Giulia Gabrieli: la bellezza della normalità

Sara e Antonio Gabriele, nella chiesa parrocchiale di Grumello del Monte

Venerdì della scorsa settimana, nella chiesa parrocchiale di Grumello del Monte, abbiamo avuto la grazia di incontrare Sara e Antonio Gabrieli, genitori di Giulia. Sono state due ore splendide. La Chiesa era gremita, soprattutto dei miei parrocchiani di Grumello e Telgate, per ascoltare la testimonianza dei genitori di questa adolescente, morta a 14 anni per un male incurabile, che ha saputo vivere la sua sofferenza alla luce della fede.

Giulia, morta a 14 anni

Conoscevo bene la figura di Giulia, ho letto diverse volte il suo diario, pubblicato qualche mese dopo la sua “partenza per il cielo”, come dicevano i suoi genitori: ascoltare loro mentre parlavano della loro figlia è stato un dono grande, che ci ha permesso di cogliere aspetti profondi della sua personalità, inscindibile dalla fede che l’ha caratterizzata. Il primo elemento che ho colto è stato proprio questo: la normalità della figura di Giulia. Sara e Antonio hanno ripetuto più volte ai ragazzi presenti, molti dei quali erano i cresimati di cinque giorni prima, che Giulia era una ragazza normale.

Questo è fondamentale per non pensare che la profondità della sua fede fosse una sorta di dono concesso solo a lei, una specie di “predestinazione” intesa come privilegio esclusivo per qualcuno. No, assolutamente. Giulia ha vissuto così la sua fede perché lo ha voluto e perché ha trovato nella sua famiglia e nel suo contesto ecclesiale le condizioni per viverla così! Mi sembra di poter dire che davvero Giulia ha fatto sua l’universale chiamata alla santità che il Concilio Vaticano II ha fortemente affermato e che papa Francesco, nella recente esortazione apostolica “Gaudete et exultate” ha ripreso e riespresso per i nostri giorni.

“Amore”, “è bellissimo”

Durante il video che i genitori di Giulia hanno proiettato e che mi ha profondamente commosso, ci sono stati un termine e una espressione che Giulia ha maggiormente utilizzato per parlare di sé e del percorso di fede nella sofferenza che stava affrontando: “amore” ed “è bellissimo”. La consapevolezza che Dio è amore, come afferma in modo splendido Giovanni nella sua prima lettera, era per Giulia una certezza e questo fondamento l’ha condotta ad affermare che se la volontà di Dio fosse stata (come poi effettivamente è avvenuto) quella di chiamarla a sé, sarebbe stato comunque un finale bellissimo. Da qui scaturiva la gioia che Giulia non ha mai perso, pur nell’inevitabile fatica di una malattia, quale il sarcoma, che segna profondamente il fisico e lo spirito di chi deve affrontarla. Dopo la testimonianza di Sara e Antonio, diverse persone sono intervenute per un commento o una domanda.

La testimonianza di una bambina di 10 anni

Un intervento su tutti mi ha colpito, quello di una bambina di Grumello di soli dieci anni, che ha pronunciato, senza paura, queste parole: “i miei genitori sono separati da cinque anni e io ho sofferto molto per questo. Mi sono arrabbiata tante volte con Dio perché non capivo perché succedesse questo nella mia famiglia. Ascoltando Giulia ho capito che Dio è davvero vicino a chi soffre. Grazie”.

Io non sarei riuscito a dire quello che questa bambina ha detto con tanta semplicità. Ho solo pensato, in quel momento, a quanto un’esperienza di sofferenza vissuto nella fede aiuti chi vive qualsiasi altra forma di dolore a esplicitare quello che porta dentro, a non tenere nel cuore un peso insopportabile, ma a consegnarsi a Dio e all’aiuto di una fraternità che può diventare strada verso la pace del cuore.

Che dire? Giulia, la “ragazza della gioia” ci ha fatto un dono. Grazie a lei e ai suoi splendidi genitori che condividono con noi questa storia che fa bene all’anima di tutti, perché ci parla di Dio.