“Verso la Pasqua 2018. Da credenti nella storia degli uomini”. È il titolo del bel cammino che le ACLI di Bergamo hanno predisposto per la preghiera quaresimale. Innanzitutto mi piace notare il sottotitolo: “da credenti nella storia degli uomini”. È interessante, questa prospettiva: essa mi ricorda che la prima questione è proprio questa, l’essere uomini e donne che credono, non semplicemente religiosi. Il credente è colui che vive la sua vita in riferimento a Dio, cosa ben diversa dal semplice porsi come uomini religiosi, che magari partecipano a molti atti di culto e sono più cattolici del Papa, ma non hanno nella vita secondo il Vangelo il criterio di discernimento della loro esistenza.
Grandi “figure guida”
Anche la struttura del percorso è decisamente valida. Essa prevede che ogni settimana sia “guidata” dalle riflessioni di una figura di fede e di cultura significativa, di ieri e di oggi. Nell’ordine troviamo: Padre Timothy Radcliffe, Don Tonino Bello, Lytta Basset, Martin Buber, Etty Hillesum, Carlo Carretto, Thomas Merton. Per la riflessione domenicale, ad accompagnare il lettore sono le riflessioni, profonde e competenti, di don Giovanni Gusmini, docente di Teologia Dogmatica del nostro Seminario.
Dal mio punto di vista, poi, risulta di estremo interesse la scelta, decisamente coraggiosa, di collocare all’interno del testo anche preghiere appartenenti ad altre tradizioni religiose. Questa scelta, lungi dal configurarsi come un tentativo di sincretismo religioso, mi sembra piuttosto una presa di coscienza del fatto che la preghiera costituisce un elemento costitutivo di ogni religione e che la decisione personale di ciascuno in merito a quale credo professare non può in alcun modo condurre a gesti o parole di rifiuto nei confronti di tradizioni religiose diverse dalla propria.
La preghiera e le altre religioni
In un mondo caratterizzato dal pluralismo religioso e culturale, il dialogo è decisivo; tuttavia, non esiste dialogo senza conoscenza. A titolo personale, ho provato in questi anni a cercare di conoscere qualcosa sulle grandi tradizioni religiose universali: penso a un corso seguito ai tempi della prima teologia in seminario, tenuto dal professor Gaetano Favaro, su induismo e buddhismo, a un piccolo percorso seguito nella formazione vicariale sull’Islam, tenuto da don Massimo Rizzi e a diverso materiale studiato per aggiornamento.
Considero un dono tutte queste acquisizioni: esse mi hanno confermato la profonda saggezza contenuta nelle tradizioni religiose che abitano oggi anche la nostra terra bergamasca. In fondo, credo che con questi tentativi la Chiesa non sia meno “cattolica”. Al contrario, senza rinunciare a testimoniare la fede nel Dio di Gesù Cristo, essa si pone in atteggiamento di apertura e dialogo con i fedeli di altre religioni, così da configurarsi davvero come “universale”, nello spirito del Concilio. Un’universalità non escludente, perché Cristo, dice la nostra fede, è morto e risorto per la salvezza di tutti.