«Dialoghi intorno a Charlotte Delbo» a Cologno al Serio: da Parigi ad Auschwitz la lotta per la libertà

«Una voce della deportazione, più in generale, direi, una voce del Novecento»  così Elisabetta Ruffini, direttrice di Isrec di Bergamo parla dell’autrice francese Charlotte Delbo.

L’iniziativa «Dialoghi intorno a Charlotte Delbo», avvenuta nei giorni scorsi per la Giornata della Memoria, è stata promossa dall’Assessorato alla Cultura e dalla Commissione Biblioteca di Cologno al Serio in collaborazione con l’Isrec di Bergamo. Durante la serata, sono intervenuti Elisabetta Ruffini, direttrice di Isrec di Bergamo nonché traduttrice delle opere di Delbo e Yazid Lackouache, attore e insegnante di francese presso l’Università ELTE di Budapest e l’Università di Vienna, che ha letto alcuni brani in lingua originale.

Charlotte Delbo nasce a Vigneux-sur-Seine, nei pressi di Parigi il 10 agosto 1913 da una famiglia di emigranti italiani: il padre Charles è un operaio specializzato nei cantieri di Gustav Eiffel e la madre Erminia Morero, giovane italiana arrivata da qualche anno in Francia dopo aver lasciato il suo paese natale, Torre Pellice in Piemonte.
All’inizio degli anni Trenta, Delbo lavora come steno-dattilografa a Parigi quando incontra il giovane dottorato Henri Lefebvre entrando nel movimento Les philosphes. Insieme a Pierre Morhange, Paul Nizan e George Politzer, Charlotte studia Einstein, Freud, Hegel, Marx e Lenin avvicinandosi al partito comunista. Nel 1934 Delbo s’iscrive alla Jeunesse comuniste e frequenta l’Università Operaia cui insegnanti sono proprio Jacques Politzer e Henri Lefebvre. Qui incontra anche George Dudach, suo futuro marito. Quest’ultimo è un ventenne intelligente e determinato; nel 1935 diventa redattore del periodico l’Avant-garde.
Nel 1936 Charlotte e Georges si sposano e si stabiliscono in un piccolo appartamento nel centro di Parigi. Un anno dopo cominciano ad organizzare la rivista Cahiers de la Jeunesse. Infatti, Charlotte si dedica alla scrittura di critiche teatrali e recensioni letterarie ed è proprio in quei momenti che conosce l’attore e regista Louis Jouvet. Egli, per Charlotte si trasforma presto in un punto di riferimento per la sua formazione, diventa la sua segretaria seguendo anche la compagnia Athénée in tourneé a Buenos Aires nel 1941.
Al suo ritorno a Parigi, insieme a suo marito George viene arrestata il 2 marzo 1942  in un appartamento affittato sotto falso nome a Parigi dove Charlotte aveva il compito di ascoltare Radio Londra e Radio Mosca, stenografare le notizie, trascriverle e battere a macchina per la stampa clandestina. Nello stesso anno, il 23 maggio, dopo aver ricevuto il permesso di salutare la moglie Charlotte, George Dudach viene fucilato a Mont-Valérien.
Successivamente, Charlotte viene registrata dalla Gestapo come «Notte e Nebbia» nella categoria dei prigionieri su cui vige il segreto per cui è stabilita la deportazione in Germania. Poi, Delbo viene trasferita a Romainville dove incontra le altre duecentoventinove compagne con cui partirà per Auschwitz e condividerà l’esperienza di Birkenau. Tra di loro ci sono  esponenti francesi di rilievo come: Marie-Claude Vaillant-Couturier, la figlia del direttore della rivista Lucien Vogel, Francia Rondeaux, la cugina di André Gide, Simone Sampaix, la figlia del direttore del quotidiano L’Humanité , le scienziate Laure Gatat e Madeleine Dechavassine e Vittoria detta “Viva” Daubeuf, figlia del leader socialista italiano e futuro vice primo ministro Pietro Nenni «con la quale Charlotte instaura un’amicizia fortissima fino al 1942 quando Vittoria muore ad Auschwitz» racconta Elisabetta Ruffini.
Nel 1945, mentre la guerra sta volgendo al termine, Charlotte e le altre sopravvissute (solo quarantanove, come scriveva nel testo Le convoi du 24 janvier) del convoglio vengono rilasciate in custodia del capitolo svedese della Croce Rossa Internazionale.
Ristabilita, Charlotte torna in Francia e abbandona il comunismo. Durante gli anni Sessanta, lavora per le Nazioni Unite, per il filosofo Henri Lefebvre e nei primi anni Settanta pubblica la sua opera più importante, la trilogia Auschwitz e Dopo composta da: Nessuno di noi tornerà, Coscienza inutile  e La misura dei nostri giorni.  Inoltre, scrive anche la commedia Qui Rapportera Ces Paroles raccontando la sua esperienza nel campo di prigionia a Birkenau. Muore di cancro ai polmoni nel 1985.

Attualmente, grazie alla figlia Claudine Riera-Collet, il suo ricordo viene portato avanti con «L’association des Amis de Charlotte Delbo» insieme a uomini provenienti dal mondo della cultura, storici e letterati.