Che cosa faremo da grandi? Sulla Soglia con la Fuci per scoprire insidie e opportunità del mondo del lavoro

Gennaio è il mese della ri-partenza, dopo il frastuono delle feste tutto riparte iniziando dal lavoro e dall’Università, per questo il 12 Gennaio il nostro prossimo incontro “Sulla Soglia – Scritture e Risonanze” avrà come tema: “Giovani tra Formazione e Lavoro”.

Nella riflessione su questo abbinamento che sembra un ossimoro analizzando i tempi moderni, ci aiuteranno il Prof. Tommaso Minola, docente di economia del cambiamento tecnologico della nostra Università e Don Davide Rota, direttore del Patronato San Vincenzo, dalle 18 nella Chiesa di Sant’Andrea in Città Alta.

Pensando a questo tema ci scontriamo con tutte le dimensioni del nostro tempo, il passato nella misura in cui riflettiamo su come il mondo del lavoro e della formazione siano cambiati nel corso degli anni, passando dalla licenza elementare come titolo minimo ad una realtà dove spesso nemmeno il master dei master sembra bastare.

Il presente, perché parole come: disoccupazione giovanile, agenzia di collocamento, curriculum, siano entrate nel nostro vocabolario.

Il futuro, da giovani ci chiediamo chi saremo da grandi, se in Italia ci sarà ancora una possibilità per noi, se potremo realizzare il sogno di avere una nostra casa e una famiglia con cui riempirla ma soprattutto se tutto ciò che ci ha appassionato durante gli studi un giorno ci servirà.

Potrebbe sembrare che lavoro e formazione non possano coincidere, ma i tempi sono cambiati e nelle università sono sempre più presenti studenti lavoratori, che per motivi diversi si trovano a dover conciliare le due cose.

Uno di questi studenti è Enrico, un nostro Fucino che frequenta per il secondo anno la facoltà di Lingue e letterature straniere, indirizzo linguistico- letterario e quando non frequenta le lezioni lavora presso una ditta di verniciatura e sabbiatura di guarnizioni qui nel suo paese e che ha deciso di raccontarci la sua esperienza.

«Ho iniziato a lavorare circa un anno fa, semplicemente per contribuire ai costi degli studi e per ritagliarmi un piccolo spazio di indipendenza finanziaria dalla mia famiglia. Quando si lavora e si studia, la prima variante su cui bisogna riporre attenzione è il tempo, ed è necessario determinare una tabella di marcia. È importante innanzitutto non trascurare lo studio e la frequenza delle lezioni. Per quanto riguarda questo punto ho un orario di lavoro flessibile, basato più sul portare a termine uno specifico lotto piuttosto che sulle 4 ore canoniche di part-time. Determinare una suddivisione del tempo mi ha aiutato a dare valore al tempo che dedico allo studio, e in quali parti della giornata inserirlo, conoscendo meglio i ritmi che riesco a sostenere. La seconda variante molto importante sono le relazioni, che sono necessariamente diverse da quelle che si vivono in Università. In ditta collabori con colleghi giovani ed adulti, con alle spalle magari molti anni di lavoro e quindi con una forma mentis diversa dal compagno di Università.

Non per forza di cose i rapporti sono più distaccati, anzi! Non essendo una ditta grande e lavorando spalla a spalla i colleghi si conoscono facilmente, e mantenere delle buone relazioni è veramente importante perché alleggerisce non di poco la monotonia che può stancare benissimo dopo 4-6-8 ore dello stesso lavoro, ed aiuta a collaborare meglio per risolvere i problemi che si presentano inevitabilmente.

Mi colpisce sempre come un lavoro manuale e pratico – nella fattispecie verniciatura base per lo stampaggio della gomma sulle guarnizioni-  come quello che svolgo in ditta, mi renda consapevole e più soddisfatto dello studio universitario. Questo non per ricadere nel luogo comune del “se potessi tornare indietro studierei tutta la vita” e nemmeno voglio dire che sia un lavoro troppo stancante, ma in quanto mi faccia apprezzare anche lo sforzo di stare ore sui libri e viaggiare con la mente.

Ascoltando le parole di alcuni miei amici, la realtà lavorativa attuale per i giovani non è per niente idilliaca tra stage sottopagati e contratti di 3 mesi non rinnovati e di certo il gioco del dare la colpa altrui non aiuta, non costruisce, anche se sono ragionamenti pienamente legittimi. Credo che nel mio piccolo, magari ingenuamente, quello che posso fare è semplicemente svolgere bene il mio lavoro. Può sembrare banale e semplicistico, ma se ci si comporta bene con i colleghi e si pone attenzione in quello che si fa, si influisce con delle piccole conseguenze sull’ambiente dove si lavora e si innescano dei dinamismi, magari piccoli, ma positivi che influiscono sul famigerato e complesso “MONDO DEL LAVORO”.  Per concludere penso che lavorare e studiare nello stesso tempo, come fanno in tantissimi, sia un’esperienza qualificante, nel senso che scopri qualità di te stesso aprendo porte che solo lo studio, forse, non avrebbe aperto. E aprendo queste porte ti accorgi che la realtà è molto complessa, dinamica, viva ed umana.”