I preti della Resistenza a Bergamo: durante l’occupazione nazista furono accanto ai più deboli

Preti sociali da sempre accanto al popolo e ai suoi bisogni. Poi, durante fascismo, guerra e Resistenza, nascono i preti partigiani e resistenziali. Durante il ventennio fascista, la Chiesa bergamasca cercò di evitare lo scontro frontale, ma parallelamente catalizzò tutte le energie per contrastare la concezione totalizzante del regime. Nei suoi studi quando era docente di Storia ecclesiastica, monsignor Roberto Amadei affermò che la Chiesa di Bergamo era riuscita a raggiungere egregiamente questi obiettivi. Questa tesi è ulteriormente avvalorata dai contenuti del volume che già dal titolo dice tutto: «“Ho fatto il prete”. Il clero di Bergamo durante l’occupazione tedesca (settembre 1943-aprile 1945», promosso da Diocesi di Bergamo, Anpi provinciale e Centro Studi Valle Imagna, editore del volume (500 pagine). Frutto di due anni di ricerche meticolose, è stato scritto da Barbara Curtarelli, ricercatrice storica bergamasca, che ha portato alla luce tante microstorie dei preti oppositori che hanno rischiato la propria vita, salvato persone dalla fucilazione, aiutato o mediato. Il volume viene presentato giovedì 25 gennaio alle 18 nello Spazio Viterbi della Provincia di Bergamo in via Tasso, 8. Intengono, oltre all’autrice: monsignor Goffredo Zanchi, docente di Storia ecclesiastica in Seminario e alla Facoltà teologica di Milano; Mauro Magistrati, presidente Anpi provinciale; Matteo Rossi, presidente della Provincia (moderatore Antonio Carminati, direttore del Centro Studi Valle Imagna).

L’autrice ha indagato su numerosi preti, ma anche religiose, di cui ha trovato documentazione in archivi o in altre pubblicazioni, ma il loro numero è più elevato. Il volume riporta anche una frase assai significativa di monsignor Agostino Vismara, presidente dell’Opera Bonomelli: «Chi vive in continua comunione col popolo non può estraniarsi nei momenti di maggiore pericolo e proprio quando sono in gioco i presupposti di ogni possibile vita civile: il pane e la libertà. La resistenza quindi contro l’ingiusta ed inumana esperienza fascista trovò all’opposizione più ostinata tutta la parte più sana del popolo e il clero che vive continuamente in mezzo al popolo».

Nel volume emerge che opposizione del clero e la partecipazione alla Resistenza hanno radici lontane. «Possiamo affermare che i sacerdoti sociali dei decenni precedenti sono diventati preti partigiani — sottolinea monsignor Goffredo Zanchi —. Il clero bergamasco era molto vicino al popolo perché in maggioranza proveniva dal mondo rurale, con la capacità di comprenderne cultura, ansie, attese, paure. Proprio per questo nella quasi totalità il clero bergamasco manifestò, più o meno apertamente, la propria ostilità verso il regime. È stato monsignor Roberto Amadei ad aprire le ricerche storiche su questo periodo, che nel tempo si sono arricchite di altri preziosi contributi». Due i motivi principali su cui si fondava l’opposizione. «Innanzitutto per motivi religiosi e morali, per esempio la lotta contro l’Azione cattolica, le leggi razziali e la pessima condotta religioso-morale di molti fascisti. Poi per motivi di credo politico, soprattutto nei preti che avevano accolto il Partito Popolare di don Sturzo. Le indagini recenti dicono che il numero di questi ultimi sia assai più elevato di quanto si pensasse. Per cui — conclude monsignor Zanchi — come dice il titolo del volume, essere prete era anche condividere gli ideali di libertà del popolo, anche se questa condivisione non aveva sempre una motivazione politica. Il risultato fu che il già saldo legame clero-popolo divenne ancora più forte. E i preti apertamente fascisti furono una piccola minoranza».