I nostri amori e l’Amore che viene dall’alto. La festa della Trinità

La Trinità di Masaccio, Basilica di Santa Maria Novella, Firenze

In quel tempo, gli undici discepoli andarono in Galilea, sul monte che Gesù aveva loro indicato.
Quando lo videro, si prostrarono. Essi però dubitarono.
Gesù si avvicinò e disse loro: “A me è stato dato ogni potere in cielo e sulla terra. Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato. Ed ecco, io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo” (Vangelo di Matteo 28, 16-20).

“È un mistero”, si dice, quando non ci si capisce nulla. Lo si dice di tante cose nostre che, in realtà, spesso mistero non sono. Lo si dice molte volte degli eventi della storia della salvezza, di Dio e di Gesù. Lo si dice in maniera speciale, del mistero della Trinità. Dio, il Dio cristiano è uno solo o sono tre?”. È uno e tre. Ma come è possibile?. “È un mistero”, appunto. Che è un altro modo per dire che non ci si capisce nulla. Ma è un po’ poco liquidare così il mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito Santo.

Come si elabora il mistero di Dio Padre, Figlio e Spirito

Il mistero della Trinità non nasce come una verità astratta, buttata in faccia agli uomini, come qualcosa da prendere o lasciare. Nasce, invece, dalla concreta esperienza di Gesù. Questi, infatti, si rivolge a Dio chiamandolo con il nome familiare, dolce, di “Abbà”, papà. Poi, soprattutto negli ultimi momenti della sua vita – vedi soprattutto il vangelo di Giovanni –, Gesù parla del “Paraclito”, dell’”avvocato”, del difensore, di colui che sta accanto, lo Spirito che Gesù invierà ai suoi amici e che continuerà a rivelare loro la verità di Gesù stesso, del mistero che lo abita, del suo intimo, dolcissimo rapporto con il Padre. Ma i tre di cui è intessuta l’esperienza di Gesù sono un solo Dio, l’unico Dio che la fede ebraica conosce molto bene e nella quale Gesù ha vissuto.
È il mistero grande che viene annunciato nel Vangelo di oggi.

Gli apostoli adorano e dubitano

È la finale del vangelo di Matteo. Gesù conduce i suoi sul monte. Il monte: luogo dell’incontro con Dio, come per Mosè, sul monte Sinai o come i discepoli sul monte Tabor. Come Mosè di fronte a Dio, così i discepoli di fronte a Gesù assumono spontaneamente l’atteggiamento dell’adorazione, riservato a Dio: si prostrano. Di fronte alla stupefacente grandezza del risorto, i discepoli dubitano. Gesù però si avvicina loro e fa due grandi affermazioni: Mi è stato dato ogni potere… sono con voi. Tra l’uno è l’altro c’è l’invio in missione. Come a dire che il potere del Risorto è diventato vicinanza perché gli uomini godano, grazie all’annuncio apostolico, della stessa vicinanza con Dio. Dunque i discepoli devono “andare”, partendo dal Risorto e fiduciosi nella sua assistenza, devono rendere contagiosa la salvezza, comunicando agli altri la gioia di essere salvati. A tutti gli altri e non solo alle pecore perdute della casa di Israele. Le “nazioni” sono, infatti, i pagani, i non-ebrei.
Tutto questo deve avvenire nel nome delle tre Persone che appaiono qui come la sintesi di tutto. Tutta la storia della salvezza parte da loro e avviene grazie a loro.
Mentre i discepoli annunceranno e celebreranno la bella notizia, Gesù, resterà il rivelatore dell’Emanuele, il “Dio con noi”. E starà sempre con i suoi.

La misteriosa unità dei tre. I nostri amori e l’Amore

“La Trinità quale noi la intendiamo è come le tre dimensioni inseparabili dello Spazio che è uno: l’altezza, lalunghezza e la larghezza non formano tre spazi differenti” (Shafique Keshavjee).
Ma l’immagine più bella della trinità siamo noi. La Trinità, infatti, potrebbe essere vista come la forma riuscita di amore. Ognuno è perfettamente se stesso mentre ama totalmente l’altro. Il Padre fa il padre amando totalmente il Figlio e il Figlio fa il figlio amando perfettamente il Padre. E il loro amore è il Paraclito. Qualcosa di simile avviene per noi. Ci si perde nella persona che si ama. Ma in quel perderci ritroviamo la nostra identità. Nelle forme riuscite dei nostri amori umani,  è già “scritta” la profondità del mistero trinitario.