Il ritorno della neve e i capitomboli degli sciatori: anche sulle piste la prima regola è la solidarietà

La neve caduta generosamente in questa prima parte di inverno ha reso meravigliose le vacanze natalizie per gli appassionati di sci. Tutti hanno detto almeno una volta in questi giorni: “Una neve così non la vedevamo da anni”. Bello, bellissimo, imperdibile: boschi resi fiabeschi dai pini imbiancati e baite rese più suggestive dai tetti appesantiti da centimetri di neve. In un attimo sono state messe nel dimenticatoio le strisce bianche di neve artificiale su contorno verde che coloravano i desolanti comprensori sciistici gli anni scorsi.
Gli sciatori più navigati tuttavia sanno che più neve cade, più diventa complicato per gli addetti ai lavori “tirare” le piste a lucido, mettendo a disposizione degli stessi sciatori un manto nevoso liscio, senza tranelli, senza dossi, cunette o lastre improvvise di ghiaccio. E quest’anno, in un’atmosfera che appunto non si vedeva da anni, sono tornate anche le cadute sugli sci “epocali”. Per cadute epocali il popolo dello sci intende quelle che, una volta che nessuno si è fatto male, diventano comiche. Capriole, capitomboli, inciampi, scivolate che imbiancano completamente lo sfortunato di turno, il quale si rialza dovendosi liberare di una quantità spropositata di neve addosso. Simpatici soprattutto gli sciatori con la barba lunga che in un attimo si congela. Questi episodi non si vedevano da tempo perché negli ultimi anni si è stati abituati a sciare su neve artificiale e dunque su piste più lineari. Il manto magari era molto compatto, duro, anche ghiacciato, ma tutti sapevano a cosa andavano incontro e si vedevano poche cadute, anche grazie a materiali sempre più all’avanguardia. Quest’anno invece la neve fresca ha giocato brutti (ma simpatici) scherzi ricordandoci anche quanto sugli sci – come in tutte le attività di montagna del resto – la prima regola sia: solidarietà verso gli altri.
Tutti, nel momento in cui vedono qualcuno davanti a loro cadere, scendono con cautela e si accertano che tutto sia sotto controllo. Tutti raccolgono sci o racchette di altri “colleghi” rimaste a monte o scivolate a valle durante una caduta. È capitato anche a me quest’anno: l’entusiasmo di una sciata storica mi ha portato a premere un po’ troppo sull’acceleratore e l’incontro con un cumulo di neve beffardo mi ha catapultato in avanti. Faccia piatta sulla neve e una leggera botta al collo che al momento mi ha spaventato. Ma non appena mi sono rialzato ho visto una sciatrice che aveva assistito alla caduta, che sorrideva per il modo in cui ero caduto e nel vedermi completamente coperto di neve. Mi ha tranquillizzato, mi ha detto che aveva visto tutto e che secondo lei ero caduto “bene”, senza rischi o traumi particolari. Uno sciatore al suo fianco, addirittura, mi ha fatto i complimenti per come stavo sciando (quanto ho sentito lontana e dissonante l’invidia che circola purtroppo nella vita di tutti i giorni!).
Sono gesti spontanei, che si sommano a quelli che nei rifugi segnalano ad altri che hanno perso un guanto, dimenticato il casco, gli occhiali e tutta l’ingombrante attrezzatura dello sciatore. Roba che appartiene solo ed esclusivamente alla montagna e a chi la montagna la vive. A proposito di rifugi c’è una situazione emblematica: tutti, senza alcun problema o preoccupazione, abbandonano sci e racchette all’esterno del rifugio dentro al quale decidono di pranzare o concedersi un break. Lo fa chiunque ben sapendo che nessuno, ma proprio nessuno, si permetterebbe di rubare un paio di sci o di racchette. In città stiamo attenti a dove parcheggiamo l’auto, la moto o la bicicletta consapevoli che i balordi sono sempre in agguato, in montagna non si prende nemmeno in considerazione questa ipotesi. Straordinario, perché unico.
Il popolo degli sciatori, un po’ come quello dei ciclisti, è costituito da individui che quando indossano tuta, sci e scarponi sono consapevoli di essere uguali a tutti gli altri. Sulla seggiovia si è soliti scambiare qualche battuta con perfetti sconosciuti sin dall’inizio e, una volta in cima, non sono pochi quelli che hanno già deciso di passare la giornata insieme. E poi c’è quel meraviglioso darsi da subito del “tu”, qualunque siano gli interlocutori. Un modo per sentirsi sullo stesso piano, parte di un unico progetto, protagonisti di una dimensione comune che non fa differenze. Solidarietà per chi è in difficoltà, amicizia o compagnia spontanea senza alcun interesse, rispetto per il prossimo e anche per l’ambiente. Sono davvero rarissimi ormai i casi di chi getta cartacce sulla neve, di chi abbandona rifiuti sul morbido manto bianco. I casi di un inverno così generoso di neve sono diventati così rari che, forse, l’uomo si sta accorgendo di quanto sia doveroso goderseli fino in fondo e non rovinare nemmeno un dettaglio di un paesaggio così straordinario.