Una donna vince il Premio Strega, dopo quindici anni. Dacia Maraini: “Solo un ravvedimento”

INTERVISTA A DACIA MARAINI

 

“Ho scelto di raccontare la vita di Gerda, perché è il simbolo di una donna libera e indipendente, che ha creduto nelle sue convinzioni” ha affermato Helena Janeczek, che con il volume “La ragazza con la Leica” (Guanda) si è aggiudicata la LXXII edizione del Premio Strega.

Janeczek, scrittrice tedesca naturalizzata italiana di origini familiari ebreo-polacche nata in Germania nel 1964 in Italia dal 1983, con 196 voti ha trionfato con la biografia di Gerda Taro, fotografa tedesca compagna del più noto fotoreporter ungherese Robert Capa, morta in Spagna a soli ventisette anni il 26 luglio 1937 nella guerra civile spagnola.

La storia di Gerda Taro ha convinto gli Amici della Domenica (giuria storica del Premio Strega, costituita da personalità del mondo culturale) riunita la sera dello scorso 5 luglio presso il Ninfeo di Villa Giulia a Roma. Secondo con 144 voti Marco Balzano con “Resto qui” (Einaudi). Sandra Petrignani terza ha ottenuto 101 preferenze con “La corsara” (Neri Pozza), di seguito Carlo D’Amicis con “Il gioco” (Mondadori) 57 voti e Lia Levi con “Questa sera è già domani” (e/o) 55.

Se la grande novità di quest’anno è stata che nel duello dei maggiori gruppi editoriali questa volta l’ha spuntata Guanda, appartenente al Gruppo Gems, grande risonanza ha che dal 2003, con “Vita” di Melania M. Mazzucco, una scrittrice donna non si aggiudicava il prestigioso riconoscimento letterario italiano istituito nel 1947 da Maria Bellonci.

Ne parliamo con Dacia Maraini, romanziera, poetessa, saggista, giornalista, drammaturga e sceneggiatrice, una delle scrittrici italiane più celebri e tradotte al mondo, vincitrice del Premio Strega nel 1999 con la raccolta di racconti “Buio” e che quest’anno ha presentato il romanzo di Lia Levi.

 

“Sono contenta, spero che dopo di me ce ne siano molte altre” ha dichiarato Janeczek dopo la vittoria. 2003 – 2018: non c’era mai stato un intervallo così lungo senza una vincitrice al Premio Strega. Che cosa ne pensa?

«Penso che abbia ragione Helena Janeczek. Come interpretare il fatto che per tanti anni non ci sia stata una vincitrice donna? Solo un caso? Veramente possiamo dire che i libri scritti da uomini in questi anni sono stati migliori? Eppure so come anche molti sanno che sono usciti tanti libri belli scritti da donne. Secondo me questa inconsapevole discriminazione va interpretata come un’abitudine alla discriminazione che si porta dietro la cultura in cui viviamo. I libri delle donne sono sul mercato, ma quando si entra nel campo delle istituzioni letterarie, quando si tratta di stabilire il prestigio di un autore, quando si vuole proporre un esempio alle prossime generazioni, si sceglie, senza neanche pensarci, un nome maschile».

 

In 71 edizioni il Premio Strega ha visto vincere solo 10 autrici contro 61 autori. Quale spazio hanno le donne in uno dei luoghi chiave di costruzione e riconoscimento del potere letterario?

«Come ho detto prima, le autrici non hanno difficoltà a pubblicare i loro libri, anche perché i lettori sono in maggioranza donne; ma quando si stabiliscono i modelli per le prossime generazioni, le donne tendono ascomparire».

 

Quest’anno le scrittrici entrate nella cinquina finale sono state tre. È un segno del cambiamento oppure non ci si deve stupire?

«Spero che sia un segno di cambiamento. Ho paura che si tratti invece solo di ravvedimento: mettiamo una donna per non fare cattiva figura, per poi tornare ai nomi maschili».

 

Il Premio Strega 2018 premia la storia di una donna straordinaria, efficace modello femminile. Ce ne vuole parlare?

«Gerda Taro era un non conformista, una donna ribelle e libera che ha pagato con la vita il suo coraggio. Siccome, come tante donne di talento, era caduta nel dimenticatoio, Helena ha fatto benissimo a dedicarle una memoria così intensa e appassionata».

 

Ha presentato “Questa sera è già domani”. In questo particolare momento storico le vicende realmente accadute nel libro di Lia Levi che cosa possono insegnare alle giovani generazioni?

«Il fatto che il libro di Lia Levi abbia avuto il Premio Strega Giovani 2018 è un buon segno. Vuol dire che la memoria non è persa del tutto per i giovani, vuol dire che c’è voglia di ricordare e capire. Lo stupore di un ebreo nato in Italia, che si considera totalmente italiano, nel sentirsi improvvisamente uno straniero in patria, nel trovarsi discriminato e allontanato dagli studi, è una cosa che stupisce i giovani. Sembra incredibile, eppure è accaduto con le leggi razziali e ha fatto benissimo Lia Levi a rammentarcelo».