Il carpentiere è il Figlio di Dio. Lo scandalo della vicinanza

In quel tempo, Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono. Giunto il sabato, si mise a insegnare nella sinagoga. E molti, ascoltando, rimanevano stupiti e dicevano: “Da dove gli vengono queste cose? E che sapienza è quella che gli è stata data? E i prodigi come quelli compiuti dalle sue mani? Non è costui il falegname, il figlio di Maria, il fratello di Giacomo, di Ioses, di Giuda e di Simone? E le sue sorelle, non stanno qui da noi?”. Ed era per loro motivo di scandalo (vedi Vangelo di Marco 6, 1-6)

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Gli amici, i vicini, i parenti si scandalizzano di Gesù. Proprio nel suo paese Gesù è incompreso e rifiutato: il rifiuto di Nazaret anticipa simbolicamente il rifiuto finale della croce. Secondo il vangelo di Marco Gesù, dopo il rifiuto dei nazaretani, non insegna più nelle sinagoghe, ma all’aperto.

L’inattesa sapienza del figlio del carpentiere

Lo scandalo nasce proprio dalla vicinanza: Gesù, per i suoi compaesani, è figlio di un artigiano (il termine greco può indicare falegname, fabbro, muratore) e non ha messo in mostra, fino ad allora, particolari segni rivelatori e quindi non si spiegano l’origine della sua “sapienza” e di “queste cose”, dei gesti straordinari che accompagnano la parola. Gesù deve prendere atto di quella incredulità: nessun profeta è bene accolto in patria. I suoi non accolgono lui, quindi restano tagliati fuori dalla sua parola e dai suoi gesti liberatori. Il Dio debole e misericordioso non è il Dio atteso dai nazaretani. Per loro, l’artigiano di casa non può essere il rivelatore dell’Onnipotente.

La condiscendenza di un Dio debole

La fede forte perché annuncia un Dio forte sta tornando “di moda” tra i cristiani di oggi. La fede o trionfa o non è, secondo questa visione. Ma la fede, oggi, non trionfa. E soprattutto, se trionfasse, offrirebbe l’idea di un Dio che non può abbassarsi a fare il carpentiere. E invece si è abbassato e ha fatto il carpentiere. La sua potenza sta in quella strana, inattesa condiscendenza: Dio si fa davvero uno di noi. Una strana, paradossale forza della debolezza, grandezza della piccolezza. Di fronte a quella strana “potenza” noi, spesso non crediamo e rifiutiamo un Dio siffatto. E allora succede una cosa stranissima: “Come la sua potenza è la nostra salvezza, così la nostra incredulità e la sua impotenza” (J. Gnilka).