Quando muore una mamma

Due dolorose storie

Una settimana terribile. La scorsa settimana sono morte due mamme di alunni delle mie terze medie di Grumello. Qualche mese fa era mancato un papà; così, per una triste coincidenza, in tutte e tre le classi terze è mancato, in questi ultimi mesi, un genitore a un alunno.

Le due mamme che sono andate in Paradiso avevano 42 e 41 anni, ed entrambe, come il papà di un’altra alunna prima di loro, lottavano contro un tumore. La prima aveva scoperto il male qualche mese fa e a nulla erano valse le cure negli ospedali: la forma tumorale è stata aggressiva e spietata; ha lasciato il marito e, oltre alla figlia in terza media, un bambino in quinta elementare. La seconda era venuta per curarsi dall’Albania. Era qui con il secondo figlio che aveva studiato italiano in Albania ed è venuto per stare con la mamma ammalata: frequenta la terza media insieme alla cugina nella nostra scuola. Il marito e gli altri due figli di 17 e 9 anni (soprattutto al piccolo mancava molto la sua mamma) erano rimasti, per lavoro e scuola, in Albania. Ora hanno potuto solo venire a prendere la mamma per portarla a casa, dove verrà funerata e sepolta.

La preghiera come risposta

Sono storie che ho portato davanti a Dio nella preghiera in questi giorni, dicendo con franchezza a Dio tutta la mia fatica, la mia incomprensione, il mio dolore, unitamente alla richiesta di aiuto per diventare, per questa gente distrutta dal dolore, un segno della speranza nel Crocifisso Risorto che certamente ha già preso con sé le anime belle di queste mamme che hanno tanto amato.

Entrando per una preghiera da Silvia, la prima mamma, ho trovato i due figli seduti accanto alla bara chiusa di colei che li ha messi al mondo e che soffriva più per la consapevolezza di dover lasciare loro e il marito che per i dolori del male che velocemente la consumava e le rubava la vita.

La terapia della vicinanza

Nell’omelia del funerale ho parlato pochissimo, dicendo fondamentalmente due cose. La prima è stata un invito ai cari della defunta a non aver paura, in questi giorni e nel tempo a venire, di pronunciare il suo nome. “Quando avrete bisogno di qualcosa, in questi giorni e in futuro, non abbiate paura di chiamare la mamma, perché la mamma è sempre la mamma, anche in Paradiso. Non vi risponderà la sua voce né la sua presenza fisica, ma verrà da voi il suo amore, ora eterno in Dio, che vi sorregge e vi darà forza”.

Poi, passaggio per me essenziale, ho rivolto un invito alla mia comunità cristiana. È necessaria la cura da parte della comunità cristiana, cura che trae la sua origine dalla fede, in queste situazioni. È certamente importante affidare le persone colpite da lutti così gravi a Dio nella preghiera, ma è indispensabile che la fede si concretizzi anche in una vicinanza, in un essere a fianco di questa gente.

Questo perché, pensavo uscendo dalla preghiera a queste mamme, quando le loro famiglie, dopo questi giorni con tanta gente vicina, torneranno alla normalità della vita quotidiana, chiudendo la porta di casa la sera, dovranno fare i conti col vuoto straziante generato dall’assenza di chi non c’è più. La comunità cristiana è importante qui. Occorre esserci, dire una parola buona e fare una carezza, come diceva San Giovanni XXIII, passare per un saluto o per scambiare qualche parola, essere a disposizione per quello che serve. Questo è il Vangelo, la promessa di vita buona che Dio inscrive nell’esistenza di ciascuno e che mantiene la sua promessa, anche nei momenti in cui il dolore è forte e il cuore si fa pesante.