La vita invisibile delle parrocchie di Città Alta: la parola d’ordine è ospitalità

La vita delle comunità dell’unità pastorale di Città Alta, costituita da pochi mesi, è “invisibile”: il borgo antico di Bergamo, infatti, negli ultimi anni sembra sia diventato soprattutto di proprietà dei turisti. I residenti, però, si riconoscono tra loro e si conoscono tutti, se non di persona, almeno di vista; frequentando i locali giusti si sentono gli umori del quartiere, come in un piccolo paese.
Il cammino delle parrocchie incrocia necessariamente molte persone “di passaggio”: oltre ai turisti ci sono anche moltissimi studenti universitari e del liceo classico Sarpi. Una presenza che richiede uno sforzo d’accoglienza in più. Per questo tra i fili conduttori più importanti delle attività svolte c’è quello dell’ospitalità. “I residenti – spiega don Fabio Zucchelli, parroco e moderatore dell’unità pastorale – secondo i dati del Comune sono soltanto 5200, 2700 all’interno delle mura e 2500 sui colli”.

Come riunire anche nella vita religiosa di questo territorio le esigenze dei fedeli “abituali” e di quelli “di passaggio”? “Cerchiamo in primo luogo di curare con particolare attenzione la celebrazione delle Messe – sottolinea don Fabio -. Ci sono 25 celebrazioni tra sabato e domenica e sono molto frequentate, con una forte presenza di persone di passaggio. Ci preme che siano coinvolgenti e possano offrire un seme, uno stimolo, grazie alla partecipazione e lo stile della liturgia e della preghiera”. In ognuna delle parrocchie c’è un sacerdote: don Giovanni Gusmini a Sant’Andrea, don Lucio Carminati a Castagneta, don Romano Alessio a Santa Grata Inter Vites (Borgo Canale).

“Abbiamo formato di recente un’equipe pastorale – racconta don Fabio -, composta di 14 persone: una decina di laici, tre preti e una religiosa, in rappresentanza di tutte le parrocchie. Da alcuni anni esiste anche un consiglio pastorale interparrocchiale”. Uno dei primi compiti dell’équipe è stato la realizzazione di un volume che raccoglie gli elementi salienti della vita e le attività della neonata unità pastorale, distribuito poi alle famiglie. Città Alta è sede di diverse istituzioni e congregazioni religiose, ci sono fra l’altro la Curia, il Seminario vescovile e la Basilica di Santa Maria Maggiore (gestita dalla Fondazione Mia e guidata dal priore don Gilberto Sessantini). “Con tutte queste realtà – osserva don Fabio – ci sono certamente stretti legami di collaborazione”. Nell’unità pastorale ci sono ben quindici chiese, tutte funzionanti. Il Duomo è la sede di tutte le principali celebrazioni diocesane presiedute dal vescovo.

Negli ultimi cinquant’anni il volto di Città Alta è cambiato molto: “Ci sono ancora – dice don Fabio – 150 appartamenti dell’Aler affittati a condizioni agevolate, ma comunque, come altre città d’arte italiane, questa zona si sta spopolando, anche perché non offre molte comodità ai residenti. I prezzi sono alti e per i giovani e le famiglie di ceto medio è difficile acquistare appartamenti”.

In via Solata c’è la scuola dell’infanzia parrocchiale: “Sono iscritti 65 bambini – chiarisce il parroco -, per la maggior parte del quartiere. Svolge un’attività educativa preziosa, e la sua vitalità è un segno di speranza”.

Ci sono nell’unità pastorale due gruppi della Società San Vincenzo, che collaborano con cooperative e assistenti sociali, “Sono tanti gli anziani e i malati di Città Alta che abitano da soli: oltre la metà dei nuclei familiari è composta da una sola persona. La San Vincenzo offre loro vicinanza e piccoli aiuti economici”.

La vocazione all’ospitalità dell’unità pastorale di Città Alta si estende anche alla celebrazione dei sacramenti: “È possibile battezzare i bambini fuori parrocchia nel battistero, l’anno scorso ne sono arrivati quasi duecento, qualcuno dei quali perfino dall’America”. Ci sono inoltre due chiese dove tutti possono sposarsi: la cappella del Crocifisso in Duomo e la chiesa di San Michele al Pozzo Bianco. “L’anno scorso abbiamo celebrato una settantina di matrimoni”. Nell’unità pastorale si svolge infine anche un corso per fidanzati: “A condurlo – conclude don Fabio – sono tre coppie di sposi e partecipano 26-27 coppie di fidanzati tutti gli anni. È anche questo un segno d’apertura e prossimità ai giovani”.

Foto e video © di Gianvittorio Frau