Harry Potter: vent’anni fa usciva in Italia il primo libro della saga

Giorni fa, sulle colonne del quotidiano “Avvenire” è uscito un bell’articolo a firma di Roberto Mussapi – “Harry Potter. La magia e la poesia”, 14 giugno – dedicato alla creatura letteraria di Joanne Kathleen (J.K.) Rowling, Harry Potter, in occasione dei vent’anni dalla prima edizione del libro sul maghetto inglese uscito in Italia nella primavera del 1998 con l’editore Salani (la prima edizione britannica risale al giugno 1997 pubblicata da Bloomsbury).
Oggi Harry Potter non è solamente una saga composta da sette libri tradotti in 77 lingue, per un totale di oltre 500milioni di copie vendute nel mondo, bensì è uno straordinario caso cinematografico con 8 film (l’ultimo libro, “Harry Potter e i doni della morte” è staro diviso in due parti sul grande schermo), un ciclo di videogame, audiolibri, di diversi parchi a tema, senza contare il sito Pottermore.com, lo spettacolo teatrale “Harry Potter and the Cursed Child” tra West End e Broadway, e le molte mostre itineranti, tra cui “Harry Potter: The Exhibition” disponibile per tutta l’estate a Milano.
Il fenomeno Harry Potter si è attestato a livello globale con oltre 26miliardi di dollari di ricavi, sommando tutte le linee di produzione: dagli 8miliardi al box office ai quasi 8miliardi ottenuti dalla vendita dei libri e gli oltre 7miliardi di merchandising. Harry Potter, però, prima di essere un fenomeno mediale è soprattutto un fenomeno culturale intergenerazionale a cavallo del nuovo millennio. Il Sir offre uno sguardo sul fenomeno, tra letteratura e cinema, grazie anche alla Commissione nazionale valutazione film della Cei.

Harry Potter, un grande romanzo alla Dickens. È complesso sintetizzare in poche righe il guadagno culturale portato da Harry Potter. Il mondo tratteggiato con genialità e accuratezza dalla Rowling rappresenta per preadolescenti, adolescenti e adulti un grande romanzo di formazione, muovendosi tra libri e film. Al di là infatti della cornice fantastica, aspetto caratterizzante e ineludibile dell’opera, si rintracciano le coordinate di un romanzo alla Charles Dickens, il cammino di crescita e affrancamento di un ragazzo.
Dagli 11 ai 17 anni Harry sperimenta la mancanza dei genitori, orfano dalla primissima infanzia, cresciuto in un ambiente familiare spinoso e alquanto ostile con la zia materna, ma anche le prime gioie con l’arrivo dell’amicizia, la tenerezza dei primi amori, sino alle tragedie che fanno crescere inesorabilmente, rapidamente. Harry conosce dunque le gioie che fanno scoppiare il cuore, gli affetti più autentici, e insieme i graffi dell’esistenza, il dover lasciar andare i propri cari portati via alla morte, contro la quale può nulla neanche la magia.

È soprattutto la lotta tra bene e male il filo rosso dell’opera, il tormento che pungola Harry nel suo percorso verso l’età adulta: capire da quale parte stare, saper scegliere tra onestà e furbizia, tra condivisione e opportunismo, solidarietà e discriminazione.

Un percorso non facile lungo il quale Harry, emblema del ragazzo qualunque, cade, inciampa, tentato spesso dalla soluzione più rapida, dalla scorciatoia che conduce verso il basso, alla corruzione di sé. Alla fine, però, sceglie il bene, con coraggio, affanno e fierezza. Non è un supereroe o un eroe, Harry è semplicemente un piccolo uomo che sperimenta la vita in tutta la sua bellezza e complessità.
Ancora, tanto nelle pagine dei libri quanto nei film, tra le pieghe della storia occupano un ruolo primario i legami, l’amicizia in testa. Harry riesce a compiere grandi cose, a tenere testa al male e a districarsi nelle traversie perché non è solo, perché sa condividere con l’altro da sé. Accanto a Harry infatti ci sono gli amici Ron ed Hermione, presenti dai primissimi giorni di scuola sino alla vita fuori, una volta adulti. Tramite Ron ed Hermione, Harry conosce meglio se stesso e acquista forza, maturità, ma impara anche il senso della tenerezza e della prossimità, in generale i valori belli dell’appartenenza a una comunità, che completa e non esclude.
Altro grande pregio del racconto è il mondo della scuola, palestra di vita. A Hogwarts troviamo un campionario di docenti diversi tra loro, come del resto lo sono nella quotidianità, tutte figure autorevoli e ferme nella disciplina, ma anche gentili e presenti nel bisogno. Harry si sente finalmente a casa tra quei corridoi, respirando l’aria di quella famiglia di cui è stato privato. Una scuola dove fa ingresso bambino in maniera esitante, alternando slanci di timidezza a sventatezze, e da cui esce a 17 anni ormai sicuro e risolto, pronto ad affacciarsi alla vita.
C’è da dire che a livello cinematografico gli squarci di racconto della scuola, il cameratismo nei dormitori, le lezioni oppure i pasti seduti ai tavoloni in legno nel grande refettorio, sono in assoluto le parti più belle, ricche di atmosfera, di coinvolgimento, che innescano un transfer familiare nello spettatore.

Un racconto che ha unito le generazioni. Harry Potter costituisce un caso editoriale e cinematografico raro, rarissimo. Nato come opera per ragazzi, si è imposto tanto come lettura quanto come film per ogni fascia di età. Il guadagno più grande lo ha portato alle generazioni under 18, avvicinando alla lettura milioni di bambini e adolescenti in tutto il mondo e spingendo in positivo le vendite di libri.
L’autrice J.K. Rowling ha saputo dosare contenuti e complessità della scrittura lungo i sette titoli che compongono la saga,
dal primo libro “Harry Potter e la pietra filosofale” all’ultimo “Harry Potter e i doni della morte”. Sette libri, otto film, abbinati ai sette anni del percorso scolastico del protagonista nella scuola di stregoneria e magia di Hogwarts, con altrettanti livelli di complessità crescente.
Nei primi due si sperimentano atmosfere fantastiche e sognanti, persino mielose, con la scoperta della magia, il mondo dei maghi parallelo a quello dei “babbani” (i normali, noi umani senza poteri); le possibilità che la magia offre nonché le riflessione legate al suo utilizzo. Lì c’è ancora il gioco, accompagnato da una narrazione lineare e fluida. Bravissimo alla regia dei primi due film Chris Columbus nel 2001-2002, portando la sua esperienza come regista di film per ragazzi, da “Mamma, ho perso l’aereo” (1990) a “Mrs. Doubtfire” (1993).
Dal terzo episodio in poi tutto cambia, perché viene svelato un po’ più del passato di Harry, la drammaticità dell’omicidio dei genitori in un quadro più articolato nella lotta tra bene e male, personificato da Voldemort (“Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato”, “Tu-Sai-Chi”) e i suoi seguaci Mangiamorte, dall’aspetto e comportamento con richiami nazi-fascista.
Infine, negli ultimi episodi (“Harry Potter e il principe mezzosangue” e “Harry Potter e i Doni della Morte”, al cinema diretti da David Yates), la scrittura tra libro e film si fa più articolata, matura e persino carica di simbolismo. Gli echi e i colori sgargianti della favola diventano lontani, perché tutto vira verso il buio, tra toni foschi e oscuri. Harry si fa grande e le sue scelte sono ormai stringenti, determinanti, in una narrazione incalzante più vicina al thriller, con risvolti tenui dell’horror e profonde sfumature psicologiche nei personaggi. Cresce Harry e con lui il suo pubblico, bisognoso di una narrazione più serrata, visivamente accattivante e immersiva, come del resto si fa l’esperienza videoludica negli stessi anni.

La spinta al (ri)lancio del fantasy d’autore. L’uscita di Harry Potter sul grande schermo ha interessato tutto il primo decennio del nuovo millennio, dal 2001 al 2011. Gli otto film della serie hanno mantenuto l’interesse nel pubblico mondiale, migliorando ogni volta la performance al box office, senza flessioni o esitazioni: l’ultimo film ha infatti incassato 1.341.511.219 di dollari, posizionandosi al decimo posto della classifica degli incassi mondiali di tutti i tempi.
A livello di genere, Harry Potter ha dato una decisa spinta al fantasy insieme all’altro fenomeno contemporaneo “Il Signore degli Anelli” (2001-2003) di Peter Jackson tratto dall’opera letteraria di J.R. Tolkien. La scommessa vincente su Harry Potter ha indotto Hollywood a esplorare altre saghe letterarie di formazione come “Hunger Games”, “Twilight” o “Divergent”, senza citare l’attenzione al mondo dei fumetti.
Secondo il presidente della Commissione nazionale valutazione film della Cei, Massimo Giraldi, “cinematograficamente parlando è stato un successo produttivo e narrativo insieme. Con Harry Potter la magia, l’incanto, sono tornati protagonisti al cinema tra vecchio e nuovo millennio, con una messa in scena ed effetti speciali formidabili. Il film ha avuto il merito di abbracciare pubblici differenti, rivelandosi un prodotto godibile per tutta la famiglia (anche se gli ultimi titoli sono poco indicati ai più piccoli). Possiamo dire che assieme a ‘Il Signore degli Anelli’ ha aperto le porte al nuovo corso del cinema spettacolare, ricco di action, effetti visivi e sorretto da una indubbia forza narrativa. Che non diventi ora preda di una serializzazione televisiva? La saga di Tolkien è già in produzione”.