Papa Giovanni XXIII: «Il mondo è intossicato dal nazionalismo». L’aiuto agli ebrei perseguitati

L’ampliarsi delle esperienze internazionali, grazie al contatto con realtà politiche e religiose estremamente diversificate, vissuto senza alcun tipo di pregiudizio, anzi con interesse e simpatia crescenti, aveva arricchito l’esperienza umana di Roncalli avviandolo ad una visione sempre più  sovranazionale. Questa evoluzione era richiesta dalla sua funzione di rappresentante della Santa Sede e della Chiesa Cattolica, la Madre universale, la quale, come scriveva: «serve al nazionalismo di tutti i popoli, ma non ne fa alcuno per conto suo». Questa consapevolezza lo teneva lontano da quell’acceso nazionalismo che ha caratterizzato la cultura europea nel corso dei due conflitti mondiali, che ne sono stati la manifestazione tragica. Se durante il primo conflitto anche Roncalli aveva acconsentito all’amore patrio, riconoscendo all’intervento italiano alcune ragioni giustificative, non fa sconti nella definizione del secondo, considerato decisamente come un male: «La guerra è un pericolo enorme. Per un cristiano che crede in Gesù e nel suo Vangelo una iniquità e una contraddizione» (Giovanni XXIII, La mia vita in Oriente. Agende del Delegato Apostolico 1940-1944, 2, Bologna, 2008, p. 80). C’è una riflessione profonda che Roncalli fa nel novembre del 1940 sul Giornale dell’anima a partire dal “libera me de sanguinibus” [liberami Signore dalle azioni sanguinose] del Salmo 50, espressione che Roncalli identifica a nazionalismo. Egli guarda a Gesù «che morì per tutte le nazioni, senza distinzione di razza e di sangue, divenuto primo tra i fratelli della nuova famiglia umana».  Scrive: «Il sentimento dell’amor patrio … è legittimo e può essere santo: ma può degenerare in un nazionalismo, quanto mai pregiudichevole alla dignità del mio ministero episcopale. Questo deve ritenersi al di sopra delle contestazioni nazionalistiche. Il mondo è intossicato di nazionalismo malsano sulla base di razza e sangue, in contraddizione al Vangelo. Soprattutto su questo punto che è di bruciante attualità, libera me de sanguinibus Deus». Naturalmente avverte un vivo dolore per la tragica sorte dell’Italia sconfitta, costretta ad un umiliante armistizio e invasa dalla Germania dopo l’8 settembre 1943, ma non può rinunciare a mantenersi sopra le parti, affidando la sua patria alla misericordia divina. Anche la piccola comunità cattolico-latina di Costantinopoli fu agitata da contrasti insorti tra i suoi membri, appartenenti alle nazionalità europee in conflitto tra di loro.

In questo contesto drammatico si pongono i numerosi interventi di Roncalli a favore degli Ebrei perseguitati, a molti dei quali assicura la salvezza, garantendo il passaggio in Palestina attraverso un paese neutrale, quale la Turchia. Sono intere comunità che fuggono dai paesi alleati della Germania, la quale ha impartito loro l’ordine di avviarle verso i campi di sterminio. Roncalli si serve della propria influenza perchè le autorità di questi paesi permettano agli ebrei di raggiungere la Turchia. La documentazione al riguardo è molto ampia. Roncalli interviene presso il re di Bulgaria Boris, con il quale era rimasto in buoni rapporti, nonostante la questione del matrimonio ortodosso con la regina Giovanna di Savoia. Migliaia di Ebrei slovacchi sconfinati in Ungheria e in Bulgaria ottengono il permesso di portarsi in Turchia. Interviene pure in appoggio al metropolita di Bulgaria Stefan per impedire il trasferimento della comunità ebraica bulgara in Germania. Così nel febbraio del 1944, discute con il rabbino capo di Palestina, Isaac Herzog, della sorte dei 55.000 ebrei della Transnitria, regione della Romania, ed interviene presso la Santa Sede per la loro salvezza. Dal febbraio al dicembre del 1944 è impegnato in un susseguirsi di iniziative umanitarie che vanno dall’aiuto agli Ebrei romeni fino al soccorso prestato a tutte le vittime della persecuzione nazista. Accanto agli episodi più eclatanti, vi sono moltissimi casi di salvataggi di singoli e di piccoli gruppi, cui Roncalli fornisce certificati falsi di battesimo cattolico, per occultare la loro identità. In quest’opera coinvolge anche il rappresentante tedesco a Costantinopoli, il cattolico Von Papen. Gravemente coinvolto per aver favorito l’ascesa al potere di Hitler e imputato al tribunale di Norimberga come filo-nazista, Von Papen verrà graziato per la testimonianza di Roncalli circa la sua collaborazione per il salvataggio di circa 24.000 Ebrei.

Yehuda Bauer, storico tra i più autorevoli dell’Olocausto in Israrele, afferma di Roncalli: «Abbiamo testimonianze delle persone che lo conobbero, testimonianze di sopravissuti che sanno che lui intervenne in loro favore. In più l’arcivescovo Roncalli non chiedeva nulla in cambio, tantomeno una conversione». La conoscenza del problema di Israele ha così modo di radicarsi nel suo animo. Questi risalenti agli anni di guerra non sono stati però i primi contatti; altri ve ne erano stati precedentemente, tra cui uno significativo l’11 agosto 1938 sul treno diretto da Istanbul a Milano. Qui incontrò Pierre Levis, ebreo consigliere francese della legazione francese a Sofia, che gli raccontò in episodio di guerra riguardante lo zio rabbino. Roncalli rimase vivamente colpito e lo riportò nel suo Diario: «Cappellano militare dei suoi al fronte, presenta il crocifisso ad un soldato cattolico morente accanto al cappellano ucciso ed è colpito a sua volta e muore: che episodio commovente e simbolico insieme!» ( Giovanni XXIII, La mia vita in Oriente, Agende del Delegato Apostolico 1935-1939, 1, Bologna 2006, p. 546).