò se stesso, facendosi ubbidiente fino alla morte, e alla morte di croce. Perciò Dio lo ha sovranamente innalzato e gli ha dato il nome che è al di sopra di ogni nome, affinché nel nome di Gesù si pieghi ogni ginocchio nei cieli, sulla terra, e sotto terra, e ogni lingua confessi che Gesù Cristo è il Signore, alla gloria di Dio Padre” (Fil 2).

Facendosi uno di noi, Dio si mette in cammino per raggiungere qualsiasi condizione di bassezza e di degrado umano, per risollevarlo e innalzarlo alla dignità del cielo. Dal momento in cui il Verbo prende carne nel grembo di Maria nessuna persona può, perciò, dubitare di essere amata, cercata e trovata dal suo Creatore e Padre.

Lasciamoci trovare da quel bimbo indifeso che si offre a noi come nostra ricchezza a sufficienza! Egli desidera solo regalarci l’amore disinteressato del Padre.

Guardiamo, con attenzione e affetto, I’umiltà di Dio, ed apriamo davanti a lui i nostri cuori; umiliamoci anche noi, perché siamo da lui esaltati. Nulla, dunque, di noi tratteniamo per noi, affinché totalmente ci accolga colui che totalmente a noi si offre” (cfr. san Francesco d’Assisi).

Buon Natale!