Open Arms denuncia: una donna e un bambino lasciati morire in mare dalla guardia costiera libica

“La guardia costiera libica ha annunciato di aver intercettato una barca con 158 persone a bordo alla quale ha fornito assistenza medica e umanitaria. Quello che non ha detto è che hanno lasciato due donne e un bambino a bordo ed hanno affondato la nave perché non volevano andare sulla pattuglia libica“. Lo scrive Oscar Camps, fondatore della Ong Proactiva Open Arms.

Camps aggiunge: “Quando siamo arrivati, abbiamo trovato una delle donne ancora in vita, non abbiamo potuto fare nulla per recuperare l’altra donna e il bambino che a quanto pare è morto poche ore prima. Quanto tempo avremo a che fare con gli assassini arruolati dal governo italiano per uccidere?”

Ieri, intanto, i corpi di otto persone migranti – tra cui sei minori, un giovane e una donna – sono stati ritrovati all’interno di un camion abbandonato nei pressi di Zwara, città costiera della Libia nord occidentale. All’interno del veicolo erano stipate oltre un centinaio di persone.

A ritrovare i migranti sono stati gli agenti della polizia locale, che ieri hanno pubblicato le informazioni relative al caso sulla propria pagina Facebook. Gli agenti sostengono che le otto morti siano sopraggiunte per soffocamento, dal momento che non c’erano prese d’aria nell’abitacolo.

Gli altri 90 passeggeri sono stati subito trasportati in ospedale, molti dei quali in condizioni critiche. Le foto diffuse dagli agenti mostrano anche un bambina tra i pazienti, attaccata ad una maschera per l’ossigeno.

La città di Zwara, posta sul mare e prossima al confine con la Tunisia, è uno dei principali punti di transito dei migranti che cercano di raggiungere l’Europa attraverso il Mediterraneo. Il gruppo ritrovato ieri era composto da persone dell’Africa subsahariana, ma anche di arabi, bengalesi e pakistani.

I trafficanti avrebbero abbandonato il furgone senza permettere alle persone all’interno di fuggire, e al momento risulterebbero ricercati dalla polizia.

I video di Open Arms e altri approfondimenti sul sito www.dire.it.