Michelle Hunziker: “I ragazzi di oggi non sono sdraiati. La rete è un trampolino per realizzare sogni”

Foto tratta dal profilo Instagram ufficiale di Michelle Hunziker

“I ragazzi di oggi non sono sdraiati. Sono creativi, sanno fare più cose insieme, grazie alla rete hanno opportunità inimmaginabili in passato. Possono diventare imprenditori di se stessi, realizzare i loro sogni. E dalla confusione che li circonda hanno appreso la lezione più importante: credere nei valori veri e lottare per essi”. Michelle Hunziker non è solo una famosa showgirl, ma una donna e una madre che sperimenta tutti i giorni sulla sua pelle cosa significhi conciliare lavoro e famiglia, e che si impegna in prima linea per lottare contro la discriminazione e la violenza di genere con “Doppia difesa”, la Fondazione a cui ha dato vita con l’avvocato Giulia Bongiorno. Le sue bimbe Sole e Celeste giocano con il papà Tomaso mentre chiacchieriamo. Aurora, la sua figlia maggiore, ha vent’anni: “Stando con lei e con i suoi amici – spiega – mi sono resa conto di quanto siano in gamba i ventenni e trentenni di oggi non sono affatto sdraiati. Il mondo che li circonda è durissimo, ma loro sono molto avanti, hanno un modo di affrontare la vita diverso dal nostro, ho la sensazione che molto più dei quarantenni credano nei valori veri e cerchino di realizzarli”.

Gli inizi della carriera sono stati difficili anche per Michelle: “Quando sono arrivata in Italia ero a tutti gli effetti un’immigrata – ricorda -. Venivo dalla Svizzera, e può sembrare facile, ma ci sono state moltissime complicazioni: i miei studi non venivano riconosciuti. Avevo 16 anni e avevo deciso di fare l’interprete. Mia madre è olandese, mio padre per metà francese e per metà tedesco, conoscevo bene tre lingue, ma dopo aver fatto le code agli sportelli per ottenere il permesso di soggiorno ho comunque dovuto ricominciare il liceo linguistico da capo, con ragazzi molto più giovani di me, e l’impatto è stato traumatico. Mi sono impegnata a imparare bene l’italiano, e poi ho chiesto a mia madre di poter prendere un treno e andare a Milano per cercare la mia strada. Lei ha avuto fiducia in me, e mi ha dato il permesso. All’inizio ho provato a mandare in giro dei curriculum, ma ero troppo giovane, nessuno mi assumeva”. A scuola qualcuno le aveva suggerito di provare a fare la modella: “Non avevo un book fotografico, e nemmeno il fisico adatto, perché allora, negli anni Novanta, le modelle erano tutte altissime e filiformi. Mi sono presentata comunque nelle tre agenzie più famose. Nelle prime due mi hanno guardato male, mi hanno detto che i miei polpacci muscolosi formati girando con la mountain bike sulle montagne svizzere non erano appropriati. Arrivata alla terza agenzia, quella di Riccardo Gay, non avevo molte speranze. Lo avevo pregato di prendermi perché avevo davvero bisogno di lavorare. Lui per simpatia mi aveva fatto provare. Le prime due settimane sono state davvero orribili. Mi sono trovata catapultata in un mondo terrificante, in cui le modelle venivano trattate come pezzi di carne. Non era il mio posto. Casualmente però nella mia agenzia in quegli anni avevano aperto anche una sezione dedicata all’intrattenimento e alla televisione. Ho provato a partecipare ai casting e da lì è iniziata la mia carriera”.

Ci sono stati momenti in cui essere una donna ha rappresentato uno svantaggio? “Sempre – risponde Michelle -. Solo adesso, a quarant’anni, sento di essermi conquistata il rispetto e la parità con i miei colleghi. Hanno tentato di appiccicarmi addosso il ruolo di ragazza sexy, ma io volevo piacere alle famiglie. Hanno cercato di infilarmi in trasmissioni in cui mi facevano soprattutto apparire attraente, con abiti scollati e succinti, ma io sono riuscita a trovare una via di fuga: mi sono sempre salvata con gli scherzi, riuscivo a sdrammatizzare le situazioni imbarazzanti con una battuta o una risata. Per un po’ ho preso parte a programmi un po’ di nicchia come Nonsolomoda. Ho avuto la prima vera occasione per esprimere me stessa quando sono approdata a Zelig con Claudio Bisio, Gino e Michele e Giancarlo Bozzo: sono stati davvero i primi a credere in me, con Antonio Ricci”. Michelle è riuscita a conquistarsi il successo senza sacrificare la famiglia: “E’ stata dura – confessa – ma sono stata fortunata. Per molti anni, quando mia figlia Aurora era piccola, tutti i miei impegni professionali si sono concentrati a Milano, e questo mi ha permesso di trascorrere molto tempo con lei.Le mia giornate erano normalissime: la portavo a scuola, la andavo a prendere, cercavo di seguirla nei compiti, lavoravo la sera perciò per il resto della giornata cercavo di dare priorità a lei”. Nella vita familiare di Michelle anche nei momenti più intensi di lavoro ci sono sempre dei punti fermi: “Ho sempre dato molta importanza, per esempio, al alla colazione, in cui si uniscono il racconto della giornata precedente e i progetti per quella che ci si prepara a vivere. Può darsi che poi la sera ci si perda, che l’umore sia influenzato dagli impegni, per questo incominciare la giornata insieme, in un’atmosfera serena, aiuta a partire con il piede giusto e a restare vicini”.
E i ventenni di oggi? “Sono cresciuti in una società competitiva, aggressiva e violenta ma proprio per questo vanno alla ricerca dei valori più belli e veri della vita. Sono capaci di dedicarsi a più compiti contemporaneamente, grazie alla rete e ai social hanno opportunità impensabili in passato, possono inventarsi attività e creare imprese dal nulla. Ai ragazzi di oggi, a quelli del progetto Young’s vorrei dire di non perdere mai le speranze. L’inizio è difficile per tutti e lo è sempre stato, ma ritengo che chi ha voglia di fare possa sempre riuscire. Non bisogna mai mettere da parte i sogni, e neppure andare tutti all’estero, non credo sia quella la soluzione. E’ importante che i genitori si impegnino a valorizzare i talenti dei ragazzi anche se non contemplano lo studio. Non è detto che tutti debbano per forza laurearsi, bisogna saper ascoltare i propri figli e trovare insieme il campo in cui possono eccellere, senza forzarli. Ho visto tanti giovani cadere in depressione perché non riuscivano a soddisfare le aspettative dei genitori. Con una bella idea oggi si può andare lontano”. L’esperienza della Fondazione nasce da tutto ciò che Michelle Hunziker ha vissuto: “Violenza, stalking, mobbing, donne disperate che subivano persecuzioni senza essere tutelate, senza avere a disposizione strumenti adatti per difendersi. Dato che la vita è stata generosa con me ho cercato di tutelare altre persone in difficoltà”. Lo spunto è arrivato da un’esperienza personale: “In quegli anni ho subito una vera e propria persecuzione da parte di una persona che continuava a seguirmi, si introduceva nei camerini degli studi televisivi, minacciava la mia sicurezza e quella di mia figlia. A un certo punto ho deciso di reagire, mi sono rivolta all’avvocato Giulia Bongiorno, bravissima penalista. Lei mi ha ricevuto e mi ha aiutato a uscire da questa situazione ma soprattutto è stata subito d’accordo con me sulla necessità di agire per cercare di rimediare a questa situazione. Così è nata l’idea di dare vita a “Doppia difesa”, l’abbiamo creata insieme. Giulia si occupa dell’aspetto giuridico, io accendo i riflettori sul problema. E’ un’esperienza incredibile, mi dà moltissimo”. Al sito della Fondazione (www.doppiadifesa.it) arrivano ogni anno oltre duemila segnalazioni: “Le donne ci scrivono le loro storie, ci chiedono un consiglio legale. Giulia Bongiorno ed io abbiamo creato un team di professionisti competenti che risponde a tutte e se lo desiderano le aiutano a intraprendere un percorso sia giudiziario sia di supporto psicologico. Noi copriamo le spese di viaggio e offriamo sedute individuali o terapie di gruppo a seconda delle diverse situazioni. Ma è una piccola attività, cerchiamo soprattutto di creare sensibilizzazione intorno a un problema di cui non si parla mai abbastanza: molte donne mantengono il segreto perfino con familiari e amici, non denunciano i partner perché si sentono in colpa, perché temono le conseguenze”. Ora “Doppia difesa” ha avviato una nuova campagna, che si chiama “Codice Rosso”: “Chiediamo di offrire una corsia preferenziale alle denunce di violenza sulle donne – spiega Michelle Hunziker – Mira ad abbreviare i tempi del giudizio, perché non accada loro qualcosa di più grave, come la cronaca, purtroppo, racconta continuamente, o che addirittura muoiano in attesa di giudizio. I tempi dei tribunali attualmente sono troppo lunghi, e questo rende i provvedimenti poco efficaci”.