Il mese di maggio e le origini del rosario: una preghiera che avvicina le persone

Nella vicenda bimillenaria della Chiesa troviamo i concetti teologici e le definizioni dogmatiche, ma prima ancora la «storia vissuta del popolo cristiano», come recita il titolo di un bellissimo libro di Jean Delumeau. Trattando del Santo Rosario, per esempio, a chi scrive viene subito in mente una parente acquisita – una signora novantenne, vedova, residente in Sicilia – che alternando l’italiano al dialetto catanese lo recita quotidianamente, in suffragio un po’ di tutti, inclusi i «morti del mare» e quelli di cui «nessuno ricorda il nome». L’inizio del mese di maggio, tradizionalmente dedicato alla Madonna, ci ha dato lo spunto per approfondire la storia e il significato di questa preghiera con l’aiuto del padre domenicano Davide Traina, priore e rettore del Santuario della Beata Vergine del Santo Rosario di Fontanellato, in provincia di Parma, meta di pellegrinaggio dal XVII secolo («Alle Messe, nei giorni festivi, prendono parte ogni volta tra i 400 e i 1000 fedeli», ci racconta il nostro interlocutore; per informazioni sugli orari di apertura e delle funzioni religiose, consultate il sito www.santuariofontanellato.com).

Padre Traina, lei è anche «promotore» del Santo Rosario. Ci potrebbe spiegare come è nata e si è sviluppata nel tempo questa forma di preghiera?    

«È una storia lunga e complessa. Gli esordi – nel medioevo – sono legati alla pratica della recitazione dei Salmi biblici, secondo un uso comune nei monasteri. I semplici laici, in un’epoca in cui ancora non era stata inventata la stampa a caratteri mobili, avevano difficoltà a memorizzare i testi di queste centocinquanta preghiere. Verso la metà del IX secolo, perciò, un monaco irlandese suggerì che in alternativa ai Salmi si sarebbe potuto recitare ripetutamente il Padre nostro: l’idea ebbe successo e si diffuse pure l’impiego di collane di sassolini forati e uniti con un filo, mediante i quali il fedele poteva tener conto del punto a cui era giunto nella sequenza. Poco tempo dopo, il Padre nostro venne tendenzialmente sostituito dall’Ave Maria. Una seconda fase storica si aprì nel XIII secolo, con i monaci cistercensi: furono loro i primi a parlare di un “rosario”, evocando l’immagine di una mistica corona di rose di cui far dono alla Madonna».

Come si spiega che voi frati predicatori, sin dalla fondazione del vostro ordine, abbiate «adottato» e promosso la pratica del Rosario?

«Secondo una pia tradizione, il nostro fondatore san Domenico nel 1214 avrebbe miracolosamente ricevuto dalla Madonna il rosario, come forma di preghiera utile a diffondere la verità del Vangelo e a combattere l’eresia. Sempre nel XIII secolo, andarono definendosi i “Misteri” del Rosario, ovvero una serie di episodi delle vite di Gesù e della Vergine su cui il fedele, mentre prega, è invitato a meditare. Nel Quattrocento, le modalità di questa preghiera vennero codificate in modo più preciso dal domenicano Alano de la Roche, che introdusse una distinzione tra i Misteri “gaudiosi”, “dolorosi” e “gloriosi”. Nel 1470, a Douai – nella Francia settentrionale -, egli fondò una “Confraternita del Salterio della Vergine”, la prima delle numerosissime “Confraternite del S. Rosario” istituite nel corso del tempo un po’ in tutto il mondo. Questo passaggio è particolarmente importante, poiché in tal modo la recitazione delle preghiere andava oltre l’ambito della devozione individuale e acquisiva una dimensione autenticamente ecclesiale. Ancora in un’epoca successiva, nel 1569, Papa Pio V definì l’esatta successione dei quindici Misteri del Rosario, partendo dall’annuncio dell’arcangelo Gabriele a Maria e terminando con l’incoronazione di lei in cielo».

Molto più recentemente, nel 2002, ai 15 Misteri tradizionali del Rosario ne sono stati aggiunti altri 5, detti «luminosi», dal battesimo di Gesù nel Giordano all’istituzione dell’Eucaristia.

«I cinque Misteri “della luce” sono stati introdotti da Giovanni Paolo II e vengono recitati facoltativamente il giovedì, in luogo dei Misteri gaudiosi o in aggiunta a essi: come spiegava Papa Wojtiła nella sua lettera apostolica Rosarium Virginis Mariae, lo scopo di questa integrazione era di “potenziare lo spessore cristologico del Rosario”, portandolo a comprendere anche “i misteri della vita pubblica di Cristo tra il Battesimo e la Passione”».

Vogliamo tornare sulle associazioni volte a promuovere la devozione del Santo Rosario? In età moderna, questi gruppi hanno conosciuto una straordinaria diffusione.

«È vero. Oltre alle confraternite più antiche – a cui già ho accennato -, ricorderei quella del padre Timoteo de’ Ricci, che nel 1630 diede vita all’associazione del “Rosario perpetuo”, detta anche dell'”ora di guardia”: i membri si impegnano, alternandosi, a coprire tutte le ore del giorno e della notte, nel corso dell’anno, con la recitazione di questa preghiera. Nel 1826, invece, la terziaria domenicana Pauline-Marie Jaricot avviò la confraternita del “Rosario vivente”: ognuno degli associati, in gruppi di 15, recita quotidianamente la decina relativa a un particolare Mistero. Come si spiega il successo di tutte queste forme devozionali? Nel corso dei secoli, numerosi Papi hanno giustamente sottolineato una prerogativa fondamentale della preghiera del Rosario, ovvero di avvicinare le persone, mediante un linguaggio popolare, alla parola di Dio e ai grandi eventi della storia della redenzione narrati nella Sacra Scrittura. La cosa non risultava scontata: in un tempo in cui le celebrazioni liturgiche non erano comprensibili da tutti – poiché avvenivano in latino -, le preghiere rivolte alla Madre di Dio assolvevano anche il compito di ravvivare e radicare la fede cristiana nella sensibilità popolare. Le porto un ulteriore esempio: nel 1521, a Venezia, fra Alberto di Castello pubblicò un Rosario de la gloriosa Vergine Maria in cui i Misteri erano rappresentati con xilografie, anche a uso degli illetterati. Non è casuale, insomma, che Leone XIII abbia dedicato ben dodici encicliche al tema del Santo Rosario. Nell’Otto e nel Novecento, del resto, vi è stata una serie di apparizioni mariane che ha contribuito alla diffusione di questa preghiera: a Fatima, tra l’altro, la Madonna apparve ai pastorelli Lúcia, Jacinta e Francisco tenendo in mano un rosario. Anche Papa Francesco, nell’Evangelii gaudium, ribadendo l’autentica “qualità teologale” della pietà popolare, va con il pensiero “alla fede salda di quelle madri ai piedi del letto del figlio malato che si afferrano a un rosario anche se non sanno imbastire le frasi del Credo”».