La riforma delle Comunità ecclesiali territoriali, la Chiesa e il lavoro: una sfida per la responsabilità dei laici

Sabato 21 aprile presso il Cna di Gorle si è tenuto il Convegno diocesano sull’ambito lavoro; oltre agli interessanti lavori di gruppo proposti riguardanti quattro tematiche (la Chiesa, il lavoro e il mondo delle amministrazioni; la Chiesa, il lavoro e il mondo della cooperazione; la Chiesa il lavoro e i giovani e la Chiesa, il lavoro e il mondo delle imprese) sono state presentate le CET (comunità ecclesiali territoriali).

Questa proposta, che a mio parere contiene forti potenzialità di restituire aria sia al mondo del lavoro sia all’immagine della Chiesa è stata presentata nei suoi aspetti principali dal vescovo di Bergamo Francesco Beschi. Essendo le CET una novità, con i confini fortunatamente non del tutto delineati (dico fortunatamente perché i confini possono costituire, e spesso costituiscono una limitazione) è stato più facile descriverli chiarendo cosa non sono: innanzi tutto le CET non sono una struttura, ciò mi permette di ribadire quanto affermato prima sui confini, le CET non sono una struttura perché non sono figli di un criterio progettuale ma bensì di una logica processuale, ovvero quella logica che porta a un procedimento capace di costituirsi in  itinere in base alle necessità e di stare al passo con i cambiamenti repentini caratteristici del mondo del lavoro; seguendo questo ragionamento si arriva alla seconda caratteristica di queste Comunità ecclesiali territoriali; ossia la scelta di una dinamica relazionale piuttosto che organizzativa, quindi qualificante di questa proposta non sarà la struttura organizzativa (che pure sarà valida) ma bensì la capacità di tessere relazioni, dove per relazioni non si intendono solamente quelle personali (che mantengono comunque un’importanza primaria) ma si vuole sottolineare la centralità delle relazioni sociali che vogliono essere un elemento caratterizzante di questa proposta. La terza linea è rappresentata dal fatto che la nostra non è una logica produttiva, che è necessaria nell’ambiente di lavoro, ma è una logica generativa, d’altra parte le CET non saranno un’azienda, ma saranno, come dice il nome, un organismo ecclesiale, quindi il contributo che possono dare va soprattutto in questa direzione. Definite le logiche d’azione manca però un elemento fondamentale, i soggetti: quali sono i soggetti di questa proposta? I soggetti sono i laici, il mondo laicale; intesi come organismo individuale e anche come organismo comunitario,  i soggetti protagonisti di questa riforma sono tutti coloro che incarnano gli ideali e le caratteristiche di quelli che vengono definiti come  “mondi vitali” ovvero: i mondi relazionali tra i quali  la famiglia, il mondo del lavoro, dell’educazione, il mondo della comunicazione e  i mondi vitali che si incarnano nelle esperienza di cittadinanza, di impegno sociale, di appartenenza, di identificazione e nelle esperienze politiche. Insieme formano una comunità che si basa sul riconoscimento, ovvero sul conoscere e dare valore a tutti i soggetti componenti il territorio e sulla realtà, una realtà illuminata dalle idee, coerenti e applicabili, un mondo che si propone di affrontare un problema, che nello specifico del nostro territorio non consiste nella quantità ma la qualità del lavoro,  accompagnando l’individuo; riconoscendolo  e valorizzandolo; riportando il lavoro ad una logica generativa che come un seme generi vita arricchendola e moltiplicandola. I lavori di gruppo hanno avuto l’obiettivo di portare l’attenzione proprio su questo: la valorizzazione dell’individuo e del ruolo del laico dentro a quelle che sono le realtà che hanno a che fare con il lavoro e con la Chiesa. Il rapporto con il mondo della cooperazione, con il mondo dei giovani, con quelle delle imprese, e con quello delle amministrazioni.