Hugo, la storia di un prete testimone di speranza tra i narcotrafficanti in Messico

È appena uscito in libreria «Hugo» di Hugo Hernandez e monsignor Luigi Ginami (Velar-Marna). Racconta la storia coinvolgente e “forte” di un sacerdote torturato in Messico, e affronta con lucidità e concretezza il problema della violenza dovuta ai Narcos. I proventi della vendita del volume andranno a sostenere progetti di solidarietà in Messico. Riportiamo qui l’introduzione, a cura del direttore di Avvenire Marco Tarquinio, e il booktrailer.

Le parole che state per leggere in questo piccolo e denso libro sono carezza e pietra, luce e schiaffo, fuoco che distrugge e fuoco che accende. Ma anche le più dure e sconvolgenti sono parole benedette. Perché sono esattamente queste, e cioè parole con l’anima, quelle che meglio di tutte conoscono e sanno dire i due sacerdoti che hanno scritto le pagine di “Hugo”. Il primo è Hugo Hernández, che per decisione dell’altro Autore firma e al tempo stesso intitola questo volumetto di cui lui stesso è l’ispiratore. Il secondo è Luigi Ginami, che è l’organizzatore del vortice di bene generato dalla Fondazione Santina da cui emergono anche gli instant book della serie #VoltiDiSperanza.
Sono parole benedette quelle che state per leggere perché contengono e custodiscono innanzi tutto nomi di persone in carne e ossa, uomini e donne semplici, cristiani forse non sempre e non tutti esemplari agli occhi dei sentenziosi, ma tutti e sempre arrivati, pur in diversi modi, a vivere il martirio dei piccoli e dei giusti anche quando la loro vita non è stata fisicamente spezzata e il cammino dell’esistenza e della fede continua, e continua ancora, tra immeritate angustie, terribili difficoltà e fedeli ricominciamenti. Parole benedette perché accompagnano e danno profondità a nomi e volti che sono, specialmente, di umili e indimenticabili donne: Ines, Mauricia, Simona, Marta, Carina, Aida, Floriberta, Irene, Veronica… E perché accanto a loro ci sono quelli di uomini come Hector che ha convertito non solo la propria vita, ma anche quella di un padre assassino (ricordatevelo: potrebbe tornare presto a parlarci dalla copertina di un altro libro), o come il piccolo Ernesto, reso orfano due volte, o come l’onesto e mite Carlos ucciso per non aver potuto pagare un terzo “pizzo” mensile sui suoi magri guadagni…
Ma – credetemi – queste parole sono davvero benedizioni. Perché tengono vive e rendono udibili voci che i malvagi (delinquenti fuori legge e criminali che tengono in pugno la legge…) vorrebbero più che flebili e irrimediabilmente spezzate. Voci, al contrario, che restano nella memoria come quelle di testimoni credibili e tenaci e di vittime innocenti, figli e figlie degli “altri Stati Uniti” del Nuovo Mondo, gli Estados Unidos Mexicanos. Voci del popolo che abita e vorrebbe cambiare una terra squassata da una guerra non dichiarata ma ferocissima, che si combatte tra potenti e prepotenti sulla pelle dei pacifici e degli inermi, e soprattutto dei poveri.
Bisogna essere grati a chi – don Luigi e padre Hugo – ci consegna le parole e le voci che alle parole danno più valore, e non lo fa come in una svogliata predica di maniera, ma come in una dichiarazione d’amore per i fratelli uccisi, feriti e perseguitati e dichiarazione d’amore per Dio. Il nostro Dio che in quei volti e attraverso quelle voci parla e ci chiede giustizia. Il nostro Dio che si è fatto bambino e uomo tra i piccoli e i poveri, che è stato crocifisso, è morto ed è risorto e che ha cambiato per sempre la storia. Ogni storia anche quelle nelle quali sembra esserci soltanto sofferenza e buio. Troppe storie nel Messico di oggi, come spiega con la consueta efficacia la mia ottima collega di Avvenire Lucia Capuzzi nel rapido e acuminato saggio che segue questa piccola pagina introduttiva, sono purtroppo così. E questo piaga e insanguina la storia comune. Ma ai cristiani e a tutti gli uomini e le donne di buona volontà non sono consentite indifferenza, resa, disperanza.
La luce deve ricominciare proprio quando la notte è più nera. Questo è un libro dove c’è anche, tenace, il seme dell’alba. Che è già stato piantato, e non una volta sola, ma va coltivato e in nessun modo va dimenticato e abbandonato. A ognuno, ovunque viva e agisca, spetta la propria parte di onesto lavoro, di fiduciosa preghiera, di umana solidarietà, di benedetto e risoluto impegno civile.