Gabriela Jacomella a BergamoFestival: «Le Fake news erodono la fiducia nell’informazione»

Le fake news stanno erodendo il giornalismo e il mondo dell’informazione. Questa la tesi di Gabriela Jacomella, giornalista ospite ieri sera al Festival della Cultura di Bergamo e autrice del libro “Il falso e il vero: Fake news: che cosa sono, chi ci guadagna, come evitarle”. Interlocutore d’onore Lucio Cassia, presidente della società editrice Seesab, professore ordinario e preside vicario della Facoltà di Ingegneria di Bergamo.

Se da una parte c’è l’intenzione di testate di riferimento come l’Eco di Bergamo di essere più fruibili in caso di emergenze come durante il 22 marzo, quando ci fu l’esplosione di due reattori in cielo e per molto tempo il sito del giornale non fu accessibile per rispondere a un surplus di richieste di informazioni dovuta a un’impellente esigenza dei cittadini, dall’altra il giornalismo sta vivendo una crisi del modello basato sulla fiducia dei lettori e sulla responsabilità degli addetti ai lavori.
Non esistono solo le bufale, sono tanti i modi per rendere un’informazione avariata. L’anno 2016 è stato denominato “l’anno delle post-verità”, argomentazioni che vertono sull’emotività e i pregiudizi del lettore rendendoli più importanti dei fatti oggettivi affinché l’informazione sia creduta vera. Testate non registrate e media ufficiali a volte cadono invece nel far passare un’opinione di esperti come verità, senza citare fonti attendibili o validi studi scientifici. Altre volte si costruisce in maniera ingannevole la pagina contaminando un’informazione con delle connessioni sbagliate: un titolo acchiappa click e una fotografia fuorviante relativa ad un altro fatto possono manipolare la percezione e il giudizio del lettore. Il compito di un giornalista dovrebbe essere quello di attenersi ai fatti oggettivi al meglio delle proprie capacità, ma non è sempre così.
A fronte di questo fenomeno Jacomella ha creato “Factcheckers”, un’associazione no-profit impegnata ad educare alla verifica delle notizie auspicando lo sviluppo del ‘manager dell’informazione e della conoscenza’, una figura in grado di dirimere la questione dell’immondizia in rete decidendo chi deve occuparsi di cosa e con onestà intellettuale scegliere di delegare ad esperti più autorevoli la trattazione di argomenti non di competenza. Jacomella: «Con lo sviluppo di internet e dei nuovi social media abbiamo purtroppo assistito drammaticamente alla rottura della catena di fiducia verso le fonti di autorevolezza e all’erosione del giornale come caposaldo di democrazia». La fiducia è un patrimonio non monetizzabile alle basi della costruzione di una società ma questi mezzi, aumentando la quantità di fonti e notizie disponibili e la velocità con cui si possono diffondere, hanno generato disorientamento e superficialità nella lettura. In questa doccia di informazioni manipolate, opinioni e verità parziali si sono inserite le emozioni e i pregiudizi dei singoli individui: «Forse dovremmo concentrarci sui nostri punti di sensibilità, sui nostri fianchi scoperti e comprendere prima di tutto a quali fake news e bufale siamo portati a credere noi stessi prima di giudicare gli altri» riflette Jacomella «e forse la risposta per comprendere questo fenomeno ed uscire dall’impasse ce la potranno dare solo le neuroscienze».
Non si tratta di ottenere una laurea in tutte le discipline di cui ci si vuole informare per poter arrivare a comprendere il linguaggio tecnico degli esperti né di attuare censure o penali a chi crea e/o diffonde informazioni spazzatura o post-verità. Le leggi già esistono: sulla diffamazione, l’istigazione all’odio, il negazionismo e il delicato compito della polizia postale riguardo ai reati telematici.

Si tratta di farle rispettare e di promuovere un rinnovamento congiunto del giornalismo, rafforzandolo, e della società civile partendo dalla scuola attuando un’educazione al pensiero critico e all’ascolto dell’emotività. Troppo spesso l’emotività è vicariata da altre funzioni in ambito educativo, oggi più che mai invece potrebbero giocare un interessante ruolo nel proteggerci dalla malainformazione ed essere un’occasione per riformare l’approccio divulgativo della conoscenza, magari più ‘emozionato’ se come ci insegnano le neuroscienze la memoria trae aiuto dalle stesse emozioni. Occhio però a non semplificare troppo! Le post-verità sono dietro l’angolo…