Papa Giovanni. Un ricordo del tutto personale

Papa Giovanni “torna a casa”. La figura del grande Papa, per noi bergamaschi, per noi che siamo un po’ su negli anni, ha il potere magnetico di  far scatenare i ricordi. E, con un personaggio così legato alla sua terra, molti di noi hanno molto da ricordare.

I provinciali del Nord piombati a Roma

Ho avuto la fortuna di incontrare Papa Giovanni durante gli ultimi mesi della sua vita. Ero allora giovane studente di teologia presso il seminario romano. La fortuna più grande non è stata però tanto l’aver fisicamente incontrato papa Roncalli, ma l’aver vissuto, sufficientemente adulto per capirne qualcosa, una stagione inimitabile nella storia della Chiesa, nella quale papa Giovanni è stato un protagonista.
Come tutti gli adolescenti che si rispettano tenevo, in quegli anni, un diario, nel quale scrivevo alcuni degli avvenimenti che mi capitavano e le mie talvolta un po’ pretenziose riflessioni. Il giorno 11 ottobre del 1962, quando era ancora a Bergamo, registravo l’inizio del Concilio. Dieci giorni dopo annotavo, con l’entusiasmo del provinciale calato a Roma, quello che vedevo dalla finestra della mia cameretta al seminario romano: “A sinistra, oltre il seminario con i suoi cortili e la sua mole uniforme e geometrica, san Giovanni in Laterano: ne vedo appena la parte sinistra, ne intuisco la forma, al di qua della facciata su cui si scorgono le statue ineguali e grandiose”. Ero arrivato a Roma in compagnia di Giuseppe Minelli, ora collaboratore parrocchiale a Sforzatica, e con d. Giuseppe Sala, già parroco del duomo. Avremmo studiato insieme per cinque anni laggiù, presso l’Università del Laterano, e saremmo poi stati ordinati insieme sacerdoti.
Il 4 novembre, dunque una quindicina di giorni dopo, scrivevo: “Ho visto il Papa! Oggi è l’anniversario della sua incoronazione e ci siamo recati in s. Pietro: me lo sono visto passare davanti a poco più di quattro o cinque metri, in sereno e raccolto atteggiamento, nella maestà della sedia gestatoria… Poi l’ho visto sempre da lontano nella grande luce solare di s. Pietro, circondato e osannato da duemila vescovi”. Era ancora in corso, in quei giorni, la prima sessione del Concilio. Nei mesi successivi capitò più volte, a me e agli altri seminaristi, di vederlo.

Un indimenticabile incontro

Particolarmente gratificante un incontro avvenuto durante il mese di febbraio, in occasione della cosiddetta “Festa della Fiducia”, la festa della Madonna venerata nel seminario romano. Papa Giovani vi aveva studiato e amava molto quella festa. Ogni anno veniva a far visita e si intratteneva con i seminaristi, soprattutto quelli di Bergamo. Anche quel giorno ci chiamò a parte, si informò sulle nostre provenienze, ci parlò dei parroci che aveva conosciuto, quando, giovane segretario del vescovo Radini-Tedeschi, percorreva in lungo e in largo la diocesi di Bergamo.
Il Papa, in quei mesi, era già malato. Nonostante la malattia, pubblicò, il 9 aprile, l’enciclica “Pacem in terris” che ebbe un’incredibile risonanza internazionale. Il Papa aveva chiuso la prima sessione del Concilio l’8 dicembre del 1962. Durante tutta la prima sessione i padri conciliari avevano respinto gli “schemi” di documenti preparati dalla curia romana e avevano reimpostato tutto. L’esempio di coraggio, di libertà, di creatività dei vescovi aveva stupito, nella Chiesa e fuori. Erano i giorni nei quali molti di noi aspettavano i giornali non per sapere che cosa aveva fatto il Milan, ma per sapere di che cosa avevano discusso i vescovi in Concilio. In quei giorni, dopo la prima sessione conciliare e dopo la “Pacem in terris”, si viveva un’epoca di straordinario ottimismo.

I giorni del “transito”

Il Papa, però, aveva ormai pochi mesi di vita. Sempre nel mio quadernetto, il giorno venerdì 31 maggio 1963 scrivo: “Ci hanno detto: ‘Il Papa sta malissimo; ha perso conoscenza; le sue condizioni s’aggravano di momento in momento’… Forse domani non avremo più con noi il buon Papa Giovanni”.
Il giorno dopo, sabato 1 giugno, alle ore 14: “Il Papa continua a star poco bene… Alle tre di stamattina ha ripreso conoscenza; poi verso le nove si è di nuovo riassopito. Ora le sue condizioni sono sempre stazionarie. ‘Ho potuto seguire passo passo la morte, ha detto, ora mi avvio dolcemente verso la fine’”.
Domenica 2: “Il Papa sta sempre male. Ieri, vedendo il vescovo, ha ricordato Bergamo, i Preti del Sacro Cuore e gli alunni del Cerasoli (Il “collegio Cerasoli” è un’istituzione che assiste economicamente i seminaristi bergamaschi al seminario romano).
Il Papa moriva il giorno dopo. Il mercoledì 5 scrivevo: “Il Papa è morto. Lunedì sera alle ore 7,59 (in realtà erano le 7.49 ndr). Avevamo appena finito la messa celebrata per lui, in piazza s. Pietro. Ieri sera abbiamo partecipato al trasporto della salma dal palazzo apostolico alla Basilica di s. Pietro. Oggi ho letto alcuni suoi pensieri spirituali su “L’Osservatore”. Sono di una intensità e di una intimità veramente mirabili”.

È strano ma i molti anni passati non hanno cancellato quei ricordi. Ma, a pensarci bene, non è affatto strano. In quegli eventi si trovano insieme la giovinezza degli osservatori con la giovinezza della Chiesa. E i tempi felici della giovinezza non si dimenticano mai.