La quaresima di una adolescente: il duro e prezioso esercizio delle cose di tutti i giorni

Inizia la quaresima. Ho una figlia di 15 anni. Che cosa mi consigli di proporle come gesti significativi per questa quaresima? Ti faccio notare che mia figlia fatica a pregare e ha smesso di frequentare la chiesa. Giovanna

Cara Giovanna, mi rivolgi una richiesta impegnativa perché non è facile proporre a una giovane qualche gesto quaresimale.  Mi sembra opportuno, prima di pensare a cosa fare, recuperare il significato, il valore di questo tempo che la Chiesa ci offre, come itinerario di ritorno al Signore, di una riscoperta del suo amore per noi.

I gesti dicono una tensione del cuore, un desiderio di tornare a Lui, un cammino in divenire verso una meta che volge all’incontro con il Dio della vita nella Pasqua.

Un quaresima un po’ particolare: gustare le cose di tutti i giorni

Puoi allora proporre qualche spazio di preghiera, dei gesti di solidarietà, un distacco da abitudini o stili di vita che creano dipendenza… Vorrei però suggerire, come impegno quaresimale per  tua figlia, “l’ascesi della quotidianità” , il duro esercizio della quotidianità. È l’invito a riscoprire il significato dei gesti normali, molto umani, che si ripetono meccanicamente, senza più alcun senso o consapevolezza.

Mi chiederai il perché di tale proposta?! Vedi, tutto avviene nel quotidiano, ed esso è svalutato  rispetto al festivo o allo straordinario, dagli adulti e soprattutto dai giovani che tendono a evadere o a cercare alternative alla noia della normalità.  Ciò che sembra familiare non è sempre conosciuto. La vita quotidiana ci avvolge e spesso ci sfugge,  rischiamo di dare tutto per scontato, di banalizzare, di “bruciare”le esperienze senza gustarle, senza sostare su di esse:  per questo il quotidiano richiede attenzione e capacità di riflessione.

La prima forma di preghiera: l’attenzione

Qualcuno afferma che l’attenzione è la prima forma di preghiera. Occorre essere “presenti” nelle  relazioni familiari, negli  ambienti in cui viviamo, nei  gesti che compiamo, negli incontri che spesso sono sciupati o vissuti nel grigiore o nella noia.  Il quotidiano è il luogo nel quale noi viviamo la realtà di ciò che preghiamo, celebriamo. Tutto avviene lì, in ciò che spesso è poco considerato, svalutato rispetto allo straordinario.

I media ci propongono false illusioni di felicità,  stili di vita irreali che rimuovono la fatica del vivere e dello stare nella vita così come si presenta; il vivere  è governato dalla tecnica,  dai  cellulari,  da internet o Ipad.  Essi plasmano il modo di pensare, parlare, vedere la realtà, e ci  restituiscono un’immagine di uomo, di giovane, di abitare la vita.  È urgente  che ci interroghiamo, ci chiediamo che cosa ci ha resi il nostro quotidiano, perché possiamo prendere in mano la nostra esistenza con più consapevolezza, giocando con responsabilità la nostra libertà.

Abitare il proprio spazio, far parlare la realtà

È necessario recuperare il senso delle cose piccole, la consapevolezza di dove si vive, di abitare il proprio spazio, di cosa si fa, di ciò che vale veramente, per scoprire in ciò che è profondamente umano, la presenza del Dio della vita.  Educa tua figlia a lasciare che la realtà parli, a guardare ciò che accade senza timore: la vita è creata da Dio e porta in sé la sua immagine.

C’è una bellezza nelle cose che ormai non sappiamo più vedere presi dal nostro affaccendarci; c’è una cura che ci viene incontro e che noi non sappiamo più cogliere. La ferialità è per il credente lo spazio della fede, lo smascheramento delle piccole o grandi falsità sulla vita, la preparazione alla felicità o ai fallimenti, l’esercizio della pazienza, il tratteggiare dei piccoli passi possibili, delle flebili o appassionate parole d’amore,  degli impegni vissuti con fedeltà, sino a dare per essi la vita, della salvezza o della perdizione.

Non è forse questo l’ambito di conversione, di formazione all’esistenza e alla fede necessario a tutti e in particolare per una giovane che si apre alla vita e pone ad essa domande impegnative?